Bourgogne Aujourd’hui, n. 1547 min read

Questo numero è quasi per intero dedicato al millesimo 2019 in tutte le regioni della Borgogna: “Unique!” proclama il titolo che introduce i reports dedicati alle varie appellations. Unico dal punto di vista climatico, con le sue gelate primaverili, i tentennamenti della floraison, e poi la siccità e il caldo canicolare.

Eppure i viticultori sono soddisfatti: soprattutto per il pinot nero, un po’ meno per lo chardonnay, i cui risultati sono meno omogenei. Prima di occuparci del tema principale, un accenno al resto, in effetti molto poco, se si eccettua l’articolo gastronomico dedicato a Maxime Kowalczyk, “étoile montante”, solo da due anni a “L’Empreinte” di Buxy, e già fregiato della sua prima stella Michelin: il carrelet (una specie di rombo), il foie gras e il salmerino i suoi prodotti faro. Poi l’intervista a Marc Lagrange, chirurgo, enofilo e scrittore , autore del libro “Vin et santé: qu’en pensent les médecins?” E naturalmente le notizie  de “L’Actu”: la più importante è la conversione totale alla conduzione biologica  (si tratta di 208 ettari di vigna, 130 in Côte d’Or e 78 nello Chablisien) dei due grandi possedimenti borgognoni della famiglia Henriot, il Domaine Bouchard Père et Fils e il Domaine William Fèvre. Al termine di questo processo, iniziato già dieci anni fa da Bouchard in due  suoi  monopole, il  Clos de la Mousse e il  Clos Saint-Landry a Beaune, e 20 a Chablis, sarà completato nel 2024. Si tratta di un’opera gigantesca , meticolosamente pianificata da Frédéric Weber, e che sarà completata da Gilles de Larouzière, il nuovo régisseur che lo ha sostituito, che farà della proprietà Henriot il più grande polo di viticoltura biologica della Borgogna.

Ma veniamo ora all’annata 2019. Più che mai “millésime de vigneron”, nel quale cioè è il viticoltore a fare la differenza, tra il possibile disastro e una riuscita eccellente. Un inverno dolce, poi, a inizio di aprile, con l’attività vegetativa in pieno risveglio anticipato, le temperature hanno cominciato a scendere rapidamente in tutta la regione, da Chablis a Pouilly-Fuissé.

La floraison ne è stata sconvolta, risultando eccezionalmente lunga e irregolare: a soffrirne il pinot nero, ma soprattutto lo chardonnay,  la cui raccolta , in certe zone, è risultata dimezzata. E poi la coulure, il millerandage… Infine il caldo canicolare. Sembrerebbe l’annuncio della catastrofe, eppure a esserne danneggiate sono state soprattutto le uve bianche, che, per la loro maggiore precocità, sono state maggiormente investite dagli sconvolgimenti climatici primaverili, ma il pinot nero è risultato da manuale: grappoli sani, gradazioni naturali di 13-14°, una maturazione fenolica molto soddisfacente e in alcune zone eccellente. Insomma, le previsioni sono molto positive in tutta la regione.

Nella Yonne ha  complessivamente “tenuto” lo Chablis, ma la 2019 è stata una grande annata per i vini rossi di Irancy, prolungando il successo dell’annata 2018. Il miglior punteggio della degustazione è stato quello raggiunto dallo Chablis Vaillons Premier Cru del Domaine Moreau-Naudet, con 18.5/20 (molto bene anche l’altro Premier Cru Montée de Tonnerre, 17/20). Ottime performance per  lo Chablis Valmur Grand Cru del Domaine Jean-Paul e Benoît Drouin (18/20),  il Côte de Bouguerots Grand Cru di William Fèvre, Il Vaudésir Grand cru del Domaine Long-Depaquit e il Côte de Léchet reserve Premier Cru di Bernard Defaix, tutti con 17.5/20. Tra gli altri  bianchi della Yonne spicca il La Ronce St.Bris del “solito” Domaine Jean-Hughes et Guilhem Goisot , 18/20 (eccellenti anche le altre cuvées Exogyra Virgula e Moury), e, nella  nuova AOC Vézelay , la cuvée Voluptueuse del Domaine de la Croix Montjoie. Ottima la qualità dei rossi di Irancy, che continuano a beneficiare degli effetti del riscaldamento climatico (lì il Pinot noir ha sempre avuto difficoltà a maturare): su tutti i vini di Jean-Pierre et Anita Colinot (17/20 per il loro Palotte e punteggi molto vicini per gli altri crus).

Nella Cote d’Or brilla più che mai l’astro di Gevrey-Chambertin, dove sono numerose le grandi riuscite a tutti i livelli: 18.5/20 (punteggio più alto della degustazione) per il Gevrey-Chambertin  Aux Combottes Premier Cru del Domaine Arlaud, 18 punti per il Ruchottes-Chambertin Grand cru del Domaine Georges Mugneret-Gibourg e tre villages , il Vieilles Vignes di Harmand-Geoffroy e quelli dei Domaines Lippe Boileau e Hubert Lignier.  Solo dignitosi i risultati delle AOC più settentrionali (Marsannay meglio di Fixin, con il rosso Es Chezot di Laurent Pataille che raggiunge i 18/20), evidentemente più in difficoltà, specie i pochi bianchi. A sud di Gevrey, invece, le cose sono andate molto bene, con Morey-Saint-Denis in grande spolvero (il Les Chenevery Premier Cru di Alain Jeanniard a 18.5/20).

