Come invecchia la Barbera d’Asti? Rimanendo sorprendentemente giovane!8 min read

L’idea era partita in sordina, con la neanche tanto nascosta paura di ricevere pochissimi vini e invece la prima sorpresa di questa sorprendente degustazione è stata l’adesione. Ben 46 “vecchie” Barbera d’Asti (suddivise tra Superiori, “base” e Nizza) arrivate da 36 cantine. Senza dubbio un quadro ampio e rappresentativo del mondo della Barbera d’Asti.

Dopo la sorpresa, oltre a ringraziare le cantine che hanno aderito ci sembra giusto dire grazie anche al Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato, che si è speso per sensibilizzare i produttori e raccogliere i vini.

Quindi ben 46 Barbera d’Asti, dal 2012 andando indietro fine al 1998, così suddivise per annate:

14 del 2012 – 15 del 2011 – 6 del 2010 – 2 del 2009 – 2 del 2007- 1 del 2006 – 3 del 2005 – 1 del 2003 – 1 del 2001 – 1 del 1998

Eccovi anche tutti i produttori che hanno aderito, in ordine assolutamente casuale.

Tenuta Cisa Asinari dei Marchesi di Gresy, La Tanarella, Baldi, Vigne dei Mastri, Pavia Agostino, Gozzelino Stefano, Colle Manora, Conte Nuvoli di Grinzane, Castello Gabiano, Gianni Doglia, Fea, Marchesi Incisa della Rocchetta, Cascina Castlet, Bava, Cantina di Vinchio Vaglio Serra, Anziano Felice, La Gironda, Cantina di Nizza, Aresca, Cantina Maranzana, Tenuta Montemagno, Cascina Poggia, Gozzelino Sergio, Tenuta La Tenaglia, Boeri, Bersano, Poggio Ridente, Cascina Garitina, Cordara, Scarpa, Franco Mondo, Pico Maccario, Cascina Galarin, Villa Giada, Giacomo Scagliola, Bel Sit.

La degustazione, come avete potuto capire dalle annate,  prevedeva l’assaggio di Barbera d’Asti (base, Superiore, Nizza)come minimo del 2012 per poi andare indietro negli anni.

Lo scopo era di riuscire non solo a capire come invecchia la Barbera d’Asti, ma di approfondire un periodo importante per la crescita di questo vino, capire alcune scelte tecniche e valutare quale possibilità ci potessero essere per proporre Barbera d’Asti con invecchiamenti importanti sul mercato attuale, dove la parte del leone la fanno vini giovani o comunque di massimo 3-4 anni.

Per prima cosa analizzeremo in vini per annate per poi passare ad evidenziare caratteristiche generali e successivamente proporvi alcuni vini che si sono veramente distinti, in una degustazione comunque di alto livello, dove non abbiamo trovato un solo vino con problemi o troppo maturo.

I vini per annate.

Le quattrodici Barbera d’Asti 2012, quasi tutte Superiore ( solo 4 erano base e non c’era nessun Nizza), sono state tutte veramente sorprendenti per giovinezza! Dal colore porpora intenso, in alcuni casi impenetrabile, ai profumi dove ancora non solo il legno marca abbastanza (figuriamoci come doveva essere presente al momento dell’ uscita in commercio…) ma il frutto rosso è ben presente, mai però con tonalità surmature. Anche in bocca hanno mostrato una freschezza da Barbera giovanissima, con acidità però che si declina in maniera più omogenea e “rilassata” grazie anche a dei corpi più distesi e ben fusi, dove il legno e molto più integrato rispetto alla sensazione olfattiva; il tempo ha sicuramente fatto la sua parte. Se proprio gli vogliamo trovare un difetto qualche vino sembra quasi ingessato in una eterna giovinezza e comunque la sensazione è che otto anni siano il minimo per poter pensare di apprezzarli come meritano.

