Dopo aver parlato del passato più… “passato” veniamo quasi ai tempi moderni. La proprietà di Pichon-Baron rimase nelle mani della famiglia Pichon-Longueville fino al 1933, seguendo il destino del Comtesse de Lalande, anch’esso venduto nel 1925. Fu quindi acquistato da Jean Bouteiller, la cui famiglia rivendicava addirittura la discendenza diretta da Luigi XVI e infine dalla società assicurativa AXA nel 1987, che ancora la detiene.
E’ sotto quest’ultimo assetto proprietario che ha potuto finalmente riprendere il suo valore di second cru (per molti, Baron-Pichon è oggi un vero supersecond), alquanto appannato da un lungo periodo di crisi, che raggiunse il suo culmine negli anni 60-70. Gli ultimi anni della proprietà Bouteiller, dopo la morte di Jean, avvenuta nel 1961 , furono particolarmente critici, anche per l’inesperienza del giovane erede, proiettato a dirigere il Domaine all’età di soli 18 anni.
Gli impianti obsoleti, il ricorso alla vendemmia meccanica, lo scarso controllo delle temperature di vinificazione portarono alla produzione di vini sempre più poveri e anonimi, immeritevoli del loro classement. Il magnifico château neo-rinascimentale , fatto costruire nel 1851 da Raoul Pichon-Longueville all’architetto Charles Burguet, gli impianti di vinificazione e le vigne (a quel tempo ridotte a soli 33 ettari) avevano assoluta necessità di essere rinnovati .
La riscossa fu segnata dall’arrivo a Pichon-Baron di Jean-René Matignon nel 1985 e di Jean-Michel Cazes (Château Lynch-Bages), con i quali in breve la qualità cominciò a risalire, culminando nelle due grandi annate 1989 e 1990, le migliori del periodo “moderno” di Baron-Pichon. Poi, quando Cazes lasciò Château Pichon-Baron Christian Seely assunse la direzione della proprietà, aggiungendola a quella della Quinta do Noval e degli altri possedimenti di AXA Millésimes, tra i quali il Domaine de l’Arlot, in Borgogna, e lo Château Suduiraut nel Sauternais.
La nuova cantina è stata progettata dall’Architetto Alain Triaud (il fratello è proprietario degli Châteaux Saint-Pierre e Gloria, a Saint-Julien) . Vennero effettuati importanti lavori di restauro, con l’aggiunta dei padiglioni in stile egiziano e dell’ampia piscina antistante lo Château. Quest’ultima non ha evidentemente solo scopi estetici, anche se l’immagine riflessa dell’antica costruzione ha il suo fascino, ma , situata sopra la cantina, svolge una importante funzione nell’illuminazione e nella termoregolazione.
I second vin
Il second vin dello Château Pichon-Baron è, dal 2012, Les Griffons de Pichon-Baron. La scelta di impiegare per la produzione del grand vin solo le vigne del plateau, ha fortemente ridotto la sua quantità, rendendo disponibile una massa notevolmente maggiore di vino per la seconda etichetta. Il blend è simile a quello del grand vin , in prevalenza cabernet sauvignon (circa il 60%) , anch’esso proveniente in parte dalle vecchie vigne antistanti lo Château, oltre che da quelle più vicine all’estuario, e per il resto merlot. Anche Les Griffons è affinato in gran parte in barriques nuove (sia pure in percentuale più bassa, il 60%) e per un periodo leggermente più breve.
Il Tourelles de Longueville è prodotto con questo nome dal 1986: prende il nome dalle eleganti torri dello Château. Esso è stato per molti anni il second vin della proprietà. Oggi è diventato di fatto una marca annessa allo Château, che si basa su un proprio parcellario distinto. Anche l’assemblage è alquanto diverso da quello del grand vin. A maggioranza merlot (circa il 60% secondo annata), proveniente dalla parcella di Sainte-Anne situata più a nord, è costituito per il resto da cabernet sauvignon con aggiunte (variabili secondo annata) di cabernet franc (nel 2016 è giunta fino al 12%) e petit verdot. A differenza degli altri due vini LesTourelles è progettato per essere bevuto più giovane e per avere una maggiore versatilità, ha perciò anche un affinamento in legno di minore durata e solo in barriques di un anno.
Assaggi
Château Baron-Pichon 2016
Cassis, prugne nere, note di terra e un po’ sauvage al naso, sul palato il vino è denso e strutturato, con una trama tannica finissima, frutti neri concentrati ma freschi, note di liquirizia e grafite, acidità vibrante, notevole lunghezza e persistenza. Un grande vino che si manifesterà appieno tra almeno 4-5 anni, con un notevole futuro davanti a sé.
Nel grand vin del 2016 c’è più cabernet sauvignon (l’85%, sei punti in più che nel 2010, il resto merlot) ed è stato leggermente più breve (18 anziché 20 mesi) il periodo di affinamento in barriques. L’andamento stagionale rispetto al 2010 presentato nella prima parte è stato invece diversissimo. Annata secca, con temperature miti, eccezionale soleggiamento, quella del 2010, che, come la precedente, ha potuto avvantaggiarsi di una maturazione lenta e regolare in tutte le sue fasi; un inverno freddo e piovoso, con una primavera umida nell’annata 2016, nella quale un’estate indiana ha consentito il necessario recupero favorendo il completamento delle maturazioni
Les Griffons de Pichon-Baron 2016
Di colore rubino molto profondo, all’olfatto esibisce frutti neri (ciliegie nere, more, susine) freschi, sul palato è carnoso, leggermente boisé, ha struttura salda con tannini fine-grained, ottima persistenza. Attualmente più serrato del Les Tourelles é oggi meno godibile e andrà riprovato tra qualche anno. Ha eccellenti possibilità di invecchiamento.
Les Griffons, come detto, è il vero secondo vino dello Château Baron-Pichon, del quale condivide il blend e le modalità di affinamento. Il vino del 2016 è composto per il 52% da cabernet sauvignon, proveniente principalmente dalle vigne delle parcelle più vicine all’estuario, ricche di graves, e per il 48% da merlot, senza aggiunte di altre varietà complementari. La vendemmia ha avuto luogo in condizioni ottimali dalla fine di settembre alla metà di ottobre, cominciando dal merlot, e poi, dal 15 al 18 ottobre, il cabernet.