Degustazione rossi campani: Piedirosso “la Bella” e Taurasi “la Bestia”3 min read

Campania Stories quest’anno ha proposto moltissimi vini in degustazione per cui è stato obbligatorio fare una scelta. Per quanto riguarda i rossi abbiamo fatto una selezione che potremmo definire favolistica.

I due vini/vitigni scelti, Piedirosso (soprattutto dei Campi Flegrei) e Taurasi  potrebbero infatti incarnare i due principali personaggi de “La Bella e la Bestia”, con “la Bella” Piedirosso, dai grandi profumi, armonica, elegante, piacevolissima e “La Bestia” Taurasi scontroso, ruvido, potentissimo ma chiuso spesso in se stesso.

Partiamo da La Bella che in molte parti della Campania ma in particolare nei Campi Flegrei si sta imponendo all’attenzione dell’universo mondo e non solo per una serie di vini che ti seducono per vari motivi. Da una parte con profumi di frutta matura, pepe, spezie e fiori, per conquistarti definitivamente con corpi equilibrati, tannini sottili ma non eterei, corpo per niente arrendevole. Dall’altra per una serie di produttori che hanno messo la vigna al centro del loro universo, recuperando terreni, producendo con rispetto e cognizione di causa. Al territorio dei Campi Flegrei dedicheremo uno speciale: lo abbiamo promesso ai produttori e appena potremo muoverci lo faremo sicuramente.

I vini degustati non solo ci sono solo piaciuti ma ci hanno, come detto sopra, conquistato. Attenzione, non sono per niente vini semplici, incarnano invece un’ideale che si rispecchia non solo nella napoletanità ma anche nella cucina partenopea. Un Piedirosso è infatti perfetto non solo sulla pizza (provare per credere) ma su qualsiasi tipo di preparazione a base di verdure, su un’infinita gamma di primi e, se vogliamo (anche se la cucina napoletana non contempla molte ricette) sul pesce.

Piedirosso

Il bello dei Piedirosso è che i produttori hanno capito l’anima del vitigno, che punta subito alla piacevolezza per raggiungere, col tempo, la complessità. Per aiutarlo in questa strada  non si sono affidati al legno ma a tanto lavoro in vigna e ad un equilibrato e sapiente lavoro di cantina. I risultati sono sotto il naso di tutti con vini che ogni anno che passa assumono peso e spessore senza perdere la naturale leggiadria.

La Bestia Taurasi è invece quasi all’opposto: del resto da bucoliche campagne che degradano verso un mare meraviglioso si passa a ispidi e duri contrafforti montani, a terre dove la piacevole brezza marina è solo un ricordo, a colline che confinano con Terre di lavoro e non certo di  piacere.

Il Taurasi è forse l’esempio massimo dell’austera ruvidezza, specie se preso nei primi anni di vita. Da non campani il nostro rapporto con questo vino è sempre stato di amore e odio: amore per un vitigno dalle grandi (e spesso inespresse) potenzialità e per una zona di produzione di una bellezza assoluta, odio proprio per la ripetuta e per noi difficilmente comprensibile “non espressione”.

Che l’aglianico sia un vitigno difficile, che spesso unisce acidità a tannicità importante, che (specie in Irpinia) ha bisogno di condizioni ottimali per aprirsi e rendere al meglio, non ci sono dubbi. Proprio per questo, secondo noi, andrebbe usata un po’ più la carota e un po’ meno il bastone, cercando cioè di renderlo più rotondo e non sommandogli tannicità da legno che lo  trasformano spesso in un riccio maldisposto ad  aprirsi se non dopo tempi biblici.

Senza dubbio è un vitigno da grande invecchiamento, ma stiamo attenti a intenderci sul termine “grande”, perché oggi il mercato e il consumatore difficilmente possono aspettare da 8 a 10 anni (spesso come minimo) per poter avere delle soddisfazioni da un Taurasi. Anche gli assaggi di quest’anno, tra eccessi di gioventù e voglia di stupire ci hanno confermato che alla fine quello che nel Taurasi paga è l’esperienza e la voglia di equilibrio.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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