Cosa si mangia in India? La pizza naturalmente!3 min read

Preparare pure le ceste di pomodori da lancio per quando tornerà in Italia ma la nostra Simona Migliore, in trasferta lavorativa in India (pare mandata per dare manforte ai due marò), non trova niente di meglio che andare in un ristorante pseudo italiano e ordinare la pizza. Dobbiamo commentare?

 

Dopo essermi fatta una mezza cultura sui cibi indiani e le varie pronunce mi rendo conto che dovrei ricominciare daccapo per memorizzare bene, ma solo a livello lessicale perché i profumi, gli odori son ben scolpiti nella mia mente. Mi rendo anche conto che non sono abituata a così tante spezie, così tante verdure sempre e ovunque sotto ogni forma. Comunque è tutta esperienza e può far crescere.

Ieri però una botta di italianità a gogò…o perlomeno questa è stata la mia percezione.

Di rientro da Nasik verso l’aeroporto di Mumbai ci fermiamo al “MANGII” (si pronuncia Manghiì). Italian style, le spezie sono mediterranee, i profumi sono a me più familiari.

Usano origano e rosmarino. I piatti son cucinati davvero bene e lo chef è giovanissimo.

Sarà la nostalgia, sarà la visione di un forno in pietra ma ordino niente meno che una pizza margherita. Sono un po’ terrorizzata, ma non bisogna provare tutto?! Gli altri commensali ordinano un risotto e delle costolette d’agnello che dicono essere sublimi.

La pizza è molto meglio rispetto a qualche versione italiana. Molto sottile, croccante, gli ingredienti per condirla sono freschi, praticamente inesistente il formaggio, ma profuma di origano di pomodoro e mi sembra di scorgere la presenza di basilico: mi sento a casa.

Curiosa come una scimmia mi metto a curiosare nella lista dei vini alla ricerca dei nostri cari italiani. Subito  spicca lui, sempre lui, anche in India. E costa troppo, esageratamente troppo. Stiamo parlando del Prosecco: per acquistare una bottiglia di prosecco ci vogliono 5000 rupie, che tradotte in euro diventano circa 71,45. Una follia. Per un Moet&Chandon brut imperial invece i prezzi salgono a 10000 rupie, circa 142,90.

La cosa sbalorditiva è che per certi vini non serve scrivere sulla lista il nome delle aziende produttrici, basta scrivere Prosecco, Chianti classico. Altre tipologie meglio conosciute per il nome dell’azienda riportano prima il nome della stessa e poi la tipologia del vino, nessun riferimento all’annata, nemmeno sui rossi.  

Accanto al nome Prosecco compare la provenienza Italy, accanto al nome Chianti Classico compare invece Tuscany  e poi Italy. Regioni come la Toscana e il Piemonte sono conosciute e considerate rilevanti per la valorizzazione di un vino.

Un vino di cui viene indicato il nome dell’azienda è “Antinori SANTA CHRISTINA, Tuscany, Italy” che viene venduto allo stesso prezzo del prosecco, ossia 5000 rupie, l’equivalente di 71,45 € circa. Il valore dello stesso vino in Italia si aggira dai 6 ai 7,80 € circa. Naturalmente per poter entrare in determinati paesi il prezzo deve necessariamente essere più basso.

Sulla lista dei vini troviamo anche una sezione dedicata ai rosati (rosè) tra cui non troviamo alcun italiano.

A conti fatti il numero di referenze francesi e australiane è a pari merito, segue poi l’Italia che solamente nei bianchi si contende il secondo posto con la Nuova Zelanda (naturalmente Cloudy Bay) per poi riprendersi il secondo posto nei rossi sempre dopo Francia e Australia a pari merito. In lista anche qualche referenza spagnola e cilena. Sono presenti anche vini indiani, che risultano costare molto meno rispetto i precedenti: 2000 rupie circa, l’equivalente di 28 € circa.

Spiace non trovare tra i vini bianchi un po’ di Friuli Venezia Giulia e constatare che il Prosecco sia uno dei pochi nomi che rappresenta l’Italia all’estero. Spiace che certe regioni siano praticamente sconosciute e  leggere perplessità e confusione quando si risponde “Friuli” alla domanda “Da dove arrivate?”. E spiace ancora di più quando per farti “riconoscere geograficamente” devi rispondere “a circa 120 km da Venezia.

Simona Migliore

Siciliana DOC, nasce a Vittoria, patria del famoso Cerasuolo. La formazione umanistica viene arricchita dei profumi delle vendemmie siciliane grazie alla collaborazione con un’azienda vitivinicola siciliana. Non beveva ancora e non aveva assolutamente idea di cosa il meraviglioso mondo del vino e della gastronomia celassero!!!

La curiosità per il mondo del vino cresce al punto da spingerla a lasciare la Sicilia. Frequenta il mondo AIS, ma decide di sposare i principi e i metodi dell’Onav. Si diletta a “parlar scrivendo” bene o male dei posti in cui si ferma a mangiare e degustare. Esperta degustatrice, Donna del Vino, esperta di analisi sensoriale, collabora con enti, consorzi e aziende vitivinicole…da qualche anno è entrata nel mondo degli Artigiani Birrai del FVG.

Nel 2009 viene adottata da Winesurf, giornale per il quale, ispirazione permettendo, scrive e degusta senza smettere mai di imparare.


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