Una delle zone più complicate per chi fa guide vini è la Liguria: riuscire ad avere i campioni per gli assaggi è operazione che richiede infinita pazienza, un contratto telefonico a basso costo e spesso anche un parente che gestisce un distributore di benzina.
In altre parole la stragrande maggioranza dei produttori liguri fanno orecchi da mercante a ripetute richieste, rendendo difficile se non impossibile la raccolta dei campioni. Per questo quando ci è arrivato l’invito per Benvenuto Vermentino, che prevedeva anche una degustazione bendata dei Colli di Luni del 2018 non ce lo siamo fatti dire due volte e ci siamo fiondati.
Prima però, memori di anteprime passate dove l’organizzazione era abbastanza… disorganizzata, ci siamo fatti confermare come funzionasse la cosa. Per fortuna da qualche mese l’Enoteca Regionale che ha sede a Castelnuovo Magra ha un nuovo responsabile, l’appassionatissimo e competente Marco Rezzano che, oltre a smuovere tutte le acque stagnanti da tempo, ha portato avanti questa manifestazione, che vede in prima fila il Comune di Castelnuovo Magra, garantendo una professionalità mai vista in zona.
Così la degustazione di quasi trenta Colli di Luni Vermentino 2018 (naturalmente bendati) si è svolta in maniera impeccabile, con un servizio preciso e cadenzato.
Ma non è finita qui: le caratteristiche dei terreni dei vari comuni della denominazione sono state presentate in maniera chiara e semplice, ponendo l’accento anche sulle differenze altimetriche e così hai potuto degustare con calma avendo una serie di interessanti indicazioni.
E cosa è venuto fuori dagli assaggi? La 2018, presentata dai responsabili del consorzio come una vendemmia non certamente di alto livello ci ha invece sorpreso da una parte per prontezza aromatica e dall’altra per una buona sapidità, corredata in vari casi da altrettanta freschezza.
I vini, nonostante le paure dei produttori, non mostrano squilibri alcolici (raramente superano i 13 gradi) e hanno gamme aromatiche (anche se adesso coperte in qualche caso dalla solforosa dei recenti imbottigliamenti) fruttate ma per niente mature, con note che vanno dalla pesca a sentori agrumati e fini sentori floreali. Insomma una vendemmia molto bevibile che dimostra un buon equilibrio e una coerenza stilistica molto più accentuata rispetto al passato, con pochissime deviazioni “sauvignoneggianti” e con discrete possibilità di maturazione nell’arco dei 3-5 anni.
Accanto alla degustazione si è sviluppata una interessante discussione che ha riguardato il futuro di questa denominazione, “vaso di coccio tra vasi di ferro” in una regione altrettanto “vaso di coccio tra vasi di ferro”.
Infatti la Liguria è la penultima regione italiana per produzione e non arriva nemmeno a 1600 ettari vitati. Anche se la provincia di La Spezia copre il 60% del prodotto regionale, alla fine dei salmi, stringi stringi, la DOC Colli di Luni è piccolissima e questo porta a svantaggi e vantaggi
Lo svantaggio principale e che non puoi fare massa critica ed avere un peso economico importante: di conseguenza è complicatissimo promuovere il territorio e il marchio fuori zona, in Italia e all’estero (fermo restando che fino ad ora la zona è “stata famosa” per un gravissimo immobilismo dal punto di vista delle istituzioni, soprattutto consortili) e così vieni superato a destra e a manca da altre zone o altri brand che mettono il vermentino in prima fila (Sardegna e Gallura, tanto per dire, ma pure Bolgheri, con in particolare un singolo, produttore) .
Il vantaggio è quello di non potersi ritrovare con quantitativi non controllabili in commercio, magari imbottigliati fuori zona e così vedersi calare i prezzi dall’oggi al domani, come succede in tante grosse denominazioni in bianco d’Italia, dove un ventre molle composto da bottiglie di basso prezzo e scarso pregio non riescono a far emergere la qualità di tanti piccoli produttori.
E veniamo così al discorso qualità, unica strada per far crescere e comunicare questo territorio/denominazione, perché se si vuole crescere è solo su questo che bisogna lavorare. La qualità porta necessariamente con sé la riconoscibilità territoriale e allontana di conseguenza vini buoni ma piacioni, cioè copiati e fatti per il mercato, mentre deve essere il mercato che comprende, assimila e chiede la freschezza, la florealità, e i sapidi equilibri dei ivini di questa denominazione.
Qualità vuol dire stare molto attenti alle rese, non seguire chimere che portano a vinificazioni strane e fuorvianti, mettere in bottiglia quello che si porta in cantina da una vigna ben curata e stop!
Dalla discussione mi sembra di aver intuito che, rispetto al passato, i produttori locali siano molto più compatti e convinti di questo e forse, tra qualche anno, quando si parlerà del momento in cui il territorio “ha svoltato” , potremmo dire “Noi c’eravamo!”