Anteprima Sagrantino: che bella belva il 2016!5 min read

La “notizia bomba” la sparo subito anche se è stata l’ultima cosa accaduta. Prima di partire entro nella sede del Consorzio per ringraziare il presidente Filippo Antonelli e lui, con una faccia tra l’ironico e il cane bastonato mi dice “Meno male sei venuto, perché potrebbe accadere di non vederci per un po’ di tempo. Abbiamo fatto venire alla manifestazione anche giornalisti lombardi e veneti  e, nonostante la liberatoria ministeriale sull’infezione da Corona virus inviata e fatta regolarmente  firmare a tutti, adesso mi hanno convocato e  non sappiamo cosà potrà accadere.” Spero che non accada niente e il buonsenso prevalga sulla follia collettiva che stiamo vivendo, forse il vero modo con cui si manifesta il Corona virus. Auguri Filippo e in bocca al lupo!

A proposito di lupo: quest’immagine l’ho già usata in passato ma il Sagrantino 2016 mi ha ricordato una belva oramai addomesticata, ma che sempre  belva rimane . Prima delle belve parliamo però degli altri “animaletti da compagnia” cioè i vini bianchi che, per la prima volta, sono stati presentati a questa riuscitissima Anteprima Sagrantino.

In primis il Grechetto, vino/vitigno che sembra  essere un po’ snobbato da tanti produttori, da sentire il bisogno di affiancarlo da una parte con il Montefalco Bianco (uvaggio dove il grechetto arriva al massimo al 50%) e dall’altro con il tanto osannato Trebbiano Spoletino .

I circa 15 grechetto che ho degustato mi hanno dato l’impressione di meritare molto di più che non la nomea di “vino d’ingresso alla denominazione”. La  grassezza naturale del vitigno, la sua acidità non certo alta però affiancata spesso da sapidità, la sua rotondità , la sua particolare  tannicità naturale, la sua possibilità di reggere bene il legno  ne fanno un vino/vitigno di assoluto pregio, sicuramente molto apprezzato da chi vuole bere un bicchiere in tranquillità. Non è detto poi che non possa maturare per qualche anno, anzi.

Ho assaggiato sia giovanissimi ma per niente scontati 2019, corposi 2018 e ancor giovani 2017 e in ogni caso sono rimasto sorpreso dal modo in cui quest’uva dimostrava duttile ampiezza e corpo. Un vitigno/vino su cui puntare.

Sul Trebbiano Spoletino, di cui ho assaggiato praticamente lo stesso numero di campioni del Grechetto,  rischio anche qui  di ripetermi: con 35 ettari di vino a DOC, forse un centinaio di ettari  piantati in totale la diversità di stili produttivi mi lascia perplesso. Il vitigno ha caratteristiche di aromaticità molto nette e chiare,  su cui si è creato una certa fama, nonché una  freschezza (data spesso da una forte dose si malico) interessante.

Lo si è riscoperto da pochi anni e proprio per questo sarebbe stato meglio per me seguire una strada “tradizionale”, cioè una vinificazione  normalissima e l’immissione in commercio puntando sulla notevole carica aromatica. Invece c’è chi usa il legno, chi macera per mesi, chi usa l’anfora, chi segue strade naturali, chi fa un po’ di tutto e così si perde il filo del discorso.

I produttori non sentono l’importanza di un comun denominatore perché comunque, aziendalmente, il vino interessa il pubblico perché si stacca dal resto della produzione, però continuando per questa strada si rischia di smarrirsi. Forse sarò semplicistico ma il Trebbiano Spoletino è un ottimo vino se immediato, con  le sue note speziate, fruttate e  floreali, senza cercare molto altro, almeno per il momento. E invece si fanno dieci rivoli di un rivolo di vino, mah.

E veniamo al vino principe dell’Anteprima, il Sagrantino 2016. Annata indubbiamente ottima ma questo era solito nel Sagrantino risvegliare “la belva” che è in lui: la 2016 è una belva molto più addomesticata rispetto al  passato ma sempre di belva si tratta.

Fuor di metafora l’annata 2016 degustata in quasi 50 campioni (pochissimi imbottigliati e anche questo è un segnale) è certamente di alto livello e rispetto al passato si trovano tannicità concentratissime ma molto più rotonde e aggraziate. L’uso del legno è quasi sempre equilibrato e solo in pochi casi si somma a quello del vino, rendendo il prodotto asciutto e molto aggressivo. Come accennavo prima ben pochi sono i vini imbottigliati e la cosa parla da sola di un Sagrantino che andrà atteso nel tempo. Non credo che la stragrande maggioranza dei Sagrantino 2016 potrà essere godibile, come minimo,  prima del 2023-2024, con la differenza però che oltre ad una tannicità fitta ma godibile anche i nasi svilupperanno note terziarie di livello, invece di presentarsi (come in passato) solo con più o meno note di legno, sentori fruttati più o meno maturi o più o meno intensi.

Questo perchè il lavoro vero che stanno facendo i produttori di Montefalco è quello di contenere e accompagnare sempre meglio questo vitigno alla maturazione e i risultati si sono cominciati a vedere da qualche anno e si sentono bene in questo 2016, che solo 10 anni fa sarebbe stato un monolitico concentrato di legno. Invece in tanti campioni da botte o vini in affinamento si nota un bello sviluppo della parte aromatica che, come accennato, assumerà maggiore complessità nel tempo.

Prima di quel momento potrebbe convenire bere vini meno impegnativi, come i Montefalco Rosso: ammetto che all’Anteprima li ho snobbati, anche perché i vini in degustazione erano praticamente gli stessi di cui abbiamo pubblicato i risultati pochissimi mesi fa.

In conclusione: un’anteprima ben organizzata, con un servizio sommelier impeccabile, che ha permesso di fare un punto preciso su una denominazione che sta crescendo, adesso più qualitativamente che quantitativamente, invertendo un trend sbagliato che in passato aveva portato a brusche frenate commerciali.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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