TERRA TREMULA: novembre del vino e dello zafferano3 min read

Con queste righe Roberto De Viti inizia la sua collaborazione con Winesurf. Pur essendo stato avvertito dei rischi non ha sentito ragioni…. a parte gli scherzi, siamo molto felici ed onorati di averlo nelle nostre file. Roberto è abruzzese e abita all’Aquila: così ci è sembrato giusto, incrociando vino, gastronomia e storie di tutti i giorni, dedicare una serie di articoli, intitolati “TERRA TREMULA”,  a come hanno reagito e reagiscono questa terra ed i suoi abitanti al terremoto. Eccovi il primo.

“Cala novembre e le inquietanti nebbie / gravi coprono gli orti / lungo i giardini consacrati al pianto / si festeggiano i morti / si festeggiano i morti”. Riecheggiando la gucciniana “Canzone dei dodici mesi”, strimpellata o cantata a squarciagola da molti di noi e da molti delle giovani generazioni, chissà perché non mi sono mai intristito.

Da queste parti, in quella "terra tremula” ai cui capricci siamo affidati, novembre è un mese prezioso. Nei suoi primi giorni fioriscono i bulbi del Crocus Sativus: lo zafferano. O meglio, lo “Zafferano dell’Aquila”, Dop dal 2003. I fiori si raccolgono al mattino presto, quando sono ancora chiusi e proteggono i preziosi pistilli (tre per ciascun fiore) tra i petali violacei. Poi bisogna “sfiorare”, cioè estrarre i tre stimmi rosso scarlatto da ciascun fiore e metterli ad asciugare su un setaccio, sopra la brace del camino. Durante la tostatura perderanno i 5/6 del peso. Non stupisce, quindi, che per ottenere un solo grammo della preziosa spezia occorra raccogliere circa duecento fiori.
Intanto, in vigna, i viticoltori seguono con apprensione lo stato di salute e il grado zuccherino delle uve. Qui, il Montepulciano d’Abruzzo esprime identità e diversità: nomi e cognomi che lo nobilitano e lo distinguono dal gran guazzabuglio di una Doc che copre in pratica tutto il territorio regionale, spiagge escluse e per la quale (1968) venne scelto un nome destinato solo a generare confusione.

In questi terreni quasi montani, magri e ricchi di scheletro, le maturazioni sono molto lente e le vendemmie cominciano quando i “Novelli” sono già in circolazione per la gioia di alcuni e l’indifferenza dei più. Sono cloni particolari di Montepulciano, capaci di adattarsi ad un profilo pedoclimatico speciale: alle spalle il Gran Sasso, di là il mare, con fortissime escursioni termiche tra il giorno e la notte e fra l’estate e l’inverno, che qui nell’aquilano e ai confini pescaresi, è rigidissimo. Luoghi, dicevamo: Vittorito, Ofena, Popoli, Capestrano, Prezza. E nomi e cognomi: Pietrantonj, Cataldi Madonna, Gentile, Pizzolo, Pasquale.  I loro vini di punta raccontano di questa terra così particolare e, invecchiando, perdono ogni rudezza diventando gentili, eleganti e pensosi come certi contadini di qui. Sono Montepulciano d’Abruzzo, ma quel che importa sono i loro nomi: Cerano e Arboreo, Tonì e Malandrino, Zeus e Zefiro, San Calisto e Valle Reale, Praesidium.

Da queste parti le famiglie contadine continuano la tradizione dei vini della festa: il vino cotto e la “ratafià”. Sono ottenuti per bollitura e concentrazione del mosto il primo; per infusione in Montepulciano d’Abruzzo di “visciole” (le ciliegie/amarene piccoline di qui) il secondo. Molti notai aquilani, nei loro studi ora diruti e deserti della città storica, ne tenevano una bottiglina nella credenza