Quest’anno abbiamo voluto “riunificare la Sicilia”. Nessuno pensi a reminiscenze risorgimentali ma semplicemente ad uno sguardo enoico non più separato tra Etna e resto dell’isola.
Questo ci è servito per far risaltare ancor più le differenze, a rimarcare che l’Etna è “un’isola nell’isola”, ma che il resto della Sicilia (lo vedremo meglio quando pubblicheremo i risultati dei rossi) qualitativamente non ha niente da invidiare ai vini del vulcano e in più ha una diversità tipologica di uve che l’Etna non può mostrare.
Prima di parlare dei risultati alcune riflessioni: la prima a voi si paleserà al momento dell’eventuale acquisto e riguarda i prezzi dei vini etnei, che in diversi casi sono quasi il triplo (quasi sempre il doppio) di un altro bianco non solo siciliano ma italiano.

Dopo anni passati a lamentarsi della scarsa remunerazione del lavoro di tanti vignaioli non si può che ammirare il livello a cui è posizionato il brand Etna, ma quello che un vecchio Grillo Parlante come me vuole sottolineare è che una crescita come quella che c’è stata sulle pendici del vulcano non è detto che porti sempre e ovunque ad alta qualità e soprattutto ad una qualità che ha un prezzo in media nettamente superiore a qualsiasi zona bianchista dello stivale. La mia paura, toccando ferro, è che qualche granellino di non-qualità possa far inceppare il meccanismo. Fuor di metafora, un bianco d’annata quasi sempre non costa meno, in enoteca, di 25 euro e, per diversi vini, questi mi sembrano prezzi che non hanno un reale riscontro se non grazie ad un nome che tira.

Altra riflessione importante è che se da una parte diminuiscono in maniera drastica i vini con problemi dall’altra tanti vini si assomigliano e questo in una terra dove le differenze sono di casa non è certo un bel viatico per il futuro. Se la prima parte del discorso è sicuramente merito di bravi enologi, purtroppo anche la seconda dipende dalla voglia di tanti produttori di affidarsi in toto o quasi al pur bravo enologo per ottenere un risultato sicuro. Forse la Sicilia, almeno dove i prezzi vanno in alto, si merita maggiori e stimolanti diversità.
Come accennato la qualità è indubbiamente buona e lo dimostra da un lato il fatto che più del 67% dei vini ha raggiunto o superato i nostri 80 punti (lo ripetiamo sempre, per noi 80 punti non sono pochi, noi non spariamo punteggi alti come mortaretti!) e dall’altra che ben 5 vini hanno ottenuto il nostro riconoscimento di Vino Top.
In definitiva un panorama con buoni vini ma forse la “sicilianità” dovrebbe e potrebbe essere più marcata.
Questo anche per quanto riguarda i pochi rosati degustati, per lo più etnei, dove la semplicità e/o la linearità la fa quasi sempre da padrona. Per questo spicca come una mosca bianca un gran vino rosa (sarebbe ora si cominciasse a chiamarli così), per niente semplice e con una vibrante voglia di stupire, fin dal colore, un fortunato consumatore.
Ultima annotazione per ribadire che le bottiglie pesanti, specie sull’Etna, continuano a essere la stragrandissima maggioranza. Ma è possibile che proprio sull’isola con l’ecosistema forse più fragile e delicato d’Italia si continui a non capire l’importanza di produrre meno CO2? Molti produttori si dichiarano o sono biologici, però con bottiglie pesantissime! Assurdo.