Le quindici 2011 (5 “base” e un Nizza), figli di una vendemmia forse ancor più particolare della 2012 hanno evidenziato le stesse caratteristiche dei precedenti, però in alcuni casi estremizzandole. A parte i colori che non accennano minimamente a passare dal porpora al rubino o a perdere concentrazione, nei profumi spiccano molto di più note legnose, spesso molto invadenti. In bocca si mostrano però con acidità più docili, meno austeri, con rotondità piacevoli e spigoli ben smussati. La dimostrazione lampante che il vino nasce in vigna e cambia ogni anno. Forse avranno una vita più breve rispetto ai freschissimi 2012, comunque quantificabile mediamente in 15-20 anni.

Nelle sei Barbera d’Asti 2010 si comincia a sentire non tanto un cambiamento di stile o un’inizio di china di maturazione diversa,  quanto un andamento vendemmiale non certo (molto) caldo e maturo come le due vendemmie precedenti. I vini conservano intatti le loro colorazioni porpora ma i nasi puntano non tanto sul frutto più o meno maturo ma su sentori speziati. In bocca i vini sono non tanto esili quanto fini, con un bell’equilibrio tra acidità e corpo e con i tannini (più del legno che del vino) che non eccedono e rendono molto tipico il sorso.

I 2009 erano solo due, come del resto i 2007, e qui più che giudizi generali bisogna scendere nel “particulare” e ammettiamo che le diversità tra i vini erano veramente importanti. Da una parte un 2007 ancora in preda di una “legnite acuta” mentre l’altro puntava verso aromi maturi. Tra i  due 2009 abbiamo trovato forse uno dei vini più interessanti e carismatici della degustazione. Se proprio dovessimo cercare qualche carattere generale  dovremmo ribadire l’inossidabile tenuta del colore, mentre al naso cominciamo a sentire (per fortuna se mi permettete) il tempo che passa.

Le annate più vecchie, dal 2006 al 1998, hanno spesso una ruvidezza tannica al palato che fa quasi passare in secondo piano l’acidità. Si capisce che negli ultimi 15 anni i cambiamenti in vigna e in cantina sono stati  importanti e tutti positivi. Notiamo con piacere che comunque i nasi sono di bella freschezza, con ancora note fruttate e i colori non si discostano, se non minimamente dal porpora. Nei più vecchi al naso non abbiamo mai trovato ossidazioni ma logiche e auspicabili evoluzioni del frutto. Rimarchiamo la presenza di una tannicità scontrosa, forse accentuata da acidità importanti, meno calibrate ma molto classiche per gli amanti della Barbera.

Cosa è venuto fuori?

La maturazione aromatica è uno dei punti più difficili da definire: più che una terziarizzazione abbiamo trovato un mantenimento degli aromi primari e secondari praticamente all’infinito, per poi iniziare lentamente a decadere. Abbiamo degustato Barbera con quasi 20 anni dove gli unici aromi di riferivano al frutto, anche se maturo e cedevole e quindi capiamo perfettamente la strada intrapresa sull’uso del legno, che serve soprattutto per dare complessità aromatica nel tempo ad un vitigno che non mostra di riuscire a svilupparne in invecchiamento. L’uso del legno non è comunque facile, l’abbiamo fatto notare anche nell’ultimo articolo pubblicato sulla Barbera d’Asti e spesso si eccede, rendendo in sostanza ancor più difficile una terziarizzazione.

Sul palato invece le cose cambiano perché la grande acidità e la mancanza di tannino non rendono difficile la maturazione e l’invecchiamento, anzi. Le Barbera d’Asti degustate, fino alla 1998, non hanno mostrato il minimo cedimento, mantenendo spesso quasi inalterata una freschezza che, non dovendo affiancare pesi tannici elevati, rende il vino naturalmente preposto all’invecchiamento lungo o lunghissimo. Anche qui il legno devo entrare in punta di piedi, da una parte per non appesantire il vino e dall’altra per non aggiungere tannini ruvidi e scontrosi. C’è da dire che questa scontrosità l’abbiamo percepita molto più nei vini più vecchi, segno che uno sviluppo tecnico c’è comunque stato, ma non certo generalizzato.

