Alto Adige bianchi 2019: buoni risultati in particolare per aromatici e semiaromatici5 min read

15 metri per 3! Questa era la misura del tavolone pieno zeppo di bottiglie altoatesine da degustare. Per degustarle tutte (quasi 500 etichette) ci abbiamo messo una settimana, nella quale la cantina Valle Isarco (grazie, siete stati più che gentili!)  si è praticamente messa a nostra disposizione. Un ringraziamento va anche all’associazione Vignaioli dell’Alto Adige, al Consorzio Vini Alto Adige e a IDM Alto Adige che ci hanno aiutato in questo tour del force altoatesino.

Un tour del force che ci ha presentato un quadro abbastanza variegato con  miglioramenti chiari in qualche caso ma anche con adeguamenti necessari ad andamenti stagionali sempre più imprevedibili, accentuati in parte anche dal continuo innalzamento altimetrico del vigneto.

La situazione altoatesina, dove adesso convivono diverse  anime territoriali è forse una delle più estreme e diversificate d’Italia e vale la pena parlarne prendendo in considerazione vitigno per vitigno.

In questo primo articolo parleremo di  Sauvignon, Chardonnay, Pinot Grigio, e della triade Sylvaner -Kerner -Veltliner; nel prossimo, che uscira tra due giorni, parleremo di Gewurztraminer, Pinot Bianco, Moscato giallo, Riesling, uvaggi e Muller Thurgau. Naturalmente subito dopo i bianchi dedicheremo un articolo approfondito alle schiava e del pinot nero parleremo invece  più avanti.

Sauvignon:  non male per il vino forse più difficile. Voto 8

Se dovessi pensare ad una maschera carnevalesca da abbinare al Sauvignon altoatesino sceglierei  senza dubbio Arlecchino. Questo non riferendomi certo ad una qualità variabile e di difficile “colorazione” ma alle vigne  che si trovano ad altezze molto diverse, su terreni molto diversi e in zone molto diverse. Questo porta ad un “Sauvignon Arlecchino” in quanto da una parte i tempi di maturazione variano notevolmente, dall’altra la finestra di vendemmia, specie per i vigneti più alti e sempre molto stretta: così i produttori devono fare salti mortali per conservare freschezza aromatica e dare un corpo importante senza perdere più di tanto in acidità. Inoltre  mai come negli ultimi anni i sauvignon altoatesini hanno dovuto fare i conti con bizze climatiche impensabili 15-20 anni fa.

C’è anche un altro fattore importante per provare a valutare adesso la vendemmia 2019 ed è il fatto incontrovertibile che adesso entrano in commercio i vini base, non certo le migliori produzioni. Detto questo  la vendemmia 2019 non può dirsi certo negativa. In generale, per i vini base, si è cercato di privilegiare la freschezza al corpo e quindi mediamente abbiamo dei sauvignon di buona caratura aromatica ma un po’  leggerini e con una discreta freschezza. Dal prossimo anno capiremo di che pasta sono fatte le selezioni 2018, quelle dalle zone più vocate e magari dai blend più attenti e importanti.

Chardonnay: due strade completamente diverse. Voto 6

Quanto detto sulla difficoltà di valutare l’annata 2019 per i sauvignon vale ancor di  più per gli Chardonnay, che si presentano oramai come un vitigno diviso in due: da una parte i vini d’annata, spesso semplici, monocorde, di appeal scarso anche nei confronti di altri vitigni similari tipo il pinot grigio,  dall’altra  gli chardonnay importanti, quasi sempre in legno (pure troppo!) dotati di struttura, corpo e definibili tranquillamente come “Superwhites”.  Un esempio: i primi nove vini dei nostri assaggi sono chardonnay del 2017 e 2018 e per trovare un 2019 bisogna aspettare di arrivare a punteggi molto più bassi, attorno agli 80 punti.

Tra i due vini c’è un mondo, partendo dalla concezione per arrivare al mercato finale e quindi parlare dell’annata 2019 valutando i 2019 in commercio adesso non può che portare a dare una striminzita sufficienza e a dire che sempre più lo chardonnay giovane è un vino/vitigno di relativo pregio.  Non conosciamo però l’altra metà della luna, gli chardonnay che adesso riposano in legno e saranno pronti non prima del 2021-2022. Crediamo che l’annata  abbia portato a “Chardonnay importanti”  con buone prospettive future ma occorrerà attendere per poterne avere conferma.

Pinot grigio: una vendemmia sufficiente, stop! Voto 6-

Anche se tallonato da vicino da altri vitigni più di moda (e anche più interessanti) come il gewürztraminer o il pinot bianco, il pinot grigio resta il primo vitigno altoatesino per estensione, ma non certo per qualità finale dei vini.  Questo sia che si parli dei vini giovani che di quelli con qualche anno sulle spalle. La vendemmia 2019 può essere equiparata a quella dello chardonnay, con la differenza che difficilmente tra due-tre anni troveremo ottimi pinot grigio “superwhites”  in commercio. Adesso abbiamo trovato vini corretti e ben fatti, abbastanza rotondi ma quasi senza caratterizzazione aromatica. Insomma, il mercato estero può gioire, noi un po’ meno.

Sylvaner: un buon risultato. Voto 8

Più che parlare di vendemmia in Alto Adige con il Sylvaner dovremmo restringerci alla Valle Isarco, che oramai è depositaria del vitigno e dove si trovano praticamente tutti i vigneti. L’annata 2019 ha mostrato gamme aromatica molto interessanti e ben definite, spesso con freschezza equilibrata e corpo più che sufficiente. In definitica una buona vendemmia, che però non nasconde il solito problema per questo vitigno e cioè i pochi ettari e le diversità tra un produttore e l’altro, che stentano a far riconoscere immediatamente il vitigno e a renderlo più avvicinabile dagli appassionati che frequentano sempre più la Valle Isarco.

Veltliner: sicuramente molto più definito e piacevole: voto 7.5

Anche qui pochi vini ma un risultato dove, finalmente, troviamo dei nasi ben espressi e una chiara eleganza. Detto questo non crediamo che, proprio per una sua strutturale leggerezza (almeno qui in Alto Adige)  possa divenire un vitigno molto più piantato di adesso. Aspettiamo che le vigna arrivino ad avere almeno 20-25 anni per dare giudizi definitivi, però…

Kerner: bella vendemmia e vini molto più “determinati”. Voto 8.5

Una bella vendemmia che però (e per fortuna!) rispetto al passato non ha portato a vini con notevoli diversità nelle gamme aromatiche: Il frutto è maturo e ben piantato sulla frutta bianca, mentre le note floreali non divagano verso sentori “tramineschi” ma si incentrano su fiori meno esplosivi, più fini e eleganti. Mediamente il corpo e la freschezza si mettono in bella mostra, permettendo di contemplare anche un buon invecchiamento.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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