Chianti o Chianti Classico? Sembra facile…4 min read

Manifestazione del Chianti Classico all’ AIS di Roma: sala bellissima, servizio inappuntabile ma purtroppo la famosa sommelier che guida la degustazione esordisce dicendo “Ora che vi abbiamo servito questi Chianti iniziamo a parlarne…” gelo tra i responsabili del Consorzio del Chianti Classico.

Stesso gelo  si percepisce quando all’ultima anteprima del Chianti il giornalista di Sky che presenta il dibattito esordisce con “Sono felice di essere qui perché da piccolo avevo il manifesto del Chianti Classico appeso nella mia cameretta”.

Si può scusare il giornalista di Sky in quanto non del settore, sicuramente meno la sommelier romana, ma  le differenze "nominative" tra queste due denominazioni  sembrano non chiare anche all’interno della stampa specializzata, visto che durante l’ultima anteprima il Consorzio del Chianti Classico si è sentito in dovere di rimarcare la differenza con un comunicato stampa.

Ma è proprio così difficile, a livello di informazione planetaria, la divisione tra questi due vini DOCG? Per me si!

Facciamo un esempio assurdo: se il Barbaresco si fosse chiamato “Barolo Classico” sarebbe stato più semplice o più difficile capire nel mondo la zona di provenienza? Non c’è bisogno di risposta.

Siamo di fronte a due vini che condividono lo stesso nome (in parte), lo stesso vitigno principale e, almeno fino a pochi anni fa anche lo stesso territorio: come si fa a non confonderli.

Per noi che ci viviamo non è difficile elencare le differenze ma per chi viene dall’Australia o dalla Russia o semplicemente da altre zone d’Italia e non è proprio ferratissimo in storia toscana, spesso siamo di fronte ad un rebus comunicativo. Un rebus che è diventato di difficile soluzione dal momento in cui il consorzio Chianti si è messo seriamente a fare promozione  del proprio marchio. In quel momento è scoppiato un problemino non da poco che non potrà che crescere in futuro se i due contendenti  non si metteranno ad un tavolo per chiarire le cose.

Infatti le cose non sono chiare. Sul logo del Chianti Classico (quello del Gallo Nero…) c’è scritto “1716”, riferendosi all’editto di Cosimo III dei Medici, ma quell’editto non stabiliva solo il territorio in cui si produce quello che oggi si chiama Chianti Classico e riguardava ben quattro territori (oltre al chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno di Sopra).  Soprattutto il Chianti di allora non era né quello dove oggi si produce il Chianti DOCG (oggi molto più grande) né precisamente quello dove nasce il Chianti Classico DOCG.

Inoltre il Chianti è prima un territorio di un vino e il bello è che anche noi toscani chiamiamo le terre dove si produce Chianti Classico DOCG (Castellina, Greve, Panzano, Gaiole, Castelnuovo Berardenga  etc) “Il Chianti” mentre non ci sogneremmo di fare la stessa cosa per i vasti territori in provincia di Siena, Firenze, Pistoia, Pisa dove si produce il vino Chianti DOCG.
Per andare avanti  con i dati difficili da spiegare all’universo mondo il vino Chianti ha assunto l’appellativo “Classico” solo nel 1932 (con un decreto ministeriale) e fino a circa 20 anni fa  il Chianti Classico era una sottozona del Chianti (al pari del Chianti Colli Senesi per fare un esempio). 

Non vi basta? Allora sappiate che negli anni sessanta e settanta del secolo scorso esisteva un consorzio chiamato Putto che metteva assieme molti produttori dell’ampio territorio del Chianti NON classico e che in alcuni momenti venne visto dal mercato come una garanzia qualitativa superiore anche al Chianti Classico Gallo Nero.

Sono convinto che a questo punto molti lettori avranno le idee molto poco chiare sulle differenze tra le due denominazioni e questo dimostra che cercare di fare chiarezza porta, in questo campo,  a complicare le cose.

Se dal punto di vista del vino nel bicchiere le differenze sono palesi (maggiore struttura, complessità profondità nel Chianti Classico,  freschezza unita a semplicità gustativa e non certo a grande corpo per il Chianti) sulla differenziazione del nome credo che i due consorzi dovranno fare buon viso a cattivo gioco ed aspettarsi sempre più spesso di dover chiarire la differenza tra i due vini.

In un mercato globale come quello che hanno di fronte sarà un dazio da pagare fino a quando l’uno o l’altro non deciderà di cambiare nome oppure il Chianti Classico si affiderà molto di più al suo brand storico, il Gallo Nero.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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