E allora?

Alla fine dell’assaggio ci siamo guardati negli occhi e abbiamo pensato più o meno tutti la stessa cosa: la Barbera d’Asti non può essere vista solo come un vino da bere giovane che ha ANCHE possibilità di invecchiamento. La Barbera ha una duplice faccia e un duplice scopo: quello di portare piacevolezza e freschezza da giovane e quello di traslarsi, mantenendo queste caratteristiche, in un vino da grande invecchiamento. Però attenti, il suo modo di invecchiare è diverso da tanti altri vini e può essere riassunto in due parole “rimanendo giovane”. Gli amanti di vitigni e di vini che puntano molto sulla terziarizzazione rischiano di trovarsi spaesati, rischiano di considerare il pregio “dell’eterna giovinezza” un difetto. In realtà la diversità della Barbera dai cosiddetti vitigni nobili sta tutta nel suo modo diverso di maturare e di proporsi dopo anni. Se si riuscirà a trovare il giusto equilibrio tra le sue componenti (legno in primis) in futuro potrà fregiarsi del titolo di vino che “matura ringiovanendo” .

I più interessanti vini della nostra degustazione.

In definitiva siamo rimasti assolutamente sorpresi dalla tenuta di questi vini, nonché dalla qualità media e da alcune punte veramente di altissimo profilo. Ve le presentiamo ricordando che si tratta di una degustazione che non puntava a dare dei voti ma a cercare di capire un vino, una storia, un territorio. Le segnalazioni non le definiremmo come  i vini migliori ma quelli che ci hanno colpito di più: in Francia li chiamerebbero “coup de coeur”.

Gozzelino Stefano – Cascina Vigna, Barbera d’Asti Superiore 2012. Un naso profondo, imponente, pieno di frutti rossi con eleganti sentori speziati di timo e erbe officinali. Uno potrebbe stare ore col naso nel bicchiere! Ben fresco, ma rotondo ed equilibrato in bocca.

Marchesi Incisa della Rocchetta, Barbera d’Asti Superiore Sant’Emiliano 2012. Naso estremamente complesso e variegato, grazie ad uno sapiente uso del legno. Bocca sapida, fresca, dinamica, profonda. Adesso è perfetto!

Cascina Castlet, Barbera d’Asti Superiore Passum 2011. Ancora il legno è presente, ma il vino va oltre e porge un corpo armonico, rotondo, piacevolissimo.

Tenuta Montemagno, Barbera d’Asti Superiore DOCG Mysterium 2011. Uno dei pochissimi vini che al frutto affianca fiori, erbe, spezie, con netti profumi di ginestra e di maggiorana. Giovanissimo e nonostante un alcol imponete il vino è fresco, sapido, equilibrato. Non gioca sulla potenza ma sull’eleganza.

Poggio Ridente, Barbera d’Asti Superiore San Sebastiano 2010. Quasi inquietante da quanto è giovane e spudoratamente profumata questa Barbera, con aromi però complessi che partono dal frutto e portano fino al cioccolato. Fresca e elegante in bocca con un tannino sontuosamente spigoloso.

Cascina Poggia, Barbera d’Asti Superiore 2009. Naso su cui intavolare infinite discussioni. Prima chiuso, poi fiori, poi note terrose che puntano al fungo e al tartufo. Potrà non piacere, ma ha noi è piaciuto moltissimo. Un po’ rustico in bocca ma glielo perdoniamo volentieri perché la Barbera d’Asti non può essere un cagnolino al guinzaglio.

Villa Giada, Barbera d’Asti Superiore La Quercia 2005. L’esempio di come un vino possa sembrare fatto ieri anche se ha 15 anni di storia alle spalle. Colore porpora impenetrabile, naso dove il frutto (e che il frutto!) si affianca a erbe officinali, menta e maggiorana. In bocca ancora ruvido e corposo, con acidità in grande spolvero.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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