Trentino: Muller Thurgau e Teroldego in evidenza.5 min read

Lo scorso anno i nostri assaggi trentini si concentrarono sugli spumanti  Trento DOC e su alcuni bianchi: questa volta abbiamo voluto far scendere i campo anche due vitigni a bacca rossa che, almeno per noi, rappresentano molto “l’unica regione che fa rima con vino”: Marzemino e Teroldego.
Lasciamoli però un attimo da parte per dare spazio ai vini bianchi. Del resto la stessa cosa, a partire dalla fine degli anni settanta del secolo scorso, è avvenuta anche nei vigneti trentini, che dall’essere composti all’ottanta per cento da uve rosse (1980) sono arrivati nel 2005 alla percentuale di nemmeno il 39% (il 38.3%). Le uve bianche, nello stesso periodo sono invece salite dal 20% al 61.7%. Parlavo di uve bianche ma forse è meglio dargli subito un nome ed un cognome. Le uve bianche che hanno cambiato o stanno cambiando la faccia vitata di questa regione sono tre: Chardonnay, Pinot Grigio e Muller Thurgau. La prima delle tre  ha visto il suo grande boom negli anni ottanta ( dal meno de 9% a quasi il 22% della superficie vitata)  per poi stabilizzarsi da una decina d’anni attorno al 26%, con quasi 2600 ettari vitati.  La seconda ha vissuto e sta vivendo il suo grande boom. che l’ha vista diventare in poco tempo la seconda varietà coltivata in regione (circa 2000 ettari). Un boom targato soprattutto mercato estero, in particolare USA, dove il Pinot Grigio sembra venga scambiato per la panacea di tutti i mali. L’ultimo dei tre, il Muller Thurgau sta vivendo (e crediamo vivrà…ma non anticipiamo!) il suo boom. Quasi inesistente negli anni 80, ha oggi un’estensione pari a quasi il 9% del totale con circa 900 ettari attualmente piantati. Ma le storie del Muller e del Pinot Grigio sono molto diverse. Il secondo ha visto un boom che non crediamo di offendere nessuno definendolo “quantitativo”. Il primo invece, grazie soprattutto ad un areale particolarmente adatto come la Val di Cembra, sta avendo uno sviluppo la cui qualità non ci saremmo mai immaginati. Grazie alla Val di Cembra, a vigneti piantati oltre i 600 metri ed anche a moderne tecniche di cantina (vinificazione in riduzione o assenza di ossigeno) una discreta fetta dei  Muller Thurgau 2007 trentini hanno una stoffa ed un carattere che ci ha veramente sorpreso. E’ questo vitigno la vera sorpresa in bianco dei nostri assaggi, perché unisce a delle gamme aromatiche finalmente ben chiare (salvia, sambuco, pesca) un nerbo ed un carattere inaspettato. Vini da bere con soddisfazione non solo come aperitivi. I Pinot Grigio non hanno fatto parte del nostro assaggio e quindi passiamo a parlare degli Chardonnay 2007 che, come quelli delle annate precedenti sembrano aver scritto in fronte “Ci producono perché non possono farne a meno!” In effetti, se si guarda all’età media dei vigneti ed al fatto che lo chardonnay è presente in regione in dosi massicce da quasi 30 anni, la soddisfazione assaggiandoli non è certo molta. I nasi sono anche precisi ma la semplicità ed in alcuni casi la diluizione non si fanno attendere. Sembra proprio che vengano fatti perché oramai i vigneti ci sono….Pur riconoscendo che nel gruppo vi sono diversi produttori che mettono in commercio Chardonnay di tutto rispetto e che credono in questo vitigno, “sic stantibus rebus” perché non puntare più decisamente verso una riconversione spumantistica? Pensate un po’: vigne vecchie di Chardonnay, le medesime rese che per gli spumanti non sono una bestemmia, un mercato delle bollicine che non ha mai tirato come adesso, un marchio ed una denominazione già esistente che si sta imponendo sempre più. Tutto sembrerebbe spingere in quella direzione. Non dico adesso di riconvertire un migliaio di ettari di chardonnay a bollicine ma di cominciare a pensare che prima di fare vini poco interessanti (anche per il mercato) forse sarebbe meglio seguire un’altra strada, in parte già tracciata. E parliamo di questa strada, cioè dei Trento DOC che, rispetto allo scorso anno sono sia migliorati che peggiorati. Leggermente al di sotto delle aspettative i Brut non millesimati mentre le selezioni ed i “millesimé” hanno generalmente una marcia in più rispetto al passato. Si tratta comunque di spumanti con un nerbo ed una freschezza ben marcata, mentre la gamma aromatica gioca su finezze floreali. Si differenziano molto da quelli franciacortini anche per il minore impatto della liqueur ed una sensazione dolce meno accentuata. Questa diversità credo dovrebbe essere mantenuta se non accentuata, lavorando in particolare su Extra Brut e Pas Dosè
Due parole sulle Nosiole 2007 che mediamente hanno mostrato buon carattere, bella freschezza, e nettezza aromatica. Le solite punte qualitative si confermano anche quest’anno ma non possiamo nasconderci che la tipologia sembra sia destinata a rimanere “di nicchia”.
Giungiamo ai rossi e parliamo di  Marzemino: sempre piacevole e profumato sconta da una parte un’annata 2007 sufficiente ma non eccezionale e dall’altra la continua voglia di diversi produttori di trasformare un peso piuma in un peso massimo. Oramai troviamo quasi più Marzemino con appassimento (parziale o totale) delle uve e/o passaggi in legno di quelli “normali”. Mi scoccia sottolineare l’ovvio ma il Marzemino deve essere goduto appieno per le caratteristiche che ha sempre mostrato: profumi intriganti, morbidezza, facilità di beva. Se si va a blindarlo con surmaturazioni, legni etc.. il rischio di snaturarlo è una certezza, mentre l’intenzione di migliorarlo pare divenire solo una “pia intenzione” senza tanti risultati concreti. Per certi versi la stessa cosa  avviene in Piemonte sul Dolcetto e non sembra porti a grandi risultati. Se volete fare vini da invecchiamento usate magari il Teroldego, che sembra arrivato ad una maturità interpretativa di grande livello. Abbiamo trovato infatti sia buoni Teroldego giovani, sia piacevoli Teroldego non della Piana Rotaliana sia importanti Teroldego da poter far maturare per diversi anni. In quasi tutti i vini si sente quella nota classica del vitigno non più inficiata da diluizioni aromatiche e imperfezioni varie. Pulizia quindi ma non a scapito della riconoscibilità e della bontà, tanto che il primo 5 stelle dell’annata è proprio un Teroldego Rotaliano. Quale? Aspettate qualche giorno e lo saprete.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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