Eccovi la seconda puntata sulla nascita degli aromi nel vino scritta dalla nostra Madame X. La prima potrete trovarla qui. Non preoccupatevi se incontrerete qualche termine ostico a chi, come me, vede la chimica come il fumo negli occhi. Poche parole dopo il problema sarà risolto.
La prima famiglia di composti aromatici varietali che, come dicono nei testi seri, andremo ad analizzare in questa seconda puntata è nientepopòdimenoche quella dei norisoprenoidi, composti da ben 13 atomi di carbonio e derivanti dalla degradazione ossidativa dei carotenoidi.
Quest’ ultimi sono dei precursori aromatici essenzialmente localizzati nella buccia: tendono a diminuire durante la maturazione dell’uva e a dar origine a vari composti, tra i quali appunto i norisoprenoidi. Tale processo è favorito dalla luce, da una buona sfogliatura e dalla densità d’impianto.
I C13 norisoprenoidi sono a loro volta dei precursori aromatici non volatili che subiscono “riarrangiamenti” chimici nell’ambiente acido del vino e possono produrre composti notevolmente odorosi, come il beta ionone (note di violetta), beta damascenone (frutta tropicale) e TDN ( petrolio, kerosene), per citare i più importanti.
Il TDN (trimetildiidronaftalene) e’ tipico del Riesling invecchiato, quindi se doveste sentire note di petrolio in un alsaziano giovane significa che ha fatto sosta all’Agip visto che, come detto, i norisoprenoidi liberano il loro potenziale aromatico solo nel tempo. (Comunque di questi tempi costa meno un riesling alsaziano di un litro super. n.d.r.).
Un’altra celebre famiglia odorosa e’ quella delle metossipirazine, composti eterociclici azotati (un composto eterociclico è una molecola ciclica nella quale uno o più atomi dell’anello sono eteroatomi, cioè atomi diversi dal carbonio, tipo azoto o ossigeno) con deciso sentore olfattivo di verdure di vario genere, quali peperone verde, fagiolini cotti, asparago, patata cotta e la famosa foglia di pomodoro tanto cara agli amici degustatori quanto introvabile nei supermercati.
Si trovano in varietà quali Sauvignon Blanc, Carmenere, Merlot, Cabernet Sauvignon e Franc in quantità variabili a seconda del vitigno, delle zone e delle pratiche agronomiche. La luce favorisce la sintesi nelle bacche immature e ne provoca la degradazione in quelle mature, così come le elevate temperature ne riducono il tenore. Sono aromi ben gestibili in campagna e ciò è una fortuna considerano che le pirazine si mantengono nel passaggio uva- vino e pure nel mezzo liquido sono molto stabili.
Abbiamo accennato all’aroma di asparago presente nel Sauvignon Blanc, il quale per fortuna ha un patrimonio aromatico che include anche alcuni mercaptani, che regalano profumo di pompelmo, ribes nero, passiflora, ortica e guava.
Stiamo parlando del 4-mercapto-4-metil-pentan-2-one, del 3-mercatoesanolo e del 3-mercapto-esanol-acetato: sono fondamentali per questo vitigno e si trovano in concentrazioni superiori di 50 volte alla soglia olfattiva. Nell’uva ce ne sono in minore quantità che nel vino e vengono liberati nel corso della fermentazione, vediamo come.
I composti solforati caratteristici del Sauvignon Blanc sono presenti nel mosto sotto forma legata come tioesteri della cisteina e vengono in parte liberati durante la fermentazione con formazione di mercaptani liberi; la scelta del giusto ceppo di lievito può notevolmente influenzare l’aroma del vino.
L’ossigeno ossida facilmente tali composti e da qui l’abitudine a vinificare quest’uva in riduzione, spesso accompagnata da una macerazione per estrarre i precursori aromatici localizzati nella buccia. Tali composti partecipano anche all’aroma del Traminer e del Riesling Alsaziano.
Questo articolo e il precedente,vista la vastità della materia, vogliono essere solo un’ introduzione al profumato mondo dei profumi. La capacità olfattiva è sia una questione genetica sia una questione di allenamento quindi annusate gente, annusate.