Benvenuto Vermentino a Castelnuovo Magra: finalmente qualcosa si muove!4 min read

Una delle zone più complicate per chi fa guide vini è la Liguria: riuscire ad avere i campioni per gli assaggi è operazione che richiede infinita pazienza, un contratto telefonico a basso costo e spesso anche un parente che gestisce un distributore di benzina.

In altre parole la stragrande maggioranza dei produttori liguri fanno orecchi da mercante a ripetute richieste, rendendo difficile se non impossibile  la raccolta dei campioni. Per questo quando ci è arrivato l’invito per Benvenuto Vermentino, che  prevedeva anche una degustazione bendata dei Colli di Luni del 2018 non ce lo siamo fatti dire due volte e ci siamo fiondati.

Prima però, memori di anteprime passate dove l’organizzazione era abbastanza…  disorganizzata, ci siamo fatti confermare come funzionasse la cosa. Per fortuna da qualche mese l’Enoteca Regionale che ha sede a Castelnuovo Magra ha un nuovo responsabile, l’appassionatissimo e competente  Marco Rezzano che, oltre a smuovere  tutte le acque stagnanti da tempo, ha portato avanti questa manifestazione, che vede in prima fila il Comune di Castelnuovo Magra, garantendo una professionalità mai vista in zona.

Così la degustazione di quasi trenta Colli di Luni Vermentino 2018 (naturalmente bendati) si è svolta in maniera impeccabile, con un servizio preciso e cadenzato.

Ma non è finita qui: le caratteristiche dei terreni dei vari comuni della denominazione sono state presentate in maniera chiara e semplice, ponendo l’accento anche sulle differenze altimetriche e così hai potuto degustare con calma  avendo una serie di interessanti indicazioni.

E cosa è venuto fuori dagli assaggi? La 2018, presentata dai responsabili del consorzio come una vendemmia non certamente di alto livello ci ha invece sorpreso da una parte per prontezza aromatica e dall’altra per una buona sapidità, corredata in vari casi da altrettanta freschezza.

I vini, nonostante le paure dei produttori, non mostrano squilibri alcolici (raramente superano i 13 gradi) e hanno gamme aromatiche (anche se adesso coperte in qualche caso dalla solforosa dei recenti imbottigliamenti) fruttate ma per niente mature, con note che vanno dalla pesca a sentori agrumati e fini  sentori floreali. Insomma una vendemmia molto bevibile  che dimostra un buon equilibrio e una coerenza stilistica molto più accentuata rispetto al passato, con pochissime deviazioni “sauvignoneggianti” e con discrete possibilità di maturazione nell’arco dei 3-5 anni.

Accanto alla degustazione si è sviluppata una interessante discussione che ha riguardato il futuro di questa denominazione, “vaso di coccio tra vasi di ferro” in una regione altrettanto “vaso di coccio tra vasi di ferro”.

Infatti la Liguria è la penultima regione italiana per produzione  e non arriva nemmeno a 1600 ettari vitati. Anche se la provincia di La Spezia copre il 60% del prodotto regionale, alla fine dei salmi, stringi stringi,  la  DOC  Colli di Luni è piccolissima e questo porta a svantaggi e vantaggi

Lo svantaggio  principale e che non puoi fare massa critica ed avere un peso economico importante: di conseguenza è complicatissimo promuovere il territorio e il marchio fuori zona, in Italia e all’estero (fermo restando che fino ad ora la zona è “stata famosa” per un gravissimo immobilismo dal punto di vista delle istituzioni, soprattutto consortili) e così vieni superato a destra e a manca da altre zone o altri brand che mettono il vermentino in prima fila (Sardegna e Gallura, tanto per dire, ma pure Bolgheri, con in particolare un singolo, produttore) .

Il vantaggio  è quello di non potersi ritrovare con quantitativi non controllabili in commercio, magari imbottigliati fuori zona  e così vedersi calare i prezzi dall’oggi al domani, come succede in tante grosse denominazioni in bianco d’Italia, dove un ventre molle composto da bottiglie di basso prezzo e scarso pregio non riescono a far emergere  la qualità di tanti piccoli produttori.

E veniamo così al discorso qualità, unica strada per far crescere e comunicare questo territorio/denominazione,  perché  se si vuole crescere è solo su questo  che bisogna lavorare. La qualità porta necessariamente con sé la riconoscibilità territoriale e allontana di conseguenza vini buoni ma piacioni, cioè copiati e fatti per il mercato, mentre deve essere il mercato che comprende, assimila e chiede  la freschezza, la florealità, e i sapidi equilibri dei ivini di questa denominazione.

Qualità vuol dire stare molto attenti alle rese, non seguire chimere che portano a vinificazioni strane e fuorvianti, mettere in bottiglia  quello che si porta  in cantina da una vigna ben curata e stop!

Dalla discussione mi sembra di aver intuito che, rispetto al passato, i produttori locali siano molto più compatti e convinti di questo e forse, tra qualche anno, quando si parlerà del momento in cui il territorio “ha svoltato” , potremmo dire “Noi c’eravamo!”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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