Dall’autostrada Orvieto sembra un iceberg di roccia, anzi la punta di un iceberg: quindi forse è giusto degustare in questa spigolo di tufo puntato verso il cielo solo la punta qualitativa dell’Orvieto DOC.
In realtà è molto difficile fare diversamente perché l’Orvieto è un vino che per oltre il 70% viene imbottigliato fuori zona, acquistato e commercializzato da grandi e grandissimi imbottigliatori.
Quindi la stragrande maggioranza del vino imbottigliato “sfugge” agli assaggi delle guide, che si concentrano su quel piccolo gruppo di aziende che non solo crede fortemente nella denominazione ma produce altri vini IGT (rossi e bianchi) di ottimo livello.
Quest’anno la “punta” del nostro iceberg (composta anche da un discreto numero di IGT) ha confermato che…se sei un imbottigliatore, ti conviene venire a comprare vino in zona.
Infatti non solo i 2016 DOC si sono mostrati praticamente tutti di buon livello e spesso con un ottimo rapporto qualità prezzo, ma anche tra gli IGT abbiamo trovato una qualità piuttosto alta, grazie a quello che sta diventando sempre più il vitigno principe del territorio, il grechetto.
Il grechetto è un’uva duttile, che riesce a dare sapidità e freschezza quasi di default. Se poi diminuisci le rese e lavori con attenzioni maggiori ottieni bianchi nervosi e di buona concentrazione, che riescono tranquillamente a maturare per almeno 5-7 anni.
Non sappiamo se tutti gli Orvieto DOC e i grechetto IGT assaggiati daranno soddisfazioni fino al 2024-2025 ma di sicuro la vendemmia 2016 pare abbia dato la spinta giusta. In media ci siamo trovati davanti a vini abbastanza grassi, forse leggermente carenti in acidità, ma di grande sapidità. Sono vini già equilibrati, godibili e con buone possibilità di miglioramento, specie dal punto di vista della complessità olfattiva.
Quindi i vini bianchi secchi sono andati bene mentre con i dolci…abbiamo goduto. Qui subentrano anche altri vitigni e esperienze storiche ma la batteria dei passiti e/o botrytizzati ce la ricorderemo per tanto tempo.
Vini semplicemente da provare, che strameritano il prezzo non certo basso a cui vengono venduti e che si pongono ai massimi livelli, forse non solo italiani, delle rispettive tipologie.
Riepilogando la vendemmia 2016 è stata certamente buona per la “punta dell’iceberg Orvieto” che oramai ha solo il problema (non piccolo, anzi…) di portarsi dietro un 70% e passa di “Orvieto sommerso” la cui qualità puoi testarla nei discount o negli autogrill. Quindi per un consumatore di buoni Orvieto è fondamentale tenere presente il brand al pari della denominazione.
Per il resto la vendemmia 2016 è stata buona anche per gli IGT a base grechetto o altre uve non autoctone del territorio (sauvignon, viognier, pinot grigio, semillon), mentre sul fronte vini botrytizzati e/o passiti quest’anno Orvieto presenta grandi, grandi cose.