Il creatore di Poggio di Sotto, una delle più famose cantine di Montalcino non è più fra noi. Piero Palmucci era ormai da anni fuori dal mondo del vino, dopo aver ceduto la sua creatura nel 2011 ed essersi ritirato in un meritato riposo a Castiglione della Pescaia.
Spero che negli ultimi istanti abbia avuto il conforto dei figli e dei nipoti.
La storia di Piero Palmucci è una di quelle che devono essere raccontate. Nato a Grosseto, aveva cominciato sin da giovane a girare il mondo con l’intraprendenza che sempre faceva coppia con un ‘altra sua caratteristica, non risparmiarsi mai.
Questo l’aveva portato a creare un florido commercio in Svezia legato agli scambi mercantili. Il grande passo lo fece non a venti o a trent’anni, ma a cinquantotto, quando molti vanno in pensione.
Lui invece inventò Poggio di Sotto.
L’inventò facendo prima l’operaio agricolo (certe volte con due turni lavorativi al giorno) presso il Bianchini di Ciacci Piccolomini d’Aragona per imparare il mestiere e poi acquisendo, soprattutto dallo stesso Bianchini, parcelle di vigneto con caratteristiche e altimetrie diverse, che avrebbero portato a quell’ Unicum enoico che è stato Poggio di Sotto.
Di solito per creare un grande vino e farlo conoscere ci vogliono, nella migliore delle ipotesi, decine e decine d’anni. Pierò Palmucci ha creato e portato ai massimi livelli qualitativi Poggio di Sotto in poco più di 10 anni. Lo ha fatto non risparmiandosi mai in vigna ( con l‘aiuto tecnico del professor Brancadoro) e soprattutto appoggiandosi in cantina alla persona che lui addirittura idolatrava: Giulio Gambelli. “Per me Giulio è come Einstein!” è una frase che lui ripeteva spesso e in cui soprattutto credeva.
Piero era un lavoratore instancabile: anche a settant’anni chiedeva il massimo a se stesso e alle persone che gli stavano attorno e per questo era considerato un personaggio difficile, ma era solo un uomo che non solo amava i suoi sogni ma li realizzava.
La prima annata commercializzata ufficialmente di Poggio di Sotto è stata la 1993 (in realtà la prima imbottigliata e stata la 1991) e già 10-15 anni dopo i suoi vini erano contesi dagli amanti del Brunello di Montalcino a cifre che quasi tutti gli altri produttori si sognavano la notte.
L’ho conosciuto bene nella parte finale della sua vita e ho potuto apprezzare la sua grinta immutata e anche una vena di profonda tristezza che cercava di nascondere, prima di tutto a se stesso.
Ciao Piero, forse la tua anima sarà in quella casa diroccata sulle colline di Montalcino, dove anni fa mi portasti e dove, bambino, eri stato sfollato durante la Seconda Guerra Mondiale. Lì iniziasti ad amare Montalcino e non hai più smesso di farlo.
Che la terra ti sia lieve
Foto di Acquabona e di Lido Vannucchi, che ringraziamo.