In giro per cocktail e mixology tra Firenze, Verona e il Cilento6 min read

Ora che è tanto caldo proviamo a rinfrescarci con cocktail gustati quando era tanto freddo. Grazie alla complicità di Gabriele Frongia ci siamo divertiti ad azzardare anche assonanze tra palato, genere ed età di questa prima metà del 2019. Gabriele, in carica come F&B manager al Plaza Hotel Lucchesi di Firenze, è stato la mente creativa di Ego Circus, l’evento itinerante fiorentino che attraverso la mixology ha intessuto nei mesi del freddo inverno toscano un fil rouge tra i bar più quotati della città (vincente la formula, ottima qualità del bere).

Insomma chi beve cosa nel 2019? Tra i giovani, target tanto ambito per il futuro del mercato (chissà perchè ci si ricorda del giovani italiani solo quando sono potenziali clienti), si registra una preferenza maschile per Moscow Mule e una femminile per Spritz e Hugo. I  più grandicelli prediligono invece Gin Tonic, Negroni e Americano, mentre le signore si accodano al Gin Tonic e aggiungono una bollicina ‘in purezza’. E gli stranieri? Loro scelgono prodotti del territorio che vanno dai gin italiani a Negroni e Spritz.

Detto questo, non possiamo non constatare che il mondo del vino da qualche tempo si sta facendo sedurre dalla sirena della mixology. Tra le sperimentarici 2019, le Donne del Vino della Campania, che durante l’ultima edizione del Vinitaly hanno messo in piedi “Mixology, insoliti sorsi di Campania”, una sorta di test di gradimento sul fenomeno, con l’intenzione di promuovere il territorio in modo diverso.

Un esempio lo troviamo nel Jommellino Aversano: spumante firmato Salvatore Martusciello, con succo di mela, e accompagmento di mozzarella di bufala campana avvolta in una fetta di prosciutto: una sorta di ‘mangia e bevi’ fresco, delicato perfetto per i languori all’ora dell’aperitivo.

Anche se quello che ci ha più emozionato è stato il Singapore Sing Flegreo: gin, angostura, Elixir Amaris by Carputo (vino liquoroso macerato su foglie di amarene). Anima dolce, profumo delicato, sapore equilibrato: divertente la chiusura con la ciliegina candita (ma ndo’ vai se la ciliegina non ce l’hai).

Da una chiusura ad un’apertura (di mercato) Di recente mi è capitato di sentir dichiarare dal responsabile commerciale di un’azienda della provincia senese l’intenzione di trovare un mercato per i propri vini anzichè produrre vini per il mercato. Parole sante, tenendo conto delle ansie suscitate da realtà eterogenee dove le big country dettano legge attraverso il grande potere d’acquisto. È fuori di dubbio che i conti debbano tornare, ma quanto può durare un legame basato sul generico e passeggero?

Se e quanto durerà la wine-mixology, non ci è dato saperlo, ma siamo favorevoli all’educazione al bere bene anzichè all’adeguamento a un mercato volubile. Ma io, produttore, che ho sudato ‘sette camice’ per prendermi cura di ogni singola vite, che prima di mia madre in rubrica ho il nome del mio enologo, voglio davvero vedere il mio vino come uno degli ingredienti di un prodotto miscelato?

Me lo immagino un po’ come quando tuo figlio canta da solista la canzoncina di Natale a casa davanti alla family, anzichè nel coro della scuola. Nel primo caso tutte le attenzioni sono per lui. Alla recita scolastica se non allunghi fiero un braccio per indicarlo è uno dei tanti, forse il più intonato, ma uno dei tanti (per inciso, non amo le canzoncine di Natale).

