Tortello a pasta sottile?? Ma mi faccia il piacere!4 min read

Il nostro Granocchiaio, leggendo la recensione IGP di un ristorante maremmano fatta da Stefano Tesi la scorsa settimana (vedi) è prima balzato sulla seggiola (non gli capitava dal 1978) rischiando di farsi pure male e poi ha preso carta, penna e calamaio e ha scritto quanto sotto.

 

Me lo dovevo aspettare questo servizio “barba e capelli” fatto a domicilio. È arrivato e non mi resta che provare a ribattere qualcosa.
Niente da dire sul posto dove io peraltro ho il torto di non averci più messo piede da una trentina d’anni buoni. Si mangiava bene allora e credo sulla parola che si mangi bene oggi, non lo metto in dubbio.

Non posso dire nemmeno in assoluto quali sono i più buoni tortelli maremmani in Maremma. Per mia moglie Laura i più buoni sono quelli di Roberto Rossi (da Silene) alla Pescina di Seggiano, per me quelli fatti a Macchiascandona nell’omonimo ristorante di Giacomo Rabiti. Inutile dire che sono eccellenti entrambi, ma sono  diversi. Due stili.

So di mettermi su di un viottolo assai stretto e scivoloso, ma con il mio fisico posso tentare.

Dico questo perché nella descrizione ho percepito un passaggio che mi ha fatto rizzare subito le orecchie. Non come quelle del direttore, ma quasi.

Ma i tortelli sono speciali, davvero. Il ripieno di ricotta e spinaci è perfetto per freschezza e fragranza. La cottura è quella giusta per la tipologia “maremmana”: appena un filo più del teorico dovuto, senza compromettere la tenuta della pasta, sottile quanto basta ma senza sembrare carta velina. Tradizione pura. Sapore intenso, che rimane a cavalcioni tra l’armonia dell’insieme e la separazione tra gli ingredienti, in modo da farne apprezzare la freschezza. Anche il sugo fa la sua parte, coerente con il resto: ha la necessaria granulosità, nessuna traccia di unto in eccesso, eppure il condimento si amalgama a meraviglia coi ravioli.

Sapessi scrivere così vorrei vivere di prepotenza.

Il punto è “pasta, sottile quanto basta ma senza sembrare carta velina. Tradizione pura.”  Tradizione pura sarà dalle sue parti, caro lei, ma non nei tortelli di Maremma.

Mia mamma, come mia nonna, come mia zia, e anche Beppina del Lollo che in fatto di pasta è un fenomeno riconosciuto dalla scienza, facevano e sanno fare questa pasta costì: sottile quanto basta, ma senza sembrare carta velina. Ecco questa è la pasta dei tortelli di Silene, quelli di Roberto Rossi, quelli che mia moglie dice sono i più buoni della Maremma. E potrebbe perfino essere vero. Ma per favore non parliamo di “tradizione pura”. La tradizione maremmana prevede per il tortello maremmano che la pasta sia abbastanza spessa, non dura e callosa, soffice casomai. Oserei dire. Ma con un tortello grande quanto un fazzolettino da signorine. E con il marciapiedi segnato. Chiarisco per i non indigeni: chiamasi marciapiede la zona di pasta circostante il ripieno, ovviamente di spessore doppio, pasta su pasta. Il marciapiede ha da essere antisdrucciolo per cui viene opportunamente sagomato con righe parallele ottenute con i rebbi (denti) della forchetta. Operazione nella quale ero adibito fin dai 4 – 5 anni.

 Ecco dove sta la grande differenza tra i tortelli di Silene (ma anche quelli di Case Migliorini) e quelli di Macchiascandona e quelli di Beppina del Lollo. Ce ne sono altre di differenze, ma quella basilare è sulla pasta.

Non voglio giustificare una tradizione, forse nemmeno si può, credo però che la cosa non sia dovuta all’atavica fame che nelle nostre terre ha imperversato per decenni e forse secoli. Mi sono fatto un’altra idea al riguardo. Il tortello per noi è piacere, è voluttà, è anche sfogo e voglia di dare uno schiaffo alla miseria. Ecco allora che l’abbondanza e la morbidezza, come un prosperoso seno materno, ti soddisfa carne e sentimenti. Morsicare un tortello a pasta fine è bello, è elegante, ma non ti darà mai la soddisfazione di affondare le fauci in quella pasta doppia e morbida, voluttuosa stoffa che ti si offre intingolata da un saporito sugo ricco e colorito.

La sfoglia, nel mio tortello, non è contenitore del ripieno, è essa stessa tortello.

Roberto Tonini

Nato nella Maremma più profonda, diciamo pure in mezzo al padule ancora da bonificare, in una comunità ricca di personaggi, animali, erbe, fiori e frutti, vivendo come un piccolo animale, ho avuto però la fortuna di sviluppare più di altri olfatto e gusto. La curiosità che fortunatamente non mi ha mai abbandonato ha fatto il resto. Scoperti olio e vino in tenera età sono diventati i miei migliori compagni della vita. Anche il lavoro mi ha fatto incrociare quello che si può mangiare e bere. Scopro che mi piace raccontare le mie cose, così come a mio nonno. Carlo mi ha invitato a scrivere qualche ricordo che avesse a che fare con il mangiare ed il bere. Così sono entrato in questa fantastica brigata di persone che lo fanno con mestiere, infinita passione e ottimi risultati. 


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