Nell’accingermi a scrivere l’articolo sugli assaggi del Soave mi è venuto da pensare alla vecchia barzelletta delle due notizie, una buona e una cattiva.
In realtà la degustazione dei Soave e dei Soave Classico aveva al centro l’annata 2023, non certo tra le migliori del secolo ma, come oramai da diversi anni, presentava anche vini di annate precedenti.
Quindi da una parte abbiamo la cattiva notizia che l’annata 2023 non passerà alla storia, dall’altra che il Soave sta cambiando, in meglio, il suo posizionamento sul mercato grazie all’allungamento delle possibilità di invecchiamento che ormai hanno portato un bel numero di aziende a proporre vini anche di cinque annate precedenti.

Ma partiamo dalla 2023 che non solo a Soave ma in diverse parti del nord-est non è stata certo baciata dalla fortuna: a parte le solite grandinate in alcune zone si sono avute piogge e temperature alte, con conseguenti problemi di perfetta maturazione accompagnati ad abbassamento dell’ acidità e quindi della serbevolezza dei vini. A Soave il problema non è stato così grave ma ha portato comunque a vini un po’ leggeri, certo piacevoli mas senza quella concretezza a cui ci avevano abituato vendemmie precedenti. I vignaioli hanno indubbiamente lavorato bene ma non avendo un tetto sopra la testa le vendemmie non possono essere uguali. I profumi per adesso giocano su tonalità abbastanza semplici, con gamme che vanno più sul fruttato: credo però che si tratti di un momento e che tra qualche mese la garganega riconquisti le sue aromaticità classiche, magari meno intense ma sicuramente più complesse.
Dico questo perché da quest’anno prestiamo molta più attenzione ai sistemi di tappatura e abbiamo visto che la stragrande maggioranza dei 2023 adotta quelli in microgranuli di sughero, che “chiudono” più di un sughero naturale e di uno a vite e quindi necessitano di maggiori attenzioni con la solforosa all’imbottigliamento, pena “tarpare” alcune gamme aromatiche per diversi mesi. Ecco perché sono convinto che tra 3-4 mesi i nasi dei 2023 saranno migliori.

Ma se i vini d’annata sono la “notizia cattiva” quelli delle annate precedenti sono quella buona e dimostrano come stia crescendo si la garganega sia la consapevolezza dei produttori sulle sue possibilità di invecchiamento, che porta sul mercato sempre più Soave e Soave Classico con lunghe vite davanti a loro. Non per niente dei quattro Vini Top tre sono di annate precedenti alla 23 e uno di questi (veramente un vino eccezionale!) addirittura del 2019.
Una bella fetta dei Soave e Soave Classico dimostrano anche come l’utilizzo del legno per l’invecchiamento non solo sia inutile ma addirittura controproducente: per fortuna sono pochi quelli che seguono la “barrique-street”, segno che sta diventando una scelta oramai di retroguardia. Infatti la garganega con qualche anno sulle spalle libera quasi sempre la sua naturale sapidità, che cozza con il legno e porta spesso a squilibri quasi irreversibili.
In definitiva il nostro punto annuale sul Soave e sul Soave Classico ci presenta una denominazione che punta a far comprendere con sempre maggiore chiarezza come tanti bianchi italiani non siano fatti per essere bevuti nei primi 6-7 mesi di vita ma possono dare grandi soddisfazioni negli anni.