Trentinbianchi 2012: non male, ma il futuro?8 min read

Prima i bianchi, poi le bollicine e infine i rossi. Verranno pubblicati in quest’ordine i risultati e i commenti dei vini trentini, svoltisi quest’anno sotto l’egida del Consorzio Vini Trentini (che ringraziamo).

Partiamo con i bianchi, che in giornate così calde potranno dare un leggero refrigerio, se non altro pensando alle montagne trentine.

In campo praticamente tutto il mare magnum regionale, da noi diviso in quattro gruppi: i Müller Thurgau, I Traminer Aromatici (li chiamiamo così per distinguerli dai cugini altoatesini anche se oramai il brand imperante è Gewurztraminer) gli Chardonnay ed un bel gruppone dove troviamo  i vini-vitigni  con meno campioni presentati ma non per questo meno importanti, nosiola, Pinot Grigio, Pinot Bianco, Sauvignon, e altre uve bianche in ordine sparso.

Prima però qualche considerazione generale: il mondo del vino trentino sembra  in fermento sia a livello politico (chi gestisce o non gestisce cosa.) che viticolo.  Nel primo caso siamo nel classico momento di spartizione delle competenze, rimbalzate a destra e sinistra e ancora non ben attribuite e sedimentate, almeno fino a quando non verrà detta la parola finale dal nuovo assessore all’Agricoltura che sarà eletto in autunno assieme alla nuova Giunta Provinciale.

Nel secondo caso ci sono zone che stanno  provando ad attrezzarsi da sole per sopperire alle mancanze (vere o presunte) degli enti delegati alla promozione mentre la sensazione è che diversi produttori comincino seriamente a porsi il problema del futuro, cioè di cosa fare per galleggiare su un mercato molto diverso da quello immaginato nemmeno 10- 15 anni fa.  A questo proposito dedicheremo un articolo ad una realtà particolare, che sta provando ad emergere (da tempo ormai) come la Val di Cembra: emblema  di come, pur facendo qualità, sia difficile sopravvivere.

Ma veniamo ai vini e partiamo dallo chardonnay, per poi andare ai Müller Thurgau, ai Traminer Aromatico ed infine al gruppone degli altri bianchi, dove troverete tutti gli altri vitigni non menzionati qui e gli uvaggi.

 

 

Chardonnay, ovvero ma chi me l’ha fatto fare?

L’ennesimo assaggio di questa tipologia ci conferma quanto diciamo da tempo: l’unica possibilità di futuro per gli chardonnay in questa regione è nella bollicina. La strada non è certo facile, perché non è detto che un bravo bianchista diventi automaticamente un bravo spumantista (anzi..), però la situazione attuale è veramente difficile da sostenere.
I prodotti d’annata sono di una ripetitività e semplicità disarmante mentre quando si cerca di fare qualcosa di più la situazione migliora un po’ ma non siamo certo al settimo cielo. Quello però che mi sembra chiaro è la poca disponibilità che mostrano i produttori verso questo vitigno: in altre parole annoia anche loro.  Però non sanno cosa farne, perché le grosse aziende di spumanti non possono certo farsi carico di  centinaia di ettari e la strada della spumantizzazione, anche se qualche piccolo sta provando a seguirla con poche migliaia di bottiglie,  è una via che richiede investimenti e esperienza.
Rimane il dato incontrovertibile di una serie di vini spesso anonimi e anche se quest’anno i risultati hanno portato a due prodotti con 3.5 stelle, la sensazione di incertezza generale sul vitigno persiste. Il futuro del vino trentino passa anche e soprattutto da queste diverse centinaia di ettari, spesso in posizioni non eccezionali, con cui dovranno essere fatti i conti.

 

 

Müller Thurgau  ovvero puntarci va bene, ma quanto?

Quando un’annata calda come il 2012 ti presenza una bella serie di vini dove la componente aromatica è netta e piuttosto intensa non puoi non prenderne atto con piacere.
Il Müller oramai, prova ne sia essere il gruppo col maggior numero di vini tra i bianchi fermi,  è un vitigno di casa in Trentino e particolarmente in alcune zone come la Val di Cembra, dove l’altezza e le forti escursioni giorno notte permettono ad un uva come questa di trovarsi particolarmente bene.  
Come detto dal punto di vista dei risultati puri siamo abbastanza soddisfatti, ma cercando di andare un po’ più in profondità non possiamo non notare come accanto ai Müller di mezza collina, che pagano un certo dazio aromatico, quelli di zone alte non riescano ancora ad esprimere appieno le loro potenzialità. Sarà perché tante sono vigne giovani, sarà perché le rese per ettaro (vero tallone d’Achille per la qualità in Trentino) spesso non permettono quel corpo e quella struttura che anche da un Müller ti aspetteresti, sarà perché a forza di andare in alto con gli impianti forse siamo andati troppo in alto e, profumi a parte, le maturazioni non sono certo facili tutti gli anni. Sarà quel che sarà ma la sensazione è che questo vitigno alla fine dei salmi possa dare buoni risultati ma non certo tali per far partire in maniera forte la corsa alla “mullerizzazione” del Trentino.

