Verdicchio 2007, più Classico che Superiore…3 min read

Buona qualità complessiva, ma nulla più, per i Verdicchio jesini del 2007, con i Verdicchio “normale” e “classico” momentaneamente più intriganti dei “classico superiore”. Sotto le righe Matelica.

 

C’era da attenderselo: in una annata asciutta e caldissima come la 2007, i vini più freschi e “croccanti”, quelli vendemmiati presumibilmente prima e/o con un po’ meno di alcol, e che nella denominazione “Verdicchio dei Castelli di Jesi” ricadono tra i “normali” (ovvero senza ulteriore indicazione) e i “classico”, offrono il meglio di sé. A scapito dei “classico superiore”. Quantomeno adesso.

Questo, in sostanza, il risultato emerso dagli assaggi da noi effettuati presso l’Assivip di Moie di Maiolati Spontini a metà luglio. Una annata un po’ atipica dunque, che se si dovesse misurare in stelle con ogni probabilità si fermerebbe a tre, ma che non ha lesinato un numero elevato di buoni vini. Anzi. Se c’è un solo pregio messo in mostra dalla denominazione negli ultimi 4-5 anni, questo è da individuarsi proprio nella media della proposta complessiva. Decisamente confortante: su un centinaio (abbondante) di campioni testati quest’anno, quelli che personalmente non avremmo poggiato sopra al tavolo da pranzo sarebbero stati un paio, non di più.

Scendendo nel particolare dell’analisi organolettica, i Verdicchio jesini 2007 si distinguono per una buona struttura e una acidità – quantomeno in entrata di bocca – piuttosto viva, ma una sensazione di calore alcolico “staccato” dal corpo un po’ sopra le righe, profumi che virano sulle note di liquirizia a scapito dei sentori floreali, e un finale alquanto “scivoloso”. Sensazione di scivolosità – unita ad un lieve debito di complessità – che viene accentuata nei “classico superiore”. Ottimi, senza esitazione, invece i “classico superiore” del 2006, a conferma che le cose più interessanti della denominazione si trovano quasi sempre in questa tipologia, piuttosto che nei “classico riserva” (con le dovute eccezioni: si pensi a Bucci). I quali, nella maggior parte dei casi, si rivelano “solo” degli ottimi vini con una nota di legno in più, a scapito del carattere specifico ammandorlato – agrumato – amarognolo del vitigno, a nostro avviso esaltato dalla vinificazione solo in acciaio tipica dei “classico superiore”.

 A riguardo, e proprio per questa ragione, la decisione di riservare la imminente Docg ai “Classico Riserva” ci appare non del tutto condivisibile. Così come ci sembra opinabile, visti oramai gli inevitabili tempi di affinamento e maturazione della tipologia, l’usanza di un buon numero di produttori di immettere sul mercato i “Classico Superiore” entro l’estate successiva alla vendemmia. Questo perchè, come detto, se ci sono dei vini che necessitano sempre di un po’ di bottiglia per esprimersi, sono proprio questi. Proprio perciò vi consigliamo di seguire con attenzione i 2007: per esperienza sappiamo che nel Verdicchio i cambi di marcia e i miglioramenti in bottiglia sono repentini, e più usuali di quanto si creda. 

Spostandoci a Matelica, la nostra impressione è che la 2007 sia una annata sotto le righe, con vini all’apparenza leggeri e, ciò che più conta, privi di quella “incisività” e di quel “mordente” – pur non essendo nel modo più assoluto né evoluti né ossidati – che spesso caratterizzano la denominazione. Ma anche in questo caso non escludiamo affatto, e ne saremmo lieti, che il tempo ci dia torto. Anche ed anzi di più per Matelica, infatti, l’attesa ed i miglioramenti in bottiglia nei 2-3 anni successivi alla vendemmia non sono affatto una rarità.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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