Degustazione Trento Doc, interessante ritorno alle origini3 min read

Quest’anno anche i responsabili del Trento Doc (che ringraziamo) ci hanno permesso di degustare le loro bollicine a ottobre, naturalmente raccogliendole a giugno e quindi permettendoci di assaggiare sboccature di almeno 6-8 mesi.

 

Per questo a giugno i nostri assaggi dei bianchi trentini (vedi) erano rimasti orfani delle bollicine locali: queste ci aspettavano ad ottobre in una Trento certo molto meno calda e vivibile.

Come molto “vivibile” è stato l’assaggio di una sessantina di campioni di Trento Doc, che ci hanno riservato delle belle conferme e delle interessanti sorprese.

 

Prima però parliamo un po’ di questa bollicina che da anni sta cercando di farsi strada nel difficile mercato italiano. La difficoltà sta soprattutto nel ristretto numero di produttori (è cresciuto negli anni, ma siamo lontani dai numeri franciacortini ) che non permette una capillarizzazione della proposta.

 

Se a questo ci aggiungiamo che le principali 3-4 case da sole coprono più del 80% della produzione si capisce come sia abbastanza difficile aprirsi a ventaglio sul mercato. Lo scorso anno però rimanemmo soddisfatti nel vedere che almeno 10-15 cantine producevano oramai spumanti di alto livello e questo era certamente importante per la conoscenza e la diffusione del marchio su cui la Provincia di Trento punta con forza.

 

Se fosse possibile io ci punterei ancora di più, spumantizzando una bella fetta di quello chardonnay fermo, prodotto in molte parti del Trentino, che oramai ha ben poco senso, costrutto, profumi e corpo.

Probabilmente però anche spumantizzato, specie quello fatto in pianura, darebbe scarsi risultati, mentre il bello della denominazione è che piano piano i vigneti stanno “trasferendosi” sempre più in alto, in zone dove il caldo della pianura non arriva o arriva molto meno.

Questa possibilità di espandersi “in altezza” è certo un vantaggio non da poco per il Trento Doc, sia si parli di Chardonnay, sia di Pinot Nero, l’altra uva che, piano piano, sta entrando sempre più nei cromosomi della denominazione.

 

Una delle caratteristiche iniziali di questi spumanti era (lasciano da parte Ferrari che ha sempre avuto un suo stile inconfondibile) una certa austerità, che in certi casi sconfinava nella rusticità, ma che molto più spesso conferiva nerbo e profondità ai vini e soprattutto un certo “marchio di fabbrica”.

Negli ultimi anni però abbiamo più volte segnalato un arrotondamento forse eccessivo di tanti Trento Doc, dovuto indubbiamente ad un mercato che premia molto le sensazioni dolci, e per questo siamo veramente felici di affermare che la principale caratteristica generale dei Trento Doc degustati è stata un indubbio ritorno verso una sana austerità.

Sarà merito di annate più fresche, di voglia di caratterizzarsi maggiormente, sarà stato un caso..nei fatti però molti vini assaggiati hanno presentato una sapidità, una bella e austera freschezza che da anni non era così saldamente presente. Addirittura anche i vini della casa di riferimento ci sono sembrati dotati di un timbro leggermente più austero, più…..trentodocchiano!

 

Forse a qualcuno saranno piaciuti meno ma per noi è stata una bella conferma che il Trento Doc, quando ritorna ad essere più…"vino di montagna", torna verso quel luogo naturale, quella sua ottima riconoscibilità che non può che portare acqua al suo mulino.

Naturalmente questo non deve essere visto come un passo indietro, perché nel frattempo le case spumantistiche sono molto migliorate tecnicamente, presentando quindi vini leggermente più tesi, ma con bollicine fini, rotonde e cremose.

 

Per quanto riguarda i risultati degli assaggi potrete trovarli sulla nostra guida online cliccando sul link a fondo pagina, mentre questa pagina vi presenterà i migliori Trento Doc degustati, quelli che hanno ottenuto almeno 3.5 stelle.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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