Un siluro dotato di “Amarezza Atipica” lanciato verso DIAM5 min read

Non sappiamo se il signor Rolf Cordes, commerciante di vini a Mühldorf in Baviera, da giovane abbia fatto il militare come sommergibilista, ma a vedere il siluro che ha lanciato contro DIAM, si direbbe proprio di si.

 

Diam, lo sanno tutti, produce tappi in sughero con una tecnica particolare che garantisce alcune cose, in primo luogo la totale assenza di problemi derivanti da TCA. Per  ottenere questo, detto in maniera molto grossolana,  il sughero viene sbriciolato, poi lavorato con macchinari che usano loro brevetti e alla fine ricompattato.

 

I tappi DIAM sono molto usati e, da quello che mi sembra di capire, con soddisfazione dei produttori, tanto che la produzione è in crescita.

 

Ma veniamo a cosa è successo. Il signor Cordes, dopo aver degustato molti vini con tappi DIAM avrebbe notato che  questi tappi mostravano un difetto che lui definisce “Amarezza Atipica”. Dopo averlo riscontrato ha organizzato un vero e proprio panel di degustazione, composto anche da colleghi famosi come Jan Priewe, per confermare la cosa e ha poi pubblicato i risultati di questo suo studio su internet.

 

Questo è, in estrema sintesi,  quanto afferma: 

“La famiglia di difetti dello sughero, a parte del “cork taint” proveniente da sughero naturale e il problema della colla dei sugheri colmati, mostra un altro difetto, finora non osservato:l’amarezza atipica, abbreviato nel seguente come AA. Quest’imperfezione ha a che fare con il sughero DIAM.

Visto che la procedura di produzione come indicata da Diam Bouchage, è la stessa per tutti i sugheri di DIAM (modello 1, 3, 5 e 10) tutti tipi di tappi di DIAM hanno questo difetto. Nell’industria del vino, quest’imperfezione non è ancora stata identificata a causa di:

1. Il “cork taint” (TCA) tradizionale si trova in generale in bottiglie singole ed è facile scoprirla confrontandole con altre bottiglie. Invece, siccome la tecnologia di produzione per tutti i tappi Diam è la stessa, non c’è differenza fra una bottiglia e un’altra. Il difetto è presente in tutte le bottiglie dello stesso vino.

2. I produttori di vino, enologi e persone del controllo di qualità non hanno identificato questo difetto come un difetto particolare ma lo attribuiscono al carattere intrinseco del vino o al impatto sensoriale di tannini o acidità. Dunque i degustatori non hanno abbastanza conoscenza del difetto, della sua presenza e delle sue conseguenze.

3. Livelli alti di tannini, acidità o zuccheri riduttori, nascondono la sua percezione.

4. L’intensità del difetto aumenta durante il tempo di contatto di Diam e vino e quando ci sono condizioni che permettono di prendere ossigeno. La disarmonia che risulta da queste cose è molto forte ma per capirlo ci vuole un controllo profondo della qualità. In generale questo non viene fatto per mancanza di tempo.”

 

Qui Potrete trovare tutto il lavoro effettuato dal signor Cordes

 

 

A questo punto la palla è passata a Diam, che per prima cosa ha emesso uno stringato comunicato stampa, riportato qua sotto.

 

“Abbiamo preso conoscenza con stupore e siamo sorpresi della comunicazione realizzata dal signor Cordes, sia per la sua forma aggressiva, sia per il suo contenuto

La metodologia utilizzata in questo lavoro compartivo non è assolutamente basata su modelli scientifici riconosciuti in enologia e inoltre non corrisponde alle condizioni di utilizzo del tappo DIAM.

Diam si appoggia a numerosi centri e laboratori tecnici di enologia per organizzare le degustazioni comparative in modo professionale e nelle condizioni di utilizzo dei tappi per il vino.

Ci riserviamo ovviamente ogni azione necessaria per difendere i tappi DIAM da un attacco così poco professionale”.

 

La risposta ci è sembrata troppo secca e poco esaustiva e così abbiamo inoltrato a Diam alcune domande per cercare di capire meglio come stanno le cose, domande a cui loro hanno prontamente risposto.  Ve le riportiamo qua sotto.

 

Dopo che avete letto i risultati del test effettuato dal signor Cordes, a caldo, quale è stata la prima sensazione?

Ovviamente abbiamo pensato che si tratta soltanto di un attacco in più che si aggiunge a  quelli già subiti in  questi ultimi anni ai  quali  Diam Bouchage ha saputo rispondere affermando e dimostrando  la qualità dei suoi prodotti. E’ il prezzo da pagare per  tanto successo!

 

In che cosa ritenete sia sbagliato il test effettuato dal signor Cordes.

Non è necessario ricordare che la metodologia di macerazione di tappi interi non è assolutamente rappresentativa delle condizioni reali di utilizzo dei tappi. Questo metodo (macerazione) è esclusivamente utilizzato analiticamente in laboratorio per accelerare gli scambi tra i tappi ed il vino e per avere quindi dei risultati analitici e non degustativi. Inoltre questo test non è stato eseguito in comparazione con altri tappi.

 

 
Aldilà del comunicato stampa che avete emesso, intendete fare qualcosa e cosa in particolare, per confutare le tesi del signor Cordes?

Ci sarà una risposta tecnico-legale da parte della DIAM BOUCHAGE. Oltre a ciò la migliore risposta è la soddisfazione da parte degli ormai tantissimi utilizzatori nel mondo dei tappi DIAM.

 

Non credete che quello che ha fatto il signor Cordes, avvalendosi anche dell’aiuto di professionisti e giornalisti del settore, sia comunque una qualcosa che vada preso in esame attentamente?

No,  in quanto la metodologia utilizzata non corrisponde alle condizioni di reale utilizzo dei tappi e non obbiettiva.

 

Non pensate che un confronto “in campo neutro”, cioè in un laboratorio autorizzato e invitando naturalmente il signor Cordes, possa essere il miglior modo per risolvere la cosa?

 

Siamo certamente disponibili ad ogni confronto, seguendo dei protocolli ufficiali ed in comparazione con altri tappi.

 

Come vedete le posizioni sono molto distanti ma il cronista deve prendere atto che DIAM, pur in toni piuttosto rigidi,  è disposta comunque ad un confronto.

 

Crediamo che, sia per i produttori di vino che utilizzano questi tappi, sia per tutti i soggetti di questa storia, la cosa migliore sia ritrovarsi in un laboratorio e dare risposte certe in tempi brevi.

 

Vi faremo sapere eventuali sviluppi.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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