Custoza 2018: buon risultato ma attenzione alla “strana voglia”2 min read

La denominazione Custoza mi è sempre rimasta simpatica, per vari motivi.

Il primo è naturalmente legato ad alcuni produttori che mi sono sembrati sin da subito proprio delle brave persone: di quelle che non ti raccontano frottole, che fanno vini corretti, buoni, senza cercare scorciatoie per “accaparrarsi il mercato”.

Il secondo riguarda le uve : in tempi di monovitigno imperante una denominazione che può usare ben nove uve (garganega, tocai, cortese in primis, poi  trebbiano, malvasia, riesling italico, pinot bianco, chardonnay e incrocio Manzoni bianco) mi è sempre sembrata una scelta saggia, specie in momenti climatici come questo dove è importante avere soluzioni diverse a periodi di caldo torrido o di grande umidità.

Con così tante uve si può contare su un “effetto paracadute”, cioè se ne matura male una  puoi sempre puntare su un’altra, cosa  che in altre denominazioni con monovitigno a quasi non possono certo fare..

Il terzo è che ancora il Custoza non ha preso la strada “dell’arrotondamento”, cioè di un uso generalizzato o quasi di qualche grammo in più di zucchero residuo nel vino, che rende tutto più armonico e facile alla beva.

Questo terzo punto, in verità, ha cominciato a vacillare da qualche tempo e anche quest’anno ho notato una “strana voglia”, cioè una certa tendenza, soprattutto nei Superiore, a lasciare qualche grammo di zucchero residuo in più a fine fermentazione.

Questo mi ha fatto pensare anche che ormai un discreto divario  esiste tra il Custoza e il Superiore. Divario non tanto qualitativo, quanto di conduzione enologica: il Superiore sta diventando sempre più un vino importante e serbevole, ma in diversi casi questa serbevolezza non è dovuta solo a uve migliori e a vinificazioni  attente e mirate, ma semplicemente a quell’arrotondamento di cui parlavo prima e che non porta certo ad un vino che possa invecchiare bene.

Per fortuna ve ne sono diversi che lavorano in maniera molto rigorosa, ma questo rigore ha dei costi che poi non è facile scaricare sulla bottiglia.

A proposito di costi: i Custoza 2018  hanno sempre dei prezzi assolutamente concorrenziali, una discreta qualità media che ha interpretato in maniera adeguata una vendemmia non certo eccezionale.

Tra i nostri assaggi troverete vini che, secondo me, saranno meglio tra 8-10 mesi, con  un rapporto qualità/prezzo veramente molto interessante .

Sui Superiore invece non ci sono dubbi: anche quelli del 2017 non sono ancora pronti per essere bevuti, ma quando i Superiore (senza zuccheri residui) sono pronti hanno veramente caratteristiche di altissimo livello. Ne ho avuto la riprova degustando dei Superiore del 2015 e anche di annate precedenti che mi hanno lasciato a bocca aperta. In particolare non mi dimenticherò mai di due 2015: uno sembrava un bel Corton Charlemagne e l’altro un austero Riesling della Mosella.

Insomma: a Custoza le carte sono in regola per produrre grandi bianchi senza bisogno di scorciatoie che, dati alla mano, alla fine non pagano.

Paga invece fare quello che hanno fatto tanti produttori locali, anche nel 2018: dei buoni bianchi equilibrati dal prezzo molto competitivo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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