Lo Chenin Blanc, da Cenerentola a Principessa3 min read

Mi ero già innamorato degli Chenin Blanc durante uno dei miei frequenti viaggi in Francia, ma mai e poi mai mi sarei aspettato di provare la stessa attrazione verso quelli prodotti in Sud Africa. Una attrazione fondata sull’assunto che gli opposti si attraggono. Difatti, mentre lo chenin blanc è resistente e versatile, il sottoscritto non sa fare quasi nulla e si affanna dopo solo 100 metri di corsa.  Originario della Valle della Loira in Francia, specificamente della regione di Anjou, lo Chenin Blanc ha una documentata storia che risale all’anno 845. Il nome deriva probabilmente dal Mont-Chenin nella regione di Touraine. Nel XVI secolo, il vitigno fu portato in Sudafrica dove è conosciuto localmente come “Steen” e oggi rappresenta il vitigno bianco più piantato del paese.

Vitigno vigoroso con germogliamento precoce, perciò suscettibile alle gelate primaverili, si adatta a diversi terroir e tecniche di vinificazione. È in grado di produrre molto se non contenuto, e ha in dote un’acidità naturale elevata, fondamentale per la sua longevità e versatilità stilistica.

Dalla vinificazione dello chenin blanc si possono ricavare vini secchi con profumi di mela verde, ginger e lime, demi-sec con aromi di pesca, albicocca, miele, zenzero, dolci e passiti che profumano di miele, frutta tropicale, frutta secca, zafferano, zenzero candito e anche spumanti con le classiche note di pan brioche, mela, pera, e agrumi. L’invecchiamento poi gli apporta un’ulteriore gamma di profumi e sentori. Lo chenin blanc è uno dei vitigni bianchi con maggiore potenziale d’invecchiamento grazie alla sua acidità naturalmente elevata: I grandi Vouvray e Savennières possono invecchiare 30+ anni e I vini dolci possono migliorare per 50+ anni. Anche i Chenin sudafricani di qualità mostrano buon potenziale (15-20 anni)

In Francia lo troviamo nella Valle della Loira, la zona che offre la maggiore diversità stilistica, da secchi minerali a dolci botritizzati. Le AOC principali sono Vouvray, Savennières, Anjou, Coteaux du Layon, Quarts de Chaume, Bonnezeaux, Montlouis-sur-Loire.

Le zone di maggior pregio in Sud Africa sono quelle di Western Cape: Stellenbosch, Paarl, Swartland. Superfici minori le troviamo anche in altri paesi: Stati Uniti: California (Clarksburg, Santa Barbara), Washington. Australia: Margaret River, Adelaide Hills. Nuova Zelanda: Gisborne, Marlborough e qualcosa anche in Argentina.

In Francia, dove cresce principalmente su suoli calcarei, gli chenin blanc hanno una acidità più alta rispetto ad altre regioni, e spesso i vini prodotti da giovani risultano taglienti, In Sud Africa il vitigno cresce su suoli granitici decomposti e viene spesso interpretato e proposto in uno stile più fruttato e accessibile, con intensità aromatica maggiore.

C’è questo Sudafricano 21 Gables Chenin Blanc di Spier Wine Farm che mi è piaciuto parecchio, costa poco e si trova facilmente. È prodotto da Spier Wine Farm, una delle tenute vinicole più antiche del Sudafrica, fondata nel 1692, situata nella regione di Stellenbosch. Il nome “21 Gables” fa riferimento ai 21 frontoni in stile Cape Dutch che si trovano nella tenuta storica di Spier, rappresentando l’architettura tradizionale e il patrimonio culturale della regione. Prodotto con uve provenienti da vigneti vecchi (generalmente tra 30 e 40 anni) coltivati principalmente nella zona di Stellenbosch e talvolta con uve dalla regione di Darling. Viene vinificato con parziale fermentazione in barriques di rovere francese, (30-40% legno nuovo) affinato sui lieviti (sur lie) per circa 14 mesi con batonnage regolare. Ed ora le note di degustazione per chi non avesse voglia di provarlo di persona. Magnifico giallo paglierino intenso con riflessi dorati ha un naso complesso, con note di frutta tropicale matura (ananas, pesca), miele, vaniglia, tostatura leggera, cera d’api. In bocca è secco, ben strutturato e con una certa cremosità, ha acidità vivace ben integrata, ed ha giusta persistenza.  Su Tannico lo trovate a 36 euro e su Capreo a 24.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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