Custoza e Custoza Superiore: cosa faranno da grandi?3 min read

I nostri assaggi annuali a Custoza, denominazione che in passato definimmo “vaso di coccio tra vasi di ferro” e oggi ci piace invece vederla come denominazione “blend” tra denominazioni monovitigno o quasi (Lugana e Soave, per esempio), hanno evidenziato soprattutto una cosa e cioè che ai produttori locali non basta più produrre un buon Custoza (cosa non scontata fino a 5-6 anni fa) ma vogliono innalzare in qualche modo il “tono” della denominazione, puntando sia sul Custoza Superiore che su un numero maggiore di selezioni all’interno del Custoza “base”.

Quello che in passato poteva essere visto come uno svantaggio, cioè l’uvaggio obbligatorio tra tante varietà, sta piano piano rivelandosi una notevole opportunità, che però porta con sé qualche rischio.

Il territorio del Custoza

Vediamo di spiegarci. Il disciplinare del Custoza recita: “ Bianca Fernanda (sinonimo di Cortese),Garganega, Trebbiano toscano e Tocai Friulano B., da soli o congiuntamente per un minimo del 70% e ciascun singolo vitigno non può superare un massimo del 45%. Possono altresì concorrere alla produzione di detti vini fino ad un massimo del 30% le uve provenienti dai seguenti vitigni a bacca bianca: Malvasia, Riesling (Riesling italico e/o Riesling renano), Pinot bianco, Chardonnay eIncrocio Manzoni 6.013 da soli o congiuntamente”.

Come potete capire tante uve e ogni produttore ha il suo blend preferito che porta di solito, per quanto riguarda il Custoza “base” a vini lineari , non profumatissimi, abbastanza freschi e leggeri. L’annata 2019 conferma queste caratteristiche, mostrando una qualità media non proprio altissima ma senza i vini con chiari difetti presenti fino a qualche anno fa. Del resto con una resa massima di 130 q.li non è che si possa fare molto di più.

Il discorso cambia completamente con le selezioni e con il Custoza Superiore. In primo luogo lo stanno producendo molte più aziende e ognuna sta cercando una sua strada: o privilegiando un’uva rispetto ad un’altra, o utilizzando più o meno legno nuovo, o (purtroppo) aumentando i grammi di zucchero residuo. Alla base di tutto c’è, per fortuna, una cura migliore del vigneto.

Qualche buon risultato lo abbiamo sotto gli occhi da anni e quest’anno ne abbiamo trovato qualcuno in più, però mentre assaggiavamo ci siamo fatti più volte la domanda “Ma questo è un Custoza?”

Infatti si va da vini con forti note di idrocaburo e acidità viva a prodotti con nette note di frutta bianca, buon dosaggio del legno e rotondità al palato, passando attraverso varie sfumature che tendono dall’una o dall’altra parte, in qualche caso “arrotondando” un po’ troppo il vino.

Per carità! Tutti vini buoni o molto buoni ma, se esiste, l’identità di questa denominazione non rischia di andare alle ortiche a vantaggio di alcuni modi di produrre con marche esplicitamente “aziendali” che però riscuotono successo?

Va anche detto che una denominazione ha il diritto di svincolarsi da un passato che ha rischiato di strangolarla tra prezzi bassi e rese alte, però occorre lavorare con attenzione per non creare  uno o più  “normotipi” di Custoza Superiore che ingessino la voglia di fare dei produttori.

Forse mai come quest’anno abbiamo degustato tanti Superiore di ottimo livello (nonché di annate “vecchie” per Custoza) e quindi il nostro giudizio sui vini è positivo. Vogliamo però far notare che si può correre il rischio di annacquare l’identità della denominazione, proprio ora che si stava ritrovando.

Quindi cari consumatori acquistate pure i buoni Custoza e Custoza Superiore delle ultime annate, visto che li troverete anche a prezzi molto interessanti.

Voi cari produttori, invece “Adelante cum judicio!

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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