Appenninia Wine Festival: al fresco nel vino del Mugello!5 min read

Il nome incuriosiva fin dall’annuncio: ci hanno poi spiegato che viene da una  classificazione topografica risalente a un centinaio di anni fa, dovuta ad alcuni geografi che dividevano l’Italia in Appenninia (centro-sud) e Padania (nord) prima che quest’ultimo termine prendesse valenza politica.

Nel nostro caso Appenninia è stato adottato per un’esordiente manifestazione vitivinicola con ambizioso richiamo alla catena montana. Si è svolta il 19 giugno scorso a Vicchio in Mugello, comune toscano noto più che altro per essere la patria di Giotto ma enologicamente fuori dai radar, almeno finora.

Il futuro potrà essere diverso, a giudicare dall’impegno messo dai produttori di zona e da tutta la comunità locale. Ed è stato un impegno giocato con divertimento e sana modestia, aperto ad altre realtà “orograficamente affini” come dimostrato dalla partecipazione di tre significative aziende di Modigliana, giusto dal versante nord di queste montagne: Il Pratello, La casetta dei Frati, il Teatro.

E il teatro di Vicchio, fisicamente inteso, è stato il luogo degli incontri e dei discorsi mattutini, condotti fluentemente da Massimo Cirri,  voce del programma “Caterpillar” di Radio Due, con il contributo riflessivo di Giampaolo Gravina. Si sono cercati i possibili tratti comuni di vini e vignaioli appenninici, divagando intorno a parole-chiave come “carattere frugale” o “selvatico” e lasciando ipotizzare a qualcuno un mega brand sotto l’ombrello Appenninia. Qualcun altro ha sottolineato il fenomeno sociale delle migrazioni climatiche (“di lusso”, mi viene da aggiungere) che spingono oggi un certo numero di cittadini-di-città a ritornare in Appennino. O più precisamente in pre-Appennino, laddove la vite può dare bei frutti.

Implacabile è arrivata poi la disquisizione su vitigni autoctoni o alloctoni: sta di fatto che il Mugello è stato considerato fino a ieri zona fresca per non dire fredda, pertanto i pochi produttori con traccia storica hanno utilizzato volentieri uve portate dal nord. Un caso emblematico è l’azienda La Matteraia proprio nel comune di Vicchio, dove nel 1973 arrivò il vitigno rebo prima ancora del suo riconoscimento nel Catalogo nazionale delle varietà di vite nel 1978.

Una sorta di “propagazione ante litteram”: fu portato da Ivo Malpaga, padre dell’attuale titolate Ivan, dopo esser stato adottato dal nonno Isacco nella sua azienda trentina. Questi aveva ottenuto il rebo direttamente dall’Istituto di San Michele all’Adige dove l’incrocio era stato creato da Rebo Rigotti.

E il patrimonio è poi rimasto quello originale, giacché le inevitabili fallanze sono state rimediate per propaggine. Ai banchi sotto il loggiato di Piazza della Vittoria ho assaggiato il loro Cosimo I del ’19, fruttato e appena erbaceo, rotondo e sapido; poi il Trecento, che prende il nome dai giorni passati in botte mediopiccola: un po’ più strutturato ma sempre scorrevole.

La Matteraia offre altre etichette dai “genitori” del rebo: merlot e teroldego, nonché da classici trentini come moscato e muller-thurgau. In linea con le origini si producono anche mele.

Più prevedibile la diffusione del pinot nero, che in questa zona vanta un portabandiera ormai storico: il Podere Fortuna gli dedica tre etichette oltre al Greto alla Macchia (chardonnay), un bianco che mi ha particolarmente convinto in questa tornata di assaggi. Altra realtà già famosa per il pinot nero si è confermata la biodinamica Terre di Giotto; e anche in questo caso, pur in una degustazione al volo, ho apprezzato il frutto degli altri (numerosi) vitigni utilizzati, prevalentemente “nordici”.  

Per tornare al teatro Giotto, poco istituzionali e molto spontanei sono stati gli interventi del sindaco Filippo Carlà Campa, che si è capito essere il vero ispiratore della manifestazione. A turno sono poi saliti sul palco i produttori appenninici con i loro racconti, in compagnia di un cane vagante e di qualche nota di pianoforte a sottolineare le frasi salienti, proprio nello stile – da me creduto estinto – del salotto di Maurizio Costanzo. Nel bel mezzo è apparso in un videosaluto a distanza persino il sempre affabile Oscar Farinetti.

Tutto sommato una manifestazione con grande  rapporto di chiacchiere per ettaro; e certo non ci siamo annoiati, come non ci siamo annoiati nei successivi assaggi ai banchi coi produttori.

Non c’era da aspettarsi una gran coerenza di proposte, in compenso le proposte stesse erano valide. Stimolato all’abbinamento dagli ottimi tortelli mugellani curati da Christian Borchi dell’Antica Porta di Levante, mi sono buttato sugli assaggi. Eterogenei, appunto, rappresentando  venti aziende, dalla grande alla piccolissima, come pure una pletora di vitigni, dal tempranillo al barsaglina allo chenin blanc. Mosaico divertente anche perché declinato dal metodo classico al passito. La stessa posizione dei vigneti è molto varia: per rimanere in Toscana si andava dal comune di Borgo a Mozzano in Garfagnana (Cantina Gigli) a quello del limitrofo Dicomano che è il più montano della già semi-montana Chianti Rufina (Frascole, Il Lago, Borgo Macereto) fino a Pontassieve (Tenuta Monteloro, cioè Antinori).

Da sottolineare a buon diritto la squadra ospitante del comune di Vicchio, con cinque aziende (Bacco del Monte, I Carri, Il Rio, La Matteraia, Terre di Giotto).

Appeninia è stata presentata come prima edizione, e non ho dubbio che ne seguiranno delle altre con vini e volti “dalla Liguria alla Calabria”, nelle parole del sindaco. Forse resterà “più salotto che progetto”, come ha detto un vignaiolo sul palco del teatro; il che non sarebbe un male.  

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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