Una foto, anzi molte, per il Prosecco DOCG7 min read

Il futuro è complicato. Quest’anno in collina mancherà il 20% di prodotto”.

Le parole sono quelle di Miro Graziotin, storica voce fuori dal coro dalla terre del Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG. Le cause? Si chiamano siccità e flavescenza dorata.

Facciamo un passo indietro, perché per far rizzare le antenne su cosa sta accadendo sulle colline del Prosecco DOCG e del Cartizze ci è voluta una mostra fotografica che narrasse queste zone senza troppe autocelebrazioni. Stiamo parlando di A disegnar le vigne che espone 50 scatti del fotografo marchigiano Lorenzo Cicconi Massi per raccontare un anno di “ritmi, pensieri ed emozioni nelle vigne del Valdobbiadene”. Le vigne sono quelle dell’azienda Le Colture, rappresentata per l’occasione da Veronica Ruggeri che ha voluto e seguito il progetto passo dopo passo.

Acini di vino immortalati in controluce che sembrano embrioni, un violino immaginario imbracciato in vigna da un’anziana contadina, la foglia di vite in testa a Vittorio, figlio di Veronica, a simboleggiare la vigna, il vino come pensiero costante. E ancora il rito dell’aperitivo all’ombra di Treviso e filari che diventano pentagrammi. Rigorosamente in bianco e nero per valorizzare le forme e renderle senza tempo ha spiegato Cicconi.

Un progetto esposto prima alla galleria Still di Milano di Denis Curti, fondatore dell’omonima scuola, direttore della Casa dei tre Oci a Venezia e curatore del catalogo della mostra, allestita fino al 7 ottobre 2022 all’Ex Opificio_Villa dei Cedri di Valdobbiadene, destinata a muoversi per altri lidi in seguito.

Pur essendo un’iniziativa aziendale della famiglia Ruggeri-Le Colture, sia le istituzioni locali che la presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG, Elvira Bortolomiol, ne hanno sottolineato il valore: “La cultura che affianca l’agricoltura eleva il settore. È auspicabile che iniziative come queste non rimangono isolate, si moltiplichino per valorizzare la denominazione che passa anche dal impegno e dalla responsabilità della comunità”.

Trascorso il momento patinato della serata, il giorno dopo nella sede della Pro loco di Santo Stefano di Valdobbiadene ci siamo soffermati in una lunga chiacchierata con Graziotin, parlando di cose del presente e del passato: “Prima del ponte sul Piave del 1872, qui la comunità era chiusa, raggiungibile solo in barca […] Un tempo si contava una casa, una stalla. Oggi una casa, una cantina”.

E la narrazione è continuata descrivendo lo sviluppo di questi luoghi, dove era inevitabile imparare a coltivare ogni fazzoletto di terra, perché questo offriva il territorio ed era l’unico modo per garantirsi sostentamento: “Santo Stefano in particolare è un incrocio magico tra Venezia, di cui si vede la laguna nelle belle giornate e le Dolomiti che la proteggono in modo materno dagli sbalzi di temperatura. Una zona ricca economicamente ma povera di abitanti: solo 400, 300 in meno in pochi decenni.”

Miro Graziotin

 Poi Miro è tornato al passato e ci ha presentato una breve ma sentita storia del Prosecco DOCG

“Nel 1709 ondate di freddo investirono l’Europa e la laguna di Venezia gelò. Olivi e viti morirono, ma quest’ultime, essendo piante più fruttifere, si ripresero, modificando la gerarchia agricola ed economica del territorio. Poi l’arrivo della fillossera nel 1835 che flagellò le viti qui come in tutta Europa. Ma di nuovo vite dopo vite grazie a persone come Gigetta Ruggeri , morta per sbaglio, ha sottolineato Miro, nel 2020 a 107 anni.”

La nipote Veronica a quel punto ha precisato “Era abituata ad avere tante persone intorno. Il Covid19, la pandemia e l’isolamento l’hanno fatta morire”.

