Vernaccia di san Gimignano 2018: ottimi risultati per “Basi” e “Selezioni”, ma la Riserva…4 min read

Inizio come se raccontassi una vecchia barzelletta “C’è una notizia buona e una cattiva, quale volete sentire per prima?”

Barzelletta a parte la nostra degustazione di Vernaccia di San Gimignano ha visto  un grande risultato complessivo, forse il migliore da quando assaggiamo questo bianco toscano, sul fronte dei vini d’annata targati 2018 (e in buona parte di quelli del 2017 usciti adesso).

Purtroppo come contraltare abbiamo dovuto constatare che quando a San Gimignano si prova ad usare il legno per la tipologia Riserva spesso si fanno più danni della grandine, creando vini imbalsamati, appiattiti, quasi del tutto coperti.

Sputato il rospo andiamo avanti e approfondiamo un po’.

Prima di farlo però devo salutare due persone: la prima è Letizia Cesani, Presidente per una decina d’anni del Consorzio: ha fatto un grande lavoro e nessuno mi toglie dalla testa che questo miglioramento qualitativo generalizzato lo si debba in buona parte anche al suo notevole impegno e alle sue idee chiare. Credo che i produttori tutti dovrebbero ringraziarla.

La seconda persona da salutare e la recentissima neo Presidente del Consorzio, Irina Guicciardini Strozzi, a cui faccio tantissimi auguri di portare i vini di San Gimignano ancora più in alto. Del resto se è riuscita a superare indenne una  prima e difficile prova, come un pranzo con i redattori di Winesurf, vuol dire che la stoffa c’è e non potrà che fare bene.

Come bene hanno fatto le Vernaccia 2018, sia le “Basi” che le “Selezioni”:  le virgoletto perché sapete che non esiste nel disciplinare la menzione “Selezione”, riconoscibile in etichette solo da un nome di fantasia che tutti i produttori riportano.

Questa situazione credo andrebbe chiarita prima possibile, perché una Selezione  riconosciuta ufficialmente otterrebbe vari scopi.

  1. Guadagnarsi una fascia di mercato migliore con prezzi migliori.
  2. Tirare verso l’alto il prezzo della Vernaccia “ base”.
  3. Essere una valida alternativa a chi vuol bere una Vernaccia di qualche anno senza per forza soggiacere all’utilizzo del legno (spesso fuori luogo).

Detto questo torniamo alla vendemmia 2018, non certo una delle migliori ma sicuramente una di quelle interpretate meglio, con vini che mostrano nasi già aperti e soprattutto corpi non stratosferici ma equilibrati e ben “guidati” da una sapidità come,  a livello generale,  non si era mai sentita.

Se non avessi paura di essere frainteso direi che i 2018 sembrano più moderni, senza però prendere il peggio della modernità, cioè una omologazione aromatica, una sottrazione strutturale per rendere il vino più facile per i mercati facili.

Le Vernaccia di san Gimignano 2018 sono vini  dai nasi interessanti ma non ruffiani, dalla bocca equilibrata da una sapidità naturale che gli conferisce anche una buona lunghezza. Insomma, ci hanno convinto e lo capirete sia dal fatto che il 63% dei vini è posizionato sopra agli 80 punti sia dai punteggi che alcune hanno strappato alla nostra proverbiale tirchieria. Sulla scia di questi buoni risultati ci fa piacere constatare che anche una bella fetta delle “Selezioni” del 2017 uscite quest’anno mostrano un livello piuttosto alto, nonostante le difficoltà di una vendemmia che definire estrema è fargli un complimento.

Dalle buone notizie passiamo alle cattive: anche se le Vernaccia Riserva non sono certo il nostro vino preferito, non ci eravamo mai imbattuti in una serie di vini così. Se le Vernaccia 2018 sono moderne, le Riserva 2017 e  2016 sono antiche, nel senso che inquadrano un modo di fare vino superato dal tempo e dai fatti, quello in cui il legno è predominante da giovane e magari il produttore adopera la strausata frase “Adesso è giovane ma fra 3-4 anni sarà molto diverso”.

Potrà anche essere vero ma ditemi chi compra una Vernaccia di San Gimignano Riserva dopo 6-7 anni dalla vendemmia (specie se non esiste una via intermedia come la Selezione che fa capire le sue potenzialità…), inoltre se ti viene voglia di berla subito, ti trovi dei vini coperti da sentori vanigliati e tostati, spesso anche succubi di un legno non di altissima qualità, che rende praticamente muto il vino. Poche sono le eccezioni a questa regola e sarebbe l’ora che questo modo “antico” di fare vino finisse o almeno si ridimensionasse.

Nel dubbio bevetevi una bella Vernaccia di San Gimignano 2018: ce ne sono alcune veramente molto, ma molto buone e sono convinto che se aspetterete almeno un anno proverete anche una maggior soddisfazione.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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