Chiaretto 2018: una bella base per lanciare il futuro2 min read

Iniziando con una battuta penso che, vista l’importanza sempre maggiore del Chiaretto tra poco la DOC Bardolino verrà chiamata “Chiaretto Più Scuro DOC”.

Scherzi a parte sono incredibili i passi avanti verso una tipologia più omogenea  e qualitativamente  di alto livello fatti dal Chiaretto, che  nemmeno 5-6 anni fa era un vino senza grande identità e con un mercato incerto. Oggi, anche prendendo spunto dalle nostre degustazioni, è una denominazione con precise caratteristiche e sopratuttto con una qualità media di ottimo livello.

Il grande lavoro fatto dal Consorzio (al cui interno Angelo Peretti ha trovato campo fertile per le sue idee) sta portando a risultati importanti e commercialmente rilevanti.

Di rilevante nella nostra degustazione  ci sono state molte cose: la prima è “l’omogeneità cromatica” dei Chiaretto degustati: negli anni scorsi non avevamo mai trovato tonalità così simili, con pochissimi campioni che escono dal range del “buccia di cipolla scarico ma brillante” .

In altre parole i Chiaretto, che quache anno fa avevano colorazioni che andavano dal rosa brillante al cipolla scarico,  hanno vestito un abito simile  con pochissime eccezioni. Questo può essere importante per connotare la tipologia ma non è certamente una caratteristica qualitativa, che invece troviamo, e ben centrata,nei profumi.

I 2018 sono sicuramente ben espressi sin da ora, con gamme che prediligono la frutta di bosco ma che virano anche verso sentori floreali e in qualche caso leggermente vegetali. Pochi nasi erano chiusi o ancora inespressi e questo è sicuramente un bel pregio per un vino che deve esprimere nell’immediata piacevolezza una delle caratteristiche principali.

Ma è al palato che i 2018 ci hanno sopreso, grazie ad una sapidità che sembra essere diventata l’arma principale di questo vino. Certo non possiamo aspettarci corpi “giunonici”  ma spesso in passato trovavamo diversi vini dove l’acidità giocava un ruolo troppo determinante,  portando a connotazioni amare, quest’anno invece  pochissimi campioni hanno mostrato sentori amari, mentre molti si sono fatti apprrezzare per una sapidità attiva e stuzzicante, che alla fine rendeva equilibrato il vino.

Insomma un buon risultato complessivo, non sappiamo se figlio di una vendemmia adatta a questa tipologia oppure di un miglioramento in vigna e in cantina che si sta attuando nel tempo.

L’unico fattore negativo lo vediamo appunto nel futuro di questa tipologia, che continuando con vinificazioni che potremmo definire “in sotttrazione”, rischia di portare a rosati esili e scarni, dove una bella sapidità predicherebbe in un campo svuotato di altri componenti.

Forse è questo quello che vuole il mercato e il grande successo dei  rosati provenzali lo sta a testimoniare, però  sarebbe bene che sin da subito il Chiaretto si stabilizzasse  in un range dove comunque una discreta pienezza facesse da contraltare alla bella vena sapida raggiunta.

Insomma, I Chiaretto 2018 sono vini da bersi e da godersi, qualcuno  (non molti, diciamo 2-3) anche da conservare per qualche anno..

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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