Emil Peynaud, riconosciuto da tutti come il padre dell’enologia moderna, diceva che ”Il colore di un rosato costituisce la metà del suo fascino”.
Ogni territorio (va da sé) esprime a seconda delle uve usate per produrlo, colori diversi.
Il Chiaretto ha il suo colore, il Cerasuolo d’Abruzzo ha il suo, i rosati Salentini dovrebbero avere il loro così come quelli di Castel del Monte.
Ho usato il condizionale non a caso, perché da qualche tempo sul colore dei rosati pugliesi in generale è in atto un’ operazione che considero pericolosa. Si assiste sempre più frequentemente ad un alleggerimento della sua tonalità per creare vini più pallidi meno “carichi” nella tinta.
Questa scelta viene giustificata da parte di alcuni produttori con ragioni di mercato, internazionale in particolare. Insomma i rosati intensi (corallo, buccia di cipolla, cerasuolo) non piacciono all’estero e quindi cosa si fa? Si cerca di emulare quelli che si vendono di più, ovvero quelli francesi, provenzali nella specie.
Un atteggiamento che reputo miope anche da questo punto di vista e che forse potrà pagare nell’immediato con la vendita di qualche bottiglia in più, ma che strategicamente è una scelta perdente.
La rinuncia alla propria identità è stata un’esperienza che in passato i produttori pugliesi hanno già fatto, tranne poi a dover tornare indietro, abbandonando la commercializzazione dei vini ottenuti da vitigni internazionali e puntando su quelli autoctoni.
Il colore del rosato così come l’abbiamo sempre visto, nelle sue diverse sfumature, non è un richiamo generico alla tradizione, ma ad uno stile produttivo ben preciso.
Ma ancora una volta si preferisce correre dietro a facili modelli anziché affrontare il problema, pur al momento poco diffuso, ma che si avverte come tendenza. Proprio in un momento in cui anche il rosato pugliese sembra trovare una propria strada attraverso manifestazioni di buon respiro nazionale, proponendosi anche sui mercati internazionali.
Il colore del rosato ad alcuni potrebbe sembrare un dettaglio, ma non lo é. E’ importante quanto gli altri parametri che determinano la qualità di un vino, anzi in questo caso è assolutamente fondamentale. Rinunciarvi a favore di tinte meno cariche è uno provincialismo che potremmo pagare a caro prezzo. Una seria meditazione andrebbe fatta da parte dei produttori e da certa comunicazione.