In preparazione di una Masterclass sull’Australia ed i suoi vini mi sono imbattuto in questo personaggio folk&funk (del resto basta guardare la sua faccia) che risponde al nome di Timo Mayer e che mi ha incuriosito parecchio, così ho approfondito.
Timo Mayer è un agricoltore cresciuto in Germania dove la sua famiglia produce vino da più di 400 anni in un’area vinicola piena di piccoli coltivatori vicino a Stoccarda nella regione del Baden-Württemberg. L’irrequieto Timo, fuggendo dai lacci famigliari e dall’eventuale gestione dell’azienda di famiglia, cerca la sua strada e nei suoi viaggi approda in Australia. Nel suo perenne girovagare incontra Rhonda, che diventerà sua moglie. Nel 1993 la coppia ha un figlio e decide di stabilirsi nella Yarra Valley.
All’epoca, la Yarra Valley aveva una discreta reputazione come regione vinicola australiana, ma era una reputazione poco solida, costruita secondo i modelli dell’epoca: vini “tuttifrutti”, “tuttolegno” e “tuttoalcol”. I produttori locali ignoravano, o non erano affatto interessati, ai modelli europei, non comprendendo come il clima fresco della regione potesse tradursi in vini più eleganti. L’innovazione e la vera comprensione dei punti di forza della Yarra Valley erano misconosciuti. Solo pochissimi nomi come Yarra Yering, Mount Mary e De Bortoli pensavano a fare vini in modo diverso dalla tradizione locale.
Nel 1996 Timo inizia a lavorare proprio da De Bortoli, dove fruisce degli insegnamenti di Steve Webber. È qui che inizia a sviluppare quello che diventerà noto come lo “stile funk” del Pinot Nero. Questo approccio include l’uso di grappoli interi in percentuali molto alte (spesso fino al 100%), fermentazione spontanea con lieviti indigeni, minimo intervento in cantina e poca o nessuna filtrazione. Il risultato sono vini con aromi complessi che includono note “selvatiche” o “terrose”, una componente speziata pronunciata, una texture particolare data dalla fermentazione carbonica che avviene all’interno degli acini interi e una certa volatilità controllata che secondo alcuni punti di vista aggiunge complessità. È un metodo che si ispira alla tradizione Borgognona, ma portato all’estremo con una visione molto personale.

Nel 2000, con l’aiuto e il sostegno di familiari e amici, Timo pianta il suo vigneto di 2,5 ettari alla base del Monte Toolebewoong chiamandolo Bloody Hill Vineyard, in riferimento allo sforzo richiesto per lavorare su una collina così ripida. Sono suoli di ghiaia, poco profondi con inserti di arenarie a circa 200 mt slm. Nel 2004 compie la mossa che lo renderà celebre: applica la fermentazione a grappolo intero – una tecnica allora poco utilizzata in Australia – a uno dei suoi Pinot Nero. La comunità vinicola della Yarra Valley si divide: alcuni rimangono inorriditi, ma molti sono incuriositi, affascinati dalla maggiore complessità, dai tannini più setosi e dalla freschezza del vino.
Oggigiorno, sebbene pochi si spingano verso i confini estremi disegnati da Timo, la sua influenza sullo stile dei vini in tutta l’Australia è innegabile. Grazie a lui, una tecnica che era raramente usata in Australia è ora di uso comune e sta diventando la regola piuttosto che l’eccezione. I vini che vengono realizzati seguendo questa filosofia stanno contribuendo a ridefinire le percezioni del vino australiano in tutto il mondo.
Uno dei suoi Pinot Nero, Il “Close Planted”, quello la cui etichetta è ispirata ai celebri Chambertin di Armand Rousseau, si trova al minor prezzo italico( 55 euro) da Enoteca Valentini a San Marino. Esiste anche una versione più economica chiamata “Bloody Hill” a circa 40 euro. Volete sapere com’è questo 2021? Colore pronunciato, profumi molto netti e puliti di mirtilli(maturi) e pepe nero con tannini cesellati e piuttosto eleganti. Tutto sommato una bella esperienza.