Bere bene in Borgogna spendendo poco è possibile: Maranges!11 min read

L’ultima appellation della Côte-d’Or , prima di entrare nella Côte-Chalonnaise, è quella di Maranges (una versione locale o una corruzione del termine borgognone “murgers”/ pietre estratte dal terreno?),  meta della grande kermesse annuale dei viticultori borgognoni del 2026, la Saint Vincent Tournante.

Lo è anche in ordine di nascita, in quanto i tre comuni che vi sono compresi (Cheilly-lès-Maranges, Dezize-lès-Maranges e Sampigny-lès-Maranges), fino al decreto costitutivo del 23 maggio 1989, rientravano ancora nella denominazione passepartout di Côte de Beaune-Villages.

Le differenze con Santenay

Quasi attaccata alla vicina Santenay, ne differisce tuttavia sostanzialmente. Innanzitutto, perché, pur facendo legittimamente parte della Côte d’Or vitivinicola, di cui condivide l’origine e la natura geologica, dal punto di vista amministrativo è fuori del Departement   con lo stesso nome, essendo interamente situata nel Departement de Saône-et-Loire , nel quale, dell’AOC Santenay, era solo una piccola parte ( i poco meno di 13 ettari  situati nel comune di Remigny) a esservi compresa. La seconda differenza di rilievo è che, geologicamente a Maranges  finisce l’eredità giurassica per assumere un carattere assai più misto, includente aree risalenti al Liassico e al più antico Triassico. Una terza differenza è costituita dalla faglia che passa per il centro di Dezize, rompendo l’uniformità rettilinea del blocco morfologico della Côte de Beaune. Le altitudini sono importanti (les Hautes-Côtes sono immediatamente alle spalle) e le orientazioni volgono ormai decisamente verso sud.

Cheilly, il più grande e popoloso (si fa per dire) dei tre, Dezize e Sampigny sono tre villaggetti che insieme non raggiungono le 900 anime: molto caratteristici e panoramici (specie il secondo), ma con ben poco altro da offrire al visitatore. I loro territori non sono mai stati al centro dell’attenzione degli autori classici  che hanno   fissato, con le loro classificazioni, il prestigio delle vigne della Côte d’Or.

200 ettari di vigne, dedicati soprattutto ai vini rossi

Con i suoi poco meno di 200 ettari in produzione (di cui quasi il 43% a premier cru), il vigneto di Maranges è  quasi per intero dedicato alla produzione di  vini rossi (gli ettari dei bianchi sono appena 19,11): tra i secoli XIX e XX,  si trovava principalmente gamay e aligoté, poi, nel corso degli anni sono stati gradualmente sostituiti dal pinot nero e dallo chardonnay.

La St. Vincent Tournante del 1979 e più recentemente la mobilitazione per il riconoscimento dei climat della Borgogna come Patrimonio mondiale UNESCO, hanno contribuito a dare una svolta ad una realtà rimasta fino ad allora ai margini, e anche la qualità dei vini si è corrispondentemente innalzata. Fortunatamente non ha ancora fatto del tutto  seguito il livello dei prezzi, ed è questa una delle ragioni di quest’articolo, volto a individuare la Borgogna ancora accessibile.

Sette Premier cru non sono certo pochi

I 7 Premier cru dell’appellation sono tutti concentrati nell’area nord-est confinante con Santenay:  i due più estesi sono La Fussière (41.86 ha.) e il Clos Roussots (28.19 ha.). Entrambi non sono completamente compresi nel territorio di un solo comune, ma parzialmente condivisi. La parte maggiore del primo, infatti, si trova nel territorio di Dezize e la restante in quello della confinante Cheilly.  Il settore est del Clos Roussots è compreso anch’esso nel territorio del comune di Cheilly, confinando con   il Clos omonimo di Santenay, in diretta continuità con il lieu-dit del  Petit Clos Roussots, mentre quello  sud-occidentale fa parte della vicina Sampigny.

