Degustazione PiùFreisa: e se questa Torre di Babele enoica funzionasse?3 min read

“Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile.” (Genesi 11, 6)

Scusate se scomodo testi biblici ma di fronte alla degustazione delle Freisa del Gruppo PiùFreisa, dove si trovano vini che parlano un’unica lingua enoica, ma suddivisa su tre province piemontesi e ben sette denominazioni diverse il richiamo alla Torre di Babele è stato troppo forte per resistervi.

Il brano della Genesi riportato sopra è però quello precedente alla storia che tutti conosciamo, quella in cui Dio crea migliaia di linguaggi dall’unico che tutti gli uomini parlavano e poi disperde il genere umano sulla terra.

Si parva licet (ultima citazione, giuro!) il gruppo di produttori (naturalmente producono anche altri vini) che si sono uniti per cercare di riportare in alto la Freisa, sono all’inizio di un’opera non certo facile ma che potrebbe riuscire.

Come abbiamo scritto qualche mese fa del gruppo fanno parte produttori di varia estrazione: da famosi langaroli a piccoli emergenti di zone poco conosciute, passando attraverso cantine più o meno grandi del vasto Monferrato.

Comunque producono Freisa in ben otto denominazioni diverse, una vera Babele di DOC e tipologie, ma dimostra almeno che la Freisa è un vitigno molto versatile, che può dare vita sia a vini frizzanti giovani di grande piacevolezza , che a rossi con 2-3 anni di maturazione di buona struttura e freschezza, per arrivare a vini da lungo e lunghissimo invecchiamento.

Un’ uva con molte facce e il problema è sicuramente quale faccia scegliere per farsi conoscere al mondo, quale tipo di Freisa privilegiare, su quale puntare per creare un minimo di “numero critico” di bottiglie da poter commercializzare.  Ad oggi infatti tutte assieme le bottiglie di Fresia prodotte dal gruppo non credo superino le 200.000 e, in particolare, quelle da noi degustate arrivano a malapena a 50.000.

Dal punto di vista delle caratteristiche generali  ci troviamo di fronte ad un vitigno che ha tannini indubbiamente vividi, mostra buona acidità e profumi fruttati molto intensi da giovane. Vinificazioni attente portano a non estrarre troppo dai vinaccioli e comunque quel tanto che basta per avere concentrazioni adeguate. Nella veste di vino frizzante le carte si rimescolano non poco ma comunque l’acidità e il frutto intenso danno ottime garanzie.

Ma vediamo cosa ci ha detto la degustazione: ai primi due posti, premiati come Vini Top: due Freisa ferme del 2020 e poi scendendo troviamo soprattutto annate che vanno dal 2021 al 2017.

Il messaggio che sembra passare è quindi quello della Freisa ferma e abbastanza giovane ma con buone possibilità di maturare almeno 5-6 anni. Questo è quello che viene fuori dai “desiderata” dei produttori ma forse bisognerebbe capire cosa realmente può recepire il mercato, in quale spazio infilarsi perché, mi spiace dirlo, ma di rossi di media struttura da bere giovani e da poter far maturare qualche anno ne è pieno il mondo, come del resto di rossi da grande invecchiamento. Forse ci potrebbe essere più spazio tra i frizzanti ma molti produttori li reputano vini di serie B e li trattano di conseguenza.

In definitiva assaggiando i vini la sensazione è che un rosso che entra in commercia dopo 18-24 mesi  possa essere il compromesso giusto, ma mi permetto di far notare che un giretto dei produttori  nella terra del Lambrusco potrebbe far tornare in auge idee interessanti mai del tutto sepolte…

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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