Terre di Camugliano: ecco come si custodisce il passato e si guarda avanti3 min read

Può capitare, girellando per la Toscana, di imbattersi in una villa medicea, se ne contano più di venti nella regione: i Medici hanno indubbiamente lasciato il segno, e non solo per le ville.

La villa di Camugliano, in provincia di Pisa, è forse meno nota ma non per questo meno degna d’interesse. Fondata nella prima metà del ‘500 dal Duca Alessandro de’ Medici, fu acquistata dalla famiglia Niccolini nel 1637 e la proprietà è rimasta immutata fino ad oggi. E proprio il Marchese Lorenzo Niccolini con il suo staff ha recentemente presentato la tenuta alla stampa.

Ed è stata una sorpresa perché ci siamo trovati di fronte ad una vera e propria fattoria nella quale non si è persa l’idea originaria della produzione – un tempo si sarebbero chiamate curtensi – che rendeva queste strutture un microcosmo nel quale si manteneva un corretto equilibrio tra l’uomo e la natura. Inoltre, l’azienda è stata una delle prime in Italia ad avere indicato nell’etichetta la particella di terreno dove sono stati coltivati i propri prodotti.

Oggi l’azienda si estende su 571 ettari di cui 130 di bosco e 382 seminativi oltre a tre ettari destinati a vigna. Si tratta di una piccola produzione vinicola ricca di passato: Le terre di Camugliano un tempo erano rinomate per i loro vigneti che, divisi in poderi ben distinti, davano il nome a varie zone, come il Poggio d’oro o il Vignone, in pratica cru ante litteram.   Questa divisione poderale e la volontà di mantenere separata la vinificazione è testimoniata dalle antiche cantine sotterranee e la tinaia dove per secoli sono state vinificate uve bianche e nere e che oggi rappresentano una fotografia reale della storia della viticoltura. La cantina, infatti, può vantare di essere tra le prime in Italia ad avere tini in cemento che permettevano di avvalersi delle nuove tecnologie dell’epoca (siamo ai primi anni dell’800).

Due le tipologie di terreno caratteristiche della Tenuta: argillosi, e argillo-sabbiosi. I primi, ricchi di scheletro, sono destinati alle uve rosse. Nei secondi invece, sono piantate le uve Trebbiano, Vermentino e Malvasia bianca. Tutte le viti sono allevate a Guyot.

Vecchia tinaia

I tre vini attualmente in produzione rappresentano  l’azienda e la sua filosofia, ovvero rispetto della tradizione, indifferenza verso le mode, rispetto per la terra e di conseguenza produzione rigorosamente biologica.

Il bianco dell’azienda è un Vermentino fermentato e affinato in acciaio e stupisce per la sua tipicità. Abbiamo assaggiato in anteprima il 2023, fruttato e floreale ma soprattutto fresco e sapido con un ottimo rapporto qualità/prezzo.

Ecco quindi il Marchese di Camugliano, Sangiovese con forse infinitesimali tracce di Cabernet, vinificato e affinato in cemento. Il 2022 anch’esso assaggiato in anteprima conferma la tipicità dei vini di Camugliano per la loro immediata riconoscibilità, tannini già gradevoli, viola e frutti rossi, anch’esso con un ottimo rapporto qualità/prezzo.

Il vino di punta è il Castello di Camugliano, classico uvaggio toscano di Sangiovese da vigneti piantati nel 1974 con piccole e variabili aggiunte di Canaiolo, Ciliegiolo, Colorino e Malvasia nera. Vinificazione in acciaio e affinamento 12 mesi in barrique di secondo passaggio. Nel 2020, anche se il legno è ancora evidente, emergono interessanti e promettenti note di frutti rossi e tabacco che fanno ben sperare nell’evoluzione dei prossimi anni, infatti già il 2019 mantiene sostanzialmente intatti i profumi e si presenta molto più equilibrato in bocca.

Insomma, dopo “tanta rincorsa” una buona partenza.

Fabrizio Calastri

Nomen omen: mi occupo di vino per rispetto delle tradizioni di famiglia. La calastra è infatti la trave di sostegno per la fila delle botti o anche il tavolone che si mette sopra la vinaccia nel torchio o nella pressa e su cui preme la vite. E per mantener fede al nome che si sono guadagnato i miei antenati, nei miei oltre sessant’anni di vita più di quaranta (salvo qualche intervallo per far respirare il fegato) li ho passati prestando particolare attenzione al mondo del vino e dell’enogastronomia, anche se dal punto di vista professionale mi occupo di tutt’altro. Dopo qualche sodalizio enoico post-adolescenziale, nel 1988 ho dato vita alla Condotta Arcigola Slow Food di Volterra della quale sono stato il fiduciario per circa vent’anni. L’approdo a winesurf è stato assolutamente indolore.


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