Comprensibilmente (specie il primo) sono i due climats col maggior numero di produttori. Le cuvées provenienti da essi sono, com’è ovvio, pressoché totalmente rosse, ma alcuni produttori, come il Domaine Bertrand Bachelet, che possiede poco meno di tre ettari ne La Fussière, il Domaine Charleux , il Domaine Chevrot, entrambi proprietari di parcelle superiori a un ettaro, vi tentano anche un vino bianco, sfruttando alcuni filari di chardonnay poggianti  su  suoli misti di marne e calcari à encrines. I rossi de La Fuissière esprimono al meglio quella che è la caratteristica dei pinot di Maranges: vini più colorati, dai profumi molto accattivanti di frutti rossi, che nell’arco di pochi anni, volgono verso le spezie scure e il cuoio, dai tannini saldi, per smorzare i quali occorrono alcuni anni.

Maranges: a chi somigliano tra i rossi borgognoni?

Un po’ somiglianti ai rossi di Nuits-St. Georges, o, per alcuni, della più vicina Pommard, ma senza la loro profondità e finezza. I pochi bianchi di questo territorio hanno poco da spartire con quelli della vicina Chassagne  e con i migliori di Santenay, ma quando sono ben fatti sono generalmente abbastanza piacevoli, con profumi di fiori bianchi , toni leggermente mielati, sostenuti da una buona acidità e una discreta resistenza. I suoli, molto argillosi e profondi anche se poggianti su un cospicuo zoccolo calcareo e marne ricche di fossili del Liassico, non permettono lo sviluppo di una particolare finezza, ma vini di una discreta espressività, molto adatti ad accompagnare la saporita cucina locale.

Leggermente più in basso rispetto al suo vicino, con i suoi 253-293 m. di altitudine (il punto più alto de La Fuissière giunge quasi a toccare i 400 m.)e anch’esso esposto a sud, come in generale nel Maranges, il Clos Roussots ha nella sua parte più alta un suolo molto calcareo, ricoperto da uno strato poco profondo di argille e dà vini piuttosto tannici. La parte più bassa invece , caratterizzata da un suolo più marnoso, consente di recuperare una maggiore finezza. Sono diversi i Domaines che ne producono versioni parcellari: oltre a quelli già citati, il Domaine des Rouges Queues, che propone anche un’apprezzata versione in rosso dell’altro climat.

I vini più interessanti di Maranges

I vini più interessanti di Maranges vengono però forse da due piccoli Clos, il primo dei quali, il Clos de Fuissière (solo 0.86 ha.), è di fatto compreso nel climat omonimo, ma ne viene distinto non solo perché si tratta di un monopole del Domaine Monnot, ma per la diversità del suo suolo rispetto a quello del climat più grande. Si distingue infatti per la maggiore ricchezza di scheletro, caratteristica che lo accomuna all’altro, il Clos de la Boutière. Anch’esso di dimensioni assai più limitate di quelle dei due climat maggiori (2.86 ha.), è compreso interamente nel territorio comunale di Cheilly, ed è in pratica la striscia di terreno che separa il Clos Roussots dell’AOC Maranges dal Petit Clos Roussots di Santenay. Il suolo si distingue da quello dei vicini per le argille assai più chiare e l’abbondanza di ciottoli che lo rendono più calcareo. Due soltanto sono i proprietari (all’incirca metà ognuno): il Domaine Edmond Monnot e il Domaine Bachelet-Monnot, che ne propone probabilmente la versione migliore, paragonabile a un Santenay Premier cru.  

I restanti tre Premier cru sono  il Clos Moines, il Clos des Loyères e il Clos des Rois.Il primo, il più piccolo (appena 1 ettaro), è quello situato più a ovest: si trova interamente nel territorio di Dezize, in corrispondenza con la Montagne des Trois Croix. Il vino che vi si produce ha una minore densità di quello degli altri due climat, ma è il più fine e sensuale di quel territorio.Tra quanti ne propongono versioni parcellari spicca quello del Domaine Chevrot, tra i  più rappresentativi di Maranges, di cui produce numerose cuvées parcellari. Più estesi gli altri due climats: il Clos des Loyères, il più grande dei due con i suoi 11.48 ha., è un sito abbastanza freddo, che dà vini piacevolmente fruttati, spesso abbastanza rustici per la ruvidezza dei tannini, ma talvolta più aggraziati, come la versione di Yves Girardin, dello Château des Charrières. Quanto al Clos des Rois, situato più a est, nella parte confinante con Cheilly, sono almeno una decina i produttori locali che ne propongono versioni parcellari, oltre ad alcune Maison di négoce.

Ma ci sono anche i Villages

E i Villages? L’AOC comprende una trentina di lieu-dit diversi, distribuiti tutti intorno alla fascia dei Premier cru. Il maggior numero è compreso nel territorio comunale di Cheilly, nel settore orientale della denominazione.  Di questi i più conosciuti e più frequentemente rivendicati in versioni parcellari sono Le Goty, Aux Artaux ,  En Buliet e Sur la Chêne:  i suoli, di formazione geologica più recente, ricchi di ghiaie, danno vini meno tannici e accessibili da giovani, dall’ottimo rapporto qualità/prezzo. Anche qualche bianco (En Buliet).

La fascia intermedia, nel comune di Sampigny, comprende le aree più basse del Clos des Loyères e del Clos des Rois, non comprese nei Premier cru di cui portano il nome, e da Les Plantes, a ridosso del torrente Cozanne e della D 974.  Il Domaine Fiona Leroy e la Maison A & S propongono selezioni parcellari del primo, mentre del secondo e del terzo, entrambe provenienti da vigne molto vecchie, vicine o superiori al secolo,  segnalo le cuvée  del Domaine de la Cassiopée.

Meno conosciuti, infine, sono i lieu-dit di Dezize, tutti situati nell’area sud-occidentale della denominazione, tra Borgy e Paris l’Hôpital, una specie di anfiteatro naturale poggiante su suoli assai antichi del Triassico, dalle pendenze assai severe verso est. I vini sono piuttosto rustici e ruvidi, ma diventano più interessanti nei millesimi più maturi. Le versioni parcellari non sono numerose: de La Vigne Blanche propone una discreta versione il Domaine des Rouges Queues, mentre del lieu-dit Le Saugeot è possibile reperire cuvée parcellari dei già citati Domaine Edmond Monnot e Domaine de la Cassiopée.

Ed eccoci ai produttori

I vignerons che producono vini di questa denominazione sono più numerosi di quello che si potrebbe sospettare: almeno una settantina, di cui una decina di Maison de négoce, ma quelli che hanno le loro cantine nei tre comuni del territorio sono assai meno (15 all’incirca). Limitandomi a questo gruppo più ristretto, anche se vi sono eccellenti selezioni anche di vignerons dei comuni limitrofi, tra i più raccomandabili anche per la loro rappresentatività, sono i Domaine Chevrot, des  Rouges Queues, Bertrand Bachelet, Bachelet- Monnot, Edmond Monnot. Per concludere una menzione speciale per una vigneronne ritornata alcuni anni fa a Cheilly per occuparsi delle vigne familiari (9 ettari per la maggior parte di pinot nero), dopo una lunga permanenza nella Côte de Nuits presso il Domaine Anne Gros: Elodie Roy. I suoi vini mi avevano colpito a Beaune, in occasione di una degustazione dei vini di vigneronnes borgognone, pur tra grandi nomi di territori assai più prestigiosi. Oltre ad alcune cuvée regionali (un Hautes-Côtes rosso e un bianco e un aligoté) e a un eccellente Santenay Les Gravières, Elodie produce tre Maranges Villages, tutti da lieu-dit di Cheilly: un ottimo rosso di non comune finezza in questo territorio, da Le Goty e un altro da un lieu-dit più periferico, a quanto mi risulta, non rivendicato da altri, la Rue des Pierres, e un corposo bianco da En Buliet. La versione del 2022 di quest’ultimo ha  aroma sottilmente fruttato e floreale, al gusto è  pieno e di buona sapidità, con una nuance leggermente mielata in chiusura, il migliore e il più equilibrato dei suoi chardonnay. Quanto al Rue des Pierres 2022, deve il suo nome non alla natura particolarmente calcarea del suo suolo, ma al fatto che vi si intravede un’antica strada in pietra. Colpisce per la sua rustica golosità: al naso mirtilli, more, ciliegie scure, note di amaretto, sembra quasi evocare, sia pure in una versione più semplice, la Côte de Nuits, sul palato una sobria essenzialità, che non fa rimpiangere il suo costo.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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