A Dievole per parlare del presente e del futuro per il turismo in Chianti Classico4 min read

Sono due i concetti che riassumono il focus della tavola rotonda che si è tenuta martedì 6 aprile presso il resort Dievole a Castelnuovo Berardenga: Genius Loci, come consapevolezza condivisa del valore del proprio territorio, e Terroir con il trittico vitigno, uomo e comunità.

Il tema enoturismo è di cruciale interesse per le aziende, fonte di vendita diretta dei propri prodotti e di ulteriori servizi che la pandemia ha spinto in modo particolare. Basti pensare, come ha spiegato Stefano Capurso direttore generale di Dievole, che prima del 2020 i pernottamenti medi nelle strutture turistiche delle cantine erano di due giorni e oggi sono di quattro.

Ed è proprio a Dievole che è stata ospitata la tavola rotonda sul tema che ha messo in mostra l’esperienza di voci importanti del Chianti Classico, come Laura Bianchi del Castello di Monsanto, Filippo Mazzei del Castello di Fonterutoli e Marco Pallanti del Castello di Ama. A moderare un’altra voce conosciuta (vedi il suo Le Baccanti tour operator) , quella di Filippo Bartolotta, giornalista e wine expert, che ha aperto le danze segnando il primo punto a favore dell’enoturismo: “Chi visita una cantina ne diventa un ambasciatore a vita”.

Una ‘chiacchierata’ dai molteplici contenuti ed aneddoti, come la questione dei cinghiali che stanno costringendo le aziende a mortificare il territorio con recinzioni per proteggere bottiglie su bottiglie ‘bevute’ dalla pianta dagli ungulati. La chiosa finale sul tema è stata unanime: il cinghiale è buono solo in umido.

Il Chianti Classico si presta all’analisi dell’economia portata dal turismo sul territorio, ma è anche quello che ha meno margine di ‘guadagno’, nell’ipotesi ad esempio del riconoscimento come patrimonio Unesco: il Chiantishire è già conosciuto e ben organizzato. Al limite si può fare un lavoro di ottimizzazione, come portare una rete telefonica funzionale. Eppure Unesco vorrebbe dire certificazione, certificazione vuol dire cristallizzare uno status quo, ma come Filippo Mazzei ha osservato, il patrimonio del Chianti Classico è dinamico, cristallizzarlo sarebbe controproducente.

Il punto è cosa hanno fatto maturare questi ultimi 24 mesi di chiusure e accelerazioni tecnologiche? Che gli italiani hanno riscoperto l’Italia e le aziende hanno scoperto che non è vero che gli italiani spendono meno, solo in modo diverso e che oggi servono visite sartoriali, definite dai relatori ‘su misura’. Oltre alle diverse fasce di prezzo, l’enoturista vuole poter scegliere che tipo di esperienze fare in azienda, perciò è necessario capire il tipo di winelover che ogni volta bussa alla porta del produttore ed è necessario essere elastici nel costruire esperienze differenziate per captare quelle adatte a ogni tipo di turista.

Un approccio sperimentato in Spagna già alle prime battute di riapertura nel 2020,che è diventato ispirazione per il Bel paese.

Accoglienza e ascolto, doti femminili per eccellenza come ha sottolineato Laura Bianchi (femminili, non delle donne, pertanto tutti possono coltivarle). D’altronde quando si varca la porta di una cantina si entra un po’ nella “casa” di qualcuno: per le piccole medie aziende questo è presto tangibile, in quelle più strutturate meno, ma di fatto è così.

Utile anche la riflessione sulle criticità condivise: poco personale formato e… poco personale. La vice presidente della Regione Toscana e assessore all’agricoltura Stefania Saccardi, aprendo i lavori, ha espresso il suo inequivocabile punto di vista: la Toscana fa la sua parte, ma se Leggi a livello nazionale incentivano l’assistenzialismo anziché l’intraprendenza professionale…

Un tema toccato più volte anche dalle Donne del Vino che quest’anno hanno dato il via al progetto pilota di formazione D-Vino in Emilia Romagna, Piemonte e Sicilia con 500 studenti di Istituti Alberghieri e Turistici.

Il Chianti Classico gode del privilegio di essere tra due città molto frequentate da visitatori di tutto il mondo, Siena e Firenze. La zona oggi è battuta anche da grandi marchi di moda: Celine a Radda in Chianti e, (un po’ decentrato rispetto al Chianti Classico) Luis Vuitton ad Abbadia San Salvatore hanno creato due nuovi stabilimenti in queste zone allo scopo di integrare lo story telling dei loro prodotti e sedurre il compratore con una visita in azienda, come ha spiegato Filippo Giabbani delle Attività internazionali e di attrazione degli investimenti della Regione Toscana.

Ma tornando al patrimonio delle case history a disposizione mercoledì 6 aprile a Dievole, Pallanti ha raccontato il rapporto del Castello di Ama con l’arte e con le 17 installazioni oggi nel suo borgo. Arte e vino un tema che viene sempre più avanti, tra cantine museo (non è il caso del Castello di Ama, come ha ribadito Pallanti), non solo con packaging o accessori artistici (vedi Dom Perignon con la scultura firmata Lady Gaga, la vendemmia d’artista di Ornellaia, la Barriques Museum di Tenute Orestiadi, la tecnologia NFT che sta avanzando nel mondo del vino).

Tra mille spunti, l’effetto Covid19 tangibile sull’enoturismo è l’allungamento della stagione turistica, che da 2 anni parte a febbraio seppur con flussi variabili. La prospettiva di una stagione di 8/9 mesi è stata ben accolta in modo unanime dei relatori, dando la possibilità di offrire prezzi più competitivi: se a novembre molti ristoranti sono chiusi, le aziende del vino possono intercettare un flusso costante sul territorio.

Un brainstorming maturato durante il primo lockdown quello di Dievole, nato dalla consapevolezza che un coro è più efficace di una singola voce, che dal confronto nascono idee più efficaci e per prendere consapevolezza che il mondo è cambiato è questo è solo l’inizio.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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