Che bello andare a spasso sullo spungone romagnolo4 min read

Sapete cos’è lo spungone? Magari a Bertinoro lo sanno bene: noi proprio lì siamo andati per scoprirlo e già che c’eravamo la scoperta si è allargata a vini bianchi locali semplici e fascinosi, ad una gastronomia di livello ad un progetto culturale e di accoglienza turistica. Il tutto sintetizzato dal progetto La Romagna dello Spungone nato per valorizzare il territorio tra Bertinoro, Meldola, Predappio e Castrocaro Terme.

Per raccontarvi questa parte di Romagna partiamo proprio dallo spungone. Per conoscerlo dobbiamo fare un balzo indietro di qualche anno, appena 80 milioni per la precisione. Paesaggi senza case, senza strade, senza donne e uomini (siamo apparsi su questo pianeta 79 milioni e 500 mila anni dopo), con una flora e una fauna diversa, proprio totalmente diversa. Qui 80 milioni di anni fa c’era il mare: Meldola ad esempio era un atollo simile a quelli delle Maldive.

Rocca di Meldola

Ecco, lo spungone testimonia tale evoluzione geologica. Una pietra porosa visibile lungo le strade, tra le mura delle fortezze (inclusa la Rocca di Meldola), sotto i vostri piedi. Se la guardate da vicino riconoscete incastonate centinaia di piccole conchiglie fossili.

Cosa c’entra col vino? Bè, è questa sua composizione, dall’età anagrafica di tutto rispetto che la rende fonte di aromi e corpo per i vini della zona. Ma prima di lasciare Meldola e parlare dei vini, sappiate che è l’unica città ad aver battezzato una razza di baco da seta. Un commercio fiorente dal 1720 al 1941 quello della seta (contava 20 filande e ha resistito fino alla seconda guerra mondiale perché la seta serviva per tessere i paracadute) raccontato a breve in un museo dedicato.

Tornando ai vini, curiosi di testare le decantate sensazioni minerali  donate dallo spungone, abbiamo  degustato una bella serie di Albana, un bianco prodotto dall‘omonimo vitigno autoctono, ancora poco apprezzato fuori zona (i vini bianchi di Romagna toccano a fatica il milione di bottiglie annue).

Fresco, sapido, corposo, con profumi degni di bianchi più rinomati (note citrine e fiori bianchi). Vi segnaliamo alcuni 2018: Tenuta La Viola, I Croppi e Campo del Sole. I primi due in particolare avvolgono il palato in modo inaspettato.

Da Meldola a Predappio Alta, e non per andare a visitare la casa natale di quello che ci fece entrare nella Guerra Mondiale di cui sopra, ma per parlare di zolfo. Dal 1861 al 1912 qui sono state attive delle cave, oggi conosciute come Grotte della Solfatara, e vi viene stagionato un pecorino che potrete trovare, per esempio,  a La Vëcia Cantêna d’la Pré insieme alla piadina al sangioveseve e ad altri piatti.

Curiosi di sentire come lo zolfo si traduca nei vini, abbiamo visitato poi la Fattoria Nicolucci. Sia nel sangiovese (rosato Solerosa 2018 e in purezza Tre Rocche 2018) che nel suo Brut metodo charmat (pinot grigio e trebbiano) la mineralità è spiccata, e nello spumante si traduce in una persistente sapidità.

Facendo un salto dai sapori alla cultura, devo citare Elio Caruso, curatore del museo della Fortezza di Castrocaro Terme. Tra i primi castelli eretti in Italia (è antecedente l’anno mille), la struttura è rimasta abbandonata per 700 anni, poichè, ci ha spiegato il signor Elio: «Gli scoiattoli non hanno fatto promozione, non hanno detto che abitavano in un bellissimo castello».

Elio Caruso

Mentre state ancora immaginando gli scoiattoli alla Walt Disney che abitano le antiche mura, Elio prosegue raccontando della fame e di Cosimo de’ Medici (per circa 500 anni questa parte di Romagna è stata governata da Firenze): “Fece costruire un magazzino immenso per dare da mangiare ogni giorno a 2.000 persone,  perchè allora la gente era noiosa, mica come ora che facciamo la dieta, voleva mangiare tutti i giorni.”

Nella semplicità di un allestimento museale tradizionale, la storia raccontata da chi  ne è appassionato, supera di gran lunga contenuti multimediali ed esperienze in 3D. La Fortezza e i racconti del signor Elio valgono la visita a Castrocaro.

E dulcis in fundo, la Romagna dell’ospitalità. Lo sapete che a Bertinoro da 93 anni ha luogo la Festa dell’Ospitalità? Una sorta di “appuntamento al buio” gastronomico: i cittadini accolgono alla propria tavola degli avventori. Dodici buste chiuse vengono legate alla Colonna dell’Ospitalità nella piazza principale, gli ospiti ne scelgono una, beneficiando dell’accoglienza in famiglia.

Furono i frati pellegrini, giunti qui dopo lungo vagare, che resero l’ospitalità un valore fondante. Non a caso la sua Rocca Vescovile ospita il museo interreligioso, raccontando le tre grandi religioni monoteiste: Cristianesimo, Ebraismo, Islam.

Noi abbiamo assaggiato l’ospitalità  di Bertinoro non in una famiglia ma a La Svineria, dove Lorenzo, l’enotecario, ci ha deliziato con piatti e vini fra tradizione e azzardi culinari, come i friggitelli con caprino semi stagionato e pancetta cotti al forno: perfetti con un’Albana bella fresca.

Ricapitolando, per conoscere la Romagna dello Spungone appuntatevi queste quattro località: Meldola, Bertinoro , Predappio  e Castrocaro. Come cascate, cascate bene.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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