Comunque, pur non essendo una sostenitrice della tendenza, ho avuto occasione di testarne alcuni prodotti a Cilento di Gusto, Art of Mixology 2019. La mixology presa in esame è quella degli elementi territoriali e non solo quelli alcolici (food, wine, storia, mare, artigianato…). Il Cilento è uno di quei luoghi che smentisce le tue aspettative in positivo, facendoti venire voglia di tornarci per la bellezza del suo mare, l’autenticità dei suoi profumi e sapori, la storia che lo conia anche come una delle culle della filosofia presocratica.

Lo sapevate che qui nel 2005 è nato il primo distretto biologico a livello mondiale? E che qui ha sede il museo della dieta mediterranea (queste zone sono state studiate a lungo per via dell’alta percentuale di centenari)?

Altro aspetto che colpisce è la matriarcalità: noi abbiamo incontrato Anna Nigro, anima di Anna dei Sapori, agriturismo biologico guidato da lei, la madre e le figlie. Qui le donne sono toste tutte a partire da nonna Teodora, soprannominata ‘La Carabiniera’: dodici figli maschi cresciuti praticamente da sola (il marito ad un certo punto partì per l‘Argentina lasciandole questa “dote”).

Sopravissuta grazie all’antica arte del baratto, ha nutrito e istruito tutti i suoi figli. L’eccentricità è la qualità minima che le si poteva attribuire. Ispiratrice del marchio di liquori Theodora, marchio che la nipote Elisa Feola ha creato in suo onore per confezionare prodotti che vanno dal mandarino, alla liquirizia, alla mora, al fico (il fico bianco è un prodotto tipico del Cilento). Il tocco femminile si palesa nella dolcezza delle loro creazioni tutte da bere freschi. Premiamo quello alla mora, un nettare rosso rubino, limpido, la cui asprezza smorza lo zucchero.

Per rimanere in tema di differenze di genere, la mano maschile di Giuseppe Pastore, patron di Cilento I sapori della Terra dona un profilo completamente diverso a liquori che partono dagli stessi frutti. Qui lo zucchero è un ricordo del succo originale dei frutti immolati alla causa dell’alcol. Quello al fico passa 9 mesi in decantazione rendendo il nettare cristallino. Al naso un profumo avvolgente ricorda il fico essiccato, alcolico ma non aggressivo. Originale quello alla lavanda, e da urlo Delirio: 80% fave di cacao e zucchero grezzo di canna. Al naso ricorda lo Sprint, il concorrente fino agli anni ’80 del Nesquik..

E la wine-mixology cilentana? L’abbiamo scoperta grazie l’estro di Fabrizio Rizzo, barman e titolare di Officina 84 (Ascea). Tre Rose, un sorta di mohito a base di Vecchia Romagna, la cui eleganza non ha niente a che vedere con il cocktail che ricordate grazie  alla soda di Falanghina aromatizzata alla rosa, zucchero di canna, succo di limone, foglie di menta. La nota citrica avvolge naso e bocca, lasciando spazio solo in seguito all’alcool, e ad una chiusura alla rosa delicata e suadente.

Ma quello che più di tutti evoca il Cilento è Labbracadabra: limoncello cilentano, vodka citron Absolut, zucchero, tintura madre di cardamomo. La simpatica presentazione del cocktail con delle labbra intagliate nella buccia di limone già rendono giustizia al calore del Cilento. Freschezza, citricità ed equilibrio alcolico fanno il resto. Questo è perfetto degustato sul lungomare a Pioppi: la sua grinta rende giustizia a questa terra fatta di colori accesi e dalle vivaci personalità e personalizzazioni di prodotti.

Il cocktail è un modo diverso di bere, un diverso tipo di emozione, di abbinamento, che in Italia fa i conti con una storia fatta dal vino. Mescolare le due cose può essere opportunità o suicidio? Credo che sarà possibile valutarlo solo di volta in volta, mantenendo alcuni capisaldi, come la qualità della materia prima e l‘attenzione maniacale delle lavorazioni, continuando sempre e comunque ad allenare i sensi verso abbinamenti anni fa nemmeno immaginati.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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