Negli altri comuni, raggiungono i 18/20 a Chambolle-Musigny   il  Bonnes-Mares Grand Cru di Bruno Clair, il Les Groseilles Premier Cru  del Domaine de la Pousse d’Or  e due villages: Les Bas Doix di Amiot-Servelle et Aux Beaux Bruns  Premier Cru di Ghislaine Barthod. Ma i risultati più brillanti sono stati quelli di Nuits-Saint-Georges, dove la percentuale di riuscite tra i vini esaminati tocca l’80%, nonostante la riluttanza dei Domaines più rinomati a inviare i loro campioni per la degustazione cieca. “Millésime de plaisir et de garde”, il 2019, con il contrasto tra colorazioni scure e profonde, proprie di un’annata solare, e la freschezza ciliegiosa del pinot, con un palato vellutato con tannini di bella struttura:  18.5/20 per il Nuits-Saint-Georges Les Chaboeufs Premier Cru di Philippe Gavignet (buone riuscite anche per le altre cuvées), punteggio più alto della degustazione, ma anche i Domaines Faiveley , Georges Mugneret-Gibourg, Arlaud, Henri Gouges, de l’Arlot  ed altri hanno superato l’esame con votazioni molto lusinghiere. E’ invece più impreciso il quadro di Vosne-Romanée (17.5/20 per i Premiers Crus Clos des  Réas di Michel Gros e Les Beaux Monts  di Michel Noëllat) e, con essa, di Vougeot e Flagey-Echezeaux per la scarsa numerosità dei campioni inviati, specie dei grands crus.

Domaine Marius Delarche

Nella Côte de Beaune  sono risultati formidabili i bianchi e i rossi di Corton (18.5/20 per lo Charlemagne Grand Cru di Marius Delarche, mentre il Domaine d’Ardhuy  sfora i 18/20 con due suoi Corton rouge, il Clos du Roy e il Les Pougets), ma è andata molto bene tutta l’area a nord di Beaune, con Savigny in evidenza  (18.5/20 per il Savigny Aux Fourneaux Premier Cru del Domaine Chandon de Brialles).Finalmente , dopo le gelate che hanno funestato le loro vigne negli anni precedenti, sono tornate a livelli di eccellenza Volnay e Pommard , soprattutto quest’ultimo comune: suoi anche i punteggi più alti (18.5 Les Noizon di Michel Rebourgeau,   18 Les Cras di Roger Belland). Buone riuscite, soprattutto in rosso,  nelle appellations minori di Auxey-Duresses, Saint-Romain e Monthélie, che spicca  con i 18/20 del Pierrefittes di Brigitte Berthélemot  e diverse altre cuvées di buon livello. L’annata è stata meno brillante nei comuni dei grandi bianchi della Côte de Beaune: a Meursault il miglior risultato è di un village, il Meursault Limozin dello Château de Meursault (18/20), meno brillanti  i bianchi di Chassagne-Montrachet , Puligny e Saint-Aubin, che si consolano con i pochi rossi , e di fatti il miglior punteggio è di uno Chassagne rouge, il Morgeot Premier Cru di Labruyère-Prieur. Favoriti da un’annata decisamente fortunata per i pinot, i vini delle denominazioni più trascurate della Côte de Beaune meridionale, Maranges e soprattutto Santenay fanno la loro figura, risultando molto piacevoli e meno rustici: ne sono prova i 18.5/20 del Gravières Premier Cru di Jean-Marc Vincent.

Anche nella Côte Chalonnaise i risultati migliori vengono dai rossi: soprattutto da Givry (suoi  gli score più alti, a partire dai 18.5/20 del Clos de la Baraude Premier Cru di René Bourgeon , una vera pepita in vendita a 14.40 euro) e Mercurey, dove si confermano il Domaine Raquillet (bella serie di rossi con il Mercurey  Chazeaux al vertice con 18/20) e il Domaine Charton, dove il giovane Vincent,  alla guida del Domaine ormai da quasi dieci anni, ha notevolmente affinato i suoi vini. Tra i bianchi ancora Mercurey (17.5 per il monopole La Mission del Domaine de Chamirey) e Montagny si fanno preferire ai Rully. Ma la sorpresa viene da Bouzeron, con  ottimi bianchi da aligoté: 18/20 per il Les Corcelles  del Domaine Gouffier, un Bouzeron di notevole spessore (molto bene anche quello prodotto da Michel Briday).

Nel Maconnais naturalmente risplende Pouilly-Fuissé, pronta a fregiarsi dei suoi nuovi 22 Premiers Crus, e il miglior assaggio viene appunto da uno dei futuri Premiers Crus di Fuissé, il monopole Le Clos dello Château de Fuissé: 18/20 per un bianco di grande  spessore. Buone performances anche dai Domaines Saumaize, Guerrin  e Trouillet. Per quanto riguarda le altre AOC, ottime cuvées vengono anche dall’appellation Viré-Clessé (eccellenti Les Quarts e Les Hauts des Ménards di André Bonhomme), è stata un’ annata discreta anche a Saint-Véran (buono quello del  Domaine Gael Martin), mentre è meno agevole una valutazione delle  AOC Pouilly-Loché e Pouilly-Vinzelles, vista l’esiguità dei campioni esaminati.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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