Zonazione nel Chianti Classico: dalla Gran Selezione NO!3 min read

Uno dei dibattiti, forse infiniti forse no, all’interno del Chianti Classico è quello sulle sottozone, zonazioni, Menzioni Geografiche. Dato che questi tre termini vogliono dire cose molto diverse si può capire come la confusione, dentro e fuori l’organo di tutela, per adesso regni sovrana.

 

Tale confusione è solo pari a quella raggiunta dalla discussione generale dove ognuno dice la sua, che riesce ad essere incredibilmente diversa dal pensiero di tutti gli altri.

 

Per questo non mi preoccupo se partecipando al dibattitto dirò cose non condivisibili da tutti: in questa babele di pareri è la regola.

 

Premessa. Una suddivisione modello bordolese o borgognone in chianti classico è assolutamente impossibile. Manca un imperatore che imponga a prescindere, un momento storico dove i produttori non possano avere voce in capitolo, non debbano nemmeno parlare. Visto invece che i produttori parlano e molto, sia nelle riunioni ni consorzio che fuori, la situzione si ingarbuglia sempre più e l’ultima proposta che sembra abbia una maggioranza (di voti, non di produttori) prevederebbe la zonazione partendo dalla Gran Selezione.

 

La gran selezione. Come molti sanno, è l’ultimo vino nato all’interno del Chianti Classico: un top di gamma che deve essere prodotto solo con uve di vigneti di proprietà, ha un invecchiamento maggiore rispetto alla riserva ed è quindi di diritto il “primo vino” dell’azienda, quello che nell’immaginario (e non solo) di tutti tende a sostituire il tanto (in passato) osannato Supertuscan.

 

Quasi tutti i produttori di Gran Selezione l’hanno interpretato “all’antica” cioè un vinone scorbutico e difficile, molto strutturato, con tanto legno, da bere con soddisfazione (in teoria) dopo molti anni: quindi un vero e proprio “old” Supertuscan inserito nel disciplinare del Chianti Classico.

 

Far partire la zonazione da questo vino farebbe credere all’universo mondo che la Gran Selezione sia in realtà il primo vino del territorio, mentre è vero il contrario: è il Chianti Classico il primo vino! Questa terra storicamente non è nata su un vino potente e da grande invecchiamento come il Brunello, ma su un prodotto piacevole, anche di buona struttura, ma da bere giovane o abbastanza giovane, certo da non scordare (in linea generale) in cantina.

 

Porre in prima linea il territorio del Chianti Classico come una zona dove si producono essenzialmente grandi vini da invecchiamento stile Brunello sarebbe un sicuro autogol perché metterebbe in competizione diretta denominazioni che non lo sono, facendo però “giocare” il chianti classico in un  campo dove ha certamente meno esperienza.

 

Così far partite una zonazione riservata solo alla GS, da una parte focalizzerebbe l’opinione pubblica su un vino che non è storicamente nelle corde della denominazione e dall’altra creerebbe un secondo problema assolutamente non secondario perché farebbe spostare piano piano l’immaginario dei produttori chiantigiani verso la produzione di un Chianti Classico  “simil Gran Selezione”, cercando cioè di rendere potente e grosso un vino che invece normalmente è fresco, piacevole, reattivo.

 

Se la zonazione partisse dalla GS la piramide dei vini chiantigiani non dico verrebbe (sempre da un punto di vista mediatico, almeno all’inizio) rovesciata , ma certamente andrebbe in confusione, mentre il risultato di una zonazione dovrebbe essere proprio l’opposto.

 

A questo punto voi potreste dire: questo no, va bene, ma allora cosa proponi? Le proposte nel prossimo articolo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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