Decanter n. 6, 2021: Spagna olé!6 min read

Con ben sette sottotitoli  tematici, la copertina annuncia la “Celebrazione della Spagna”. Altri argomenti importanti la sono nuova annata dei vini del Rodano nord e i portainnesti svelati.

In prima fila lìarticolo di Tim Atkin  sui “viñedo particular”, introdotti nella Rioja nel 2017 ispirandosi al sistema borgognone. Fino a poco tempo, infatti,  fa era addirittura  fatto divieto di riportare in etichetta il nome della vigna di provenienza di un  proprio vino che non fosse stato registrato come brand. La decisione presa dal Consejo Regulador della Rioja nel mese di giugno di quattro anni fa era in parte una risposta a quella di Artadi di abbandonare la  Denominacion de origen Calificada (DOCa) e alla minaccia dell’Associazione delle Bodegas basche della Rioja Alavesa di lanciare una propria denominazione “Viñedos de Alava”.

Comunque, ad onta dei timori che erano stati espressi al riguardo, il processo di approvazione della nuova regolamentazione è stato molto serio. Sono stati infatti necessari due anni per individuare il primo gruppo di vigne (84), poi portato a 103, con altre 22 sotto esame. In tutto 125 siti con 94 growers e poco più di 200 ettari di superficie complessiva. “Viñedo singular” significa “unità geografica minore comprensiva di un singolo o più lotti catastali”. E’ permessa una resa massima  del 20% inferiore a quella della DOca e la vigna deve avere almeno 35 anni (la presenza di parcelle più giovani o ripiantate è motivo di declassamento)  e deve essere stata in possesso (come proprietaria o affittuaria) della stessa persona per almeno 10 anni. Il rispetto di queste regole  è però solo parte del processo, perché il vino prodotto deve superare due test di assaggio  da parte di sei esperti designati dal Consejio Regulador (il primo dopo la fermentazione e il secondo al momento del rilascio) riportando almeno 93 punti del sistema OIV. Alla fine, dopo le prove ufficiali, solo 34 vini  di 20 Bodegas hanno superato l’esame definitivo.

Sistema perfetto? Ci sono alcuni limiti. Ad esempio desta perplessità il vincolo che ciascun cru appartenga ad un solo individuo e sia sfruttato soltanto da lui. Con questo criterio, ad esempio, “cadrebbero” grands crus borgognoni del prestigio dello Chambertin-Clos de Bèze o del Musigny. Anche il Clos des Lambrays,  praticamente un monopole del Domaine des Lambrays, sarebbe escluso per le poche centinaia di metri quadrati rimasti in possesso del Domaine Taupenot-Merme. Non tutte le migliori vigne singole della Rioja hanno fatto richiesta del rinconoscimento, ma solo quelle dei proprietari che hanno ritenuto di poterne ricavare un vataggio commerciale: ad es. il Castillo Ygay del Marques de Murrieta o la Condenada di Artuke (punteggio più alto della degustazione di Atkin, con 98/100, tra i rossi) non ne fanno parte. I migliori viñedo singular ufficiali secondo Atkin? Tra i rossi, Las Laderas de José lUis 2017 del Dominio de Berzal (95/100), tra i bianchi il Finca Alto Cantabria Blanco 2019 delle Bodegas Valdemar, Conde Valdemar e il Cerro la Isa blanco 2018 di Jyan Carlos Sancha (95/100 entrambi).

Restiamo nella Rioja per parlare del Panel Tasting dedicato ai Rioja Gran Reserva. Nel suo articolo di commento, Sarah Jane Evans  scrive che, nonostante la sua grande eterogeneità, a partire dalla lunghezza del periodo di affinamento  (si va da 24 a 36 mesi in legno) e dalla varietà di barricas impiegate (americane ,francesi o entrambe) i Gran Reserva mostrano il grande potenziale di invecchiamento dei tempranillo. E’ soprattutto con l’accumularsi degli anni  che questi vini mostrano il loro valore. Non a caso, nella degustazione presentata da Decanter, nella quale sono stati presi in considerazione vini di un ampio arco di annate (dal 2001 al 2015), al vertice della graduatoria, con 96/100, sono due gran reserva rispettivamente del 2001 (il Prado Enea di Muga) e del 2009 (Sierra Cantabria), e l’annata più giovane presente nella lista dei migliori è quella del 2011. Nessun vino della peraltro ottima annata più recente, la 2015, appare nell’elenco dei vini oustanding o highly recommended, cioè da 90 punti in su.

Interessante è il profilo , stilato da David Williams, del Dominio de Pingus, icona della Ribera del Duero. Creato alla metà degli anni ’90 dal danese Peter Sissek, il Pingus (5000 bottiglie l’anno da una vigna di poco più di quattro ettari di Tinta fina), con i suoi vassalli (Flor de Pingus  e Psi) ha scalato i vertici della sua denominazione e rappresenta tuttora uno dei vini più ricercati dai collezionisti. 98 su 100  il punteggio del Pingus 2018 secondo Williams, 96 per il Flor de Pingus e 93 per il terzo vino, lo Psi.

Una regione ancora poco conosciuta a livello internazionale, considerata come il New World del Vecchio mondo, il Somontano. Ne parla Miquel Hudin. Difatti, mentre le altre denominazioni dell’Aragon (Catalayud, Campo de Borja e Carinena) condividono un profilo basato su blend di garnacha con un po’ di tempranillo e carignan, Somontano ha  una lista di 15 diverse varietà: le varietà francesi, importate nel periodo della fillossera, vi sono ormai da un secolo. Anche se, tra i rossi, prendono ora quota varietà locali come il moristel e il parraleta, tra i bianchi, riesling, gewurztraminer e soprattutto chardonnay di alta qualità rappresentano un punto di non ritorno. Dopo due annate eccellenti, come la 2017 e la 2019, inframezzate da una 2018 molto buona, l’annata 2020, nonostante il calo dei volumi dovuto alle gelate primaverili, promette vini-soprattutto bianchi-con ottime acidità e grande potenziale aromatico. 93 punti per lo chardonnay Rasé 2018 di Aldahara (il più alto tra i bianchi) e altrettanti per il Viñadores 2016 di Otto Bestué (per i rossi)

L’unico articolo nel quale si parli di un diverso contesto nazionale è quello di Matt Walls sui vini dell’annata 2019 nel Rodano del Nord. Annata calda , simile a quella del 2018, però con vini più freschi e più eleganti. A parte gli imponenti Hermitage, sono state soprattutto le denominazioni del nord che hanno beneficiato delle scarse piogge, la Côte-Rotie e Saint-Joseph, mentre quelle più a sud , soprattutto attorno a Cornas, hanno maggiormente sofferto, dando vini spesso surmaturi e poco equilibrati. Quanto ai bianchi, marsanne e roussanne hanno avuto esiti migliori del viognier.

In definitiva il giudizio di Decanter è di quattro bottiglie, come le ultime annate, dal 2016 in poi. Cinque le avevano ottenute solo  2010 e 2015, mentre di quelle precedenti, le più sofferte erano state 2014, 2013 e 2011. I top value tra i rossi : nella Côte-Rotie il Côte Brune di Jamet (99/100), a St.-Joseph il Vignes de l’Hospice di Guigal, il Clos Florentin e quello di Gonon, con 95/100, nell’Hermitage Les Bessards dei fratelli Delas e Le Pavillon di Chapoutier (98), a Crozes-Hermitage il Clos Les Cornirets di Laurent Fayolle e Les Hirondelles di Pradelle (92), il Signature Verset di Verset e La Geynale di Vincent Paris (94) a Cornas . I bianchi: naturalmente lo Château- Grillet (97) a Condrieu e nella piccolissima AOC Chateau-Grillet, il Blanc di Francois Merlin a Saint-Joseph (93), l’Ex Voto blanc di Guigal e L’Ermite blanc di Chapoutier (97) nel territorio dell’Hermitage,il Crozes blanc di Aléofane (92) a Crozes-Hermitage.

Altro tema interessante e  la Review di Sarah Jane Evans (specialista di vini ispanici e autrice di un libro sui vini del Nord della Spagna) dedicata al sud-est della penisola (Alicante, Valencia, Jumilla), e alle sue stelle nascenti. Da consigliare l’articolo sui porta-innesti annunciato in copertina, e, per la sezione itinerari, i migliori sherry bar di Jerez e l’escursione a Mallorca.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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