Trump: “Stop ai vini prodotti nei paesi musulmani!”3 min read

A pochi giorni dall’oramai universalmente odiato decreto che impedisce ai cittadini di alcuni paesi musulmani  (Iraq, Iran, Yemen, Libia, Siria, Somalia e Siria) l’ingresso negli Stati Uniti, il presidente Donald Trump ha firmato un nuovo decreto che non solo proibisce l’ingresso negli Stati Uniti ai vini prodotti in tutti i paesi di religione musulmana, ma crea anche una serie di restrizioni, definite pubblicamente da molti produttori "a coda di gatto” ( mentre in privato viene usato il più colorito “a cazzo di cane”).

 

Vista la scarsissima produzione di vino dei paesi musulmani  la notizia, se non fosse stato appunto per le suddette estensioni, poteva anche passare sotto silenzio.

Ma l’occhiuto Donald, partendo dalla sua conoscenza della materia (pare sia anche produttore di vino) ha inserito nel decreto  punti che sicuramente creeranno problemi anche a vini prodotti in altre zone o paesi.

 

Esempio eclatante il Kuwait: il Presidente Trump ha scoperto che il termine Kuwait è in realtà il participio passato del verbo irregolare to cuvée (cuvée/cuwée/kuvait) e quindi ha esteso il blocco a tutti i vini dove l’infinito di questa parola viene riportato in etichetta.

Per inciso, non sopportando gli irregolari in genere, ha proibito anche l’uso di tutti i verbi irregolari, ma questo a noi interessa relativamente.

 

Per smascherare vini pericolosi e antiamericani sono stati messe in campo anche le classiche armi dello spionaggio. Così, ascoltando con attenzione le registrazioni di alcuni dipendenti toscani della cantina, il divieto è stato posto anche sul famoso Sah Sihaia, vino rosso che fino a poco tempo fa si pensava prodotto in Toscana ma che Trump ha platealmente smascherato.

 

Naturalmente fa parte dei divieto di importazione la produzione mondiale di Clinton, mentre avranno un canale privilegiato di vendita tutti i vini francesi con la parola “Clos” in etichetta, esempio chiaro di come la costruzione di muri non sia nata con l’attuale amministrazione americana.

 

Il decreto tocca anche la libera stampa americana, da Trump vista come la sabbia nelle mutande (“For me this fucking press is like the sand in the underwear”  ha dichiarato durante l’annuale convention dei rivenditori texani di biancheria intima).

Per questo il più importante giornale americano di settore, Wine Spectator, ha dovuto ritirare dalle vendite l’ultimo numero, in cui il direttore definiva “esplosivi” alcuni vini rossi prodotti in varie parti del globo e importati negli Stati Uniti.

 

Anche i venditori di prodotti enologici ed in generale tutta la filiera dovrà stare molto attenta: bandito ad ogni livello l’utilizzo di gomma arabica e le stesse etichette dovranno rinunciare ad ogni tipo di arabesco.

 

Naturalmente un decreto di questa portata avrà bisogno di attenti controlli: è stata così creata l’FBI (Federal Barriques Investigation) che si occuperà di controllare ogni singola bottiglia di vino in commercio negli Stati Uniti.

 

Si prospettano tempi duri per i bevitori di vino, e non solo.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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