 

 

Il Traminer Aromatico ovvero se non ci arriva il Müller…

I Traminer Aromatici, oramai in onore del “brand” imperante ribattezzati anche qui Gewürztraminer, portano avanti piuttosto bene la moda dei vini aromatici. Rispetto ai cugini altoatesini sono forse meno esplosivi dal punto di vista aromatico ma molto più secchi, eleganti, adatti ad un consumo che non sia il classico calice da aperitivo. Avendo mediamente meno zuccheri residui rischiano di far spuntare l’amaro finale ma proprio questo è forse il pregio di tanti “Ta” (Se i Gewürztraminer vengono chiamati Gw, non vediamo perché i Traminer Aromatici non possano diventare Ta), che riescono a chiudere con una stimolante nota amarotica, sapientemente accennata.  Questo in un’annata calda e difficile, che però non ci ha presentato vini seduti o squilibrati  verso una grassa piattezza.
Praticamente i punteggi ricalcano quelli ottenuti dai Müller ma i GW hanno in più un maggior corpo ed una gamma aromatica non solo puntata sul floreale. Insomma, ci sembra in generale un vitigno che qui da buoni risultati e su cui magari puntare di più se……non si avesse l’Alto Adige sull’uscio di casa.

 

 

Tutto il resto, ovvero il bene e il m….eno bene

I migliori punteggi di questo gruppone sono andati ad un Riesling della Val di Cembra con rese molto basse per ettaro, ad una Nosiola anch’essa frutto di una buona selezione e ad un Sauvignon. Gli altri vitigni e gli uvaggi si sono dovuti accontentare di voti più bassi ma….andiamo con i distinguo.

Anche se abbiamo trovato un’ottima ed alcun buone Nosiola ci sembra (voce quasi confermataci da fonti molto in alto) che la Nosiola, passata la moda degli autoctoni, stia piano piano sparendo dal campo dei vini secchi per essere utilizzata solo per il Vino Santo Trentino.  Sempre meno campioni in degustazioni, sempre più profumi non proprio “nosioleggianti” , sempre più una sensazione di generale disinteresse  per un vitigno che è agli antipodi delle attuali Miss Trentino, cioè Traminer e Müller e soprattutto non è una bollicina.

Senza mai essere arrivato ai picchi della Nosiola, il Pinot Bianco sta però accompagnandola verso un limbo dove uno  scarso interesse per il vitigno fa il paio con una qualità mai esplosa.
Mentre invece, udite udite, nel loro piccolo i Pinot Grigio trentini ci hanno sorpreso per una discreta grassezza e soprattutto per essere molto meno quel vino slavato a cui eravamo abituati da anni. Forse o  l’annata molto calda o  l’appannamento della sbornia mondiale sul Pinot Grigio comincia a far riflettere qualche produttore e a farlo virare verso rese più adatte a vini che vogliono chiamarsi tali.

 Sul fronte Sauvignon le solite buone notizie: vini immediati, riconoscibili, di buona freschezza ma sempre stranamente pochi. Eppure il vitigno sembra adattarsi alla perfezione, anche se in alcuni casi la nota vegetale e di peperone è veramente troppo invadente. Probabilmente tra piantare Sauvignon o puntare sulle “Miss” del momento (vedi sopra) si sceglie la seconda ipotesi.

Sugli uvaggi  cosa dobbiamo dire? Magari i migliori non  erano in degustazione ma….perchè insistere??

Insistiamo invece su un concetto che per il Trentino è equiparabile alla scoperta dell’acqua calda. Sono d’accordo che anni di vacche eccessivamente grasse, con le grandi cantine sociali pronti a prendere tutto pagandolo oro o quasi, abbiano drogato il mercato ma se non si inizia seriamente a diminuire le rese (proprio partendo dai disciplinari!!!) il mondo del vino di qualità si allontanerà sempre più.

Ne abbiamo avuto un esempio  dall’unico 4 stelle dell’annata, un riesling.  Non sappiamo se questo vitigno sia particolarmente adatto al Trentino e altri esemplari assaggiati, pur buoni, non ci hanno fatto toccare il cielo con un dito. Questo Riesling però ci ha veramente colpito e soprattutto abbiamo ben presenti le parole del produttore  “Vi è piaciuto il mio Riesling? Per forza è buono..ho fatto 60 quintali per ettaro!”.

Fose non sarà la panacea di tutti i mali e forse non sarà facile metterla in pratica ma, per i vini che vogliono veramente stupire e restare impressi in mente, diminuire la resa da 130-140 a 60-70 quintali potrebbe essere, con le dovute attenzioni, una strada da seguire….

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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