31 anni di Chianti Classico Collection con la vendemmia 2022 in prima fila4 min read

Oramai per andare alla Chianti Classico Collection potrei fare la strada a occhi chiusi! Anche se nel tempo la location (oggi si dice così) e il nome sono stati cambiati più volte, da diversi anni il profumo del sangiovese chiantigiano, a febbraio, lo si sente alla Stazione Leopolda di Firenze.  Quest’anno poi è periodo di celebrazioni: in primo luogo i 100 anni del Consorzio Vino Chianti Classico e in seconda battuta i 31 anni di questa manifestazione che, pur abbastanza ripetitiva nella formula, è comunque difficilmente sostituibile.

Se non ero presente (ma per poco!) il giorno della fondazione del consorzio ero in prima fila invece 31 anni fa quando venne inaugurata quella che oggi raccoglie a Firenze oltre duecento giornalisti dall’Italia e da tutto il mondo.

Alla Chianti Classico Collection, oramai da anni non più puntata solo sull’annata in uscita, la vera anteprima riguarda la vendemmia 2022 e quindi i nostri assaggi si sono concentrati su quest’annata che ha unito, come purtroppo accade da diversi anni, temperature torride e grande siccità.

Mentre degustavo questi 2022 ho ripensato alla vendemmia 2003, praticamente con le stesse caratteristiche estreme della 2022, notando con piacere che in 20 anni i produttori chiantigiani hanno fatto tanta strada. Se infatti i 2003 alla loro uscita avevano spesso profumi molto maturi e ruvidezze tanniche amplificate dall’alcol, nella 2022 quello che colpisce è la tenue presenza o comunque la conpattezza e armonicità dei profumi fruttati, spesso affiancati o sostituiti da sentori floreali e speziati. Inoltre l’alcol è spesso alto ma o ben integrato o comunque non in prima fila a dirigere l’orchestra.

 Ma è in bocca che si capisce molto meglio l’evoluzione di un territorio, con vini che mostrano spesso una buona sapidità o addirittura una discreta freschezza accanto a tannini ancora un po’ rigidi ma di buona qualità. Manca quasi sempre la profondità e la pienezza di annate come la 2019 la 2020, la 2016 e, per me, la 2015, ma il risultato finale è di buon livello. E’ chiaro che molti hanno dovuto prendere con le molle le uve dal vigneto, cercando di evitare estrazioni importanti che avrebbero appesantito, sia struttralmente che dal punto di vista alcolico, i vini.

Questo in linea generale, come in linea generale dobbiamo notare che ancora una differenzione per UGA è un sogno lontano. Anche se le UGA per adesso sono solo sulla Gran Selzione almeno i Chianti Classico di ogni singola UGA dovrebbero avere qualche caratteristica in comune, cosa che invece non si rileva minimamente.

Niente di male, ogni UGA ha terreni, altimetrie e sopratuttto produttori con idee diverse, ma il vero futuro per questo territorio sarà delineato perfettamente quando alcune caratteristiche saranno “accorpate” UGA per UGA. 

Invece se possiamo trarre qualche caratteristica importante dai quasi 50 Chianti Classico 2022 degustati è che il territorio non va visto in ampiezza ma in altezza, perché quasi tutti i vini più precisi, profumati , equilibrati e eleganti vengono da vigne che si trovano dai 380/400 metri in su. Vi sono ovviamente eccezioni, alcune di altissimo profilo, ma mediamente per provare a “miracol mostrare” la vigna over 400 ha aiutato e non poco. Tanto per darvi un’idea (senza fare nomi perché, come sapete, i risultati di oggi andranno a cumularsi alle degustazioni che faremo a settembre) tra i vini degustati 11 sono stati quelli che ci hanno veramente colpito e tra questi 8 sono da vigneti over 400 e solo 3 hanno le vigne più in basso.

Devo dire che per assaggiare i quasi 50 campioni sarebbe stato di grande aiuto non dover passare dalle “forche caudine via etere” della solita stramaledetta app da utlizzare per richiedere i vini in assaggio. Ormai capisco che le 31 volte che ho partecipato a questa manifestazione fanno automaticamente di me un vecchio brontolone e quindi prendete questa mia non velata protesta come espressone di una minoranza, ma almeno non silenziosa. Peccato però perché i sempre bravi, attenti e pazienti sommelier non si meritano di dover viaggiare a testa bassa come cani da tartufi, con il cellulare sotto il naso.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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