Veronica Ruggeri

Altre due date sono importanti per chiudere il cerchio di questo bignami della storia del Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG: la nascita della Scuola Enologica di Conegliano nel 1872, la fondazione della Confraternita del Prosecco nel 1946.

“È appena finita la guerra e 4 ragazzi di buona famiglia (Umberto Bortolotti, Doretto Brunoro, Giuliano Bortolomiol e Mario Geronazzo n.d.r.) della Scuola, si chiedono cosa fare per aiutare le loro terre e l’economia locale. Prende piede quella che potremmo chiamare una sorta di mezzadria che vede i cittadini di giorno lavorare in banca, in ospedale, in varie attività locali, mentre il pomeriggio o il sabato e la domenica nei campi e negli allevamenti.”

Una storia forse comune a molte zone d’Italia, che a volte accantoniamo concedendoci solo la retorica del vino, quella che danneggia il vino stesso ha detto Graziotin, tra falsi storici e visite Vip fini a se stesse. L’alternanza fabbrica-campagna segue l’economia da sempre, e se anche la pandemia ha spinto un movimento verso la terra, la realtà è che non c’è chi lavora quella terra.

Per il Cartizze la cosa si complica ulteriormente: “Circa 30 milioni di viti qui entrano in contatto con le mani dell’uomo almeno due volte l’anno”. E le mani sapienti dei padri settantenni stanno scomparendo.”

Cartizze. Le colline.

Il punto è che oltre ad avere la capacità, la voglia, le dedizione di saper trattare le viti su queste ripide colline, i filari sono un continuum tra i vari produttori, conferitori, proprietari (circa 150 per 109 ettari), legando a doppio filo il destino di questa denominazione. Siccità e flavescenza hanno lasciato posto a molte fallanze: i numeri dicono che questa difficile vendemmia conta il 20% di uva in meno da questi colli.

E ultimo ma non ultimo, le rese da disciplinare: “Le rese per ettaro sono state definite dal disciplinare nel 1969 – prosegue Graziotin – Tali rese sono calcolate su una base cartografica senza tenere conto della verticalità delle vigne”.

Le soluzioni non sono immediate né semplici: come riportare i contadini sui colli, in campagna? La terra è bassa non è un modo di dire e Graziotin ha ragione, la retorica non serve a nessuno. Nemmeno al marketing ormai.

Parlavo con un assessore qualche giorno fa che rifletteva come la retorica mediatica nei fatti di cronaca (nulla a che fare con l’agricoltura ma ci siamo capiti) allontana le persone, e come il sensazionalismo crea disinteresse. Da dentro è difficile valutare quanto questi aspetti tocchino il mondo del vino. Di sicuro cambiamento climatico, siccità e varianti patogene sono una roulette russa per ogni produttore di vino e per ogni coltivazione agricola nel mondo. Qualcuno ha proposte concrete per riportare giovani mani appassionate in questi settori?

Per chiudere non solo con un interrogativo vi informo che il Prosecco DOCG evolve: per esempio abbiamo assaggiato de Le Colture, il Valdobbiadene DOCG Rive di Santo Stefano Extra Brut, Gerardo del 2017, 2019, 2021.

I ristoratori non lo vogliono se non di annata, ma noi qualche bottiglia l’abbiamo portata a casa: nel 2019 si ritrovano frutta e fiori gialli, mineralità, timo e chiusura mandorlata, oltre che una bollicina energica e soffice. Il 2017 aggiunge fiori gialli secchi, ananas e maggiorana.

Il Cartizze Valdobbiadene DOCG Superiore di Cartizze Dry 2020 conferma il potenziale. La morbidezza dei 23 grammi di residuo zuccherino al litro plasma la bevuta, ma quei 12 mesi (in più) rispetto al 2021donano sfumature più decise sottraendo la parte agrumata in favore di pera, biancospino e giglio.

A casa non l’ho bevuto con un dessert come spesso capita veder proporre, bensì con uno spaghetto cacio e pepe. Bottiglia finita in un giro di valzer di… calici, spaghetto orgogliosamente bissato. Il 2020 non è in commercio perciò se volete sperimentare, utile avere una cantina e un po’ di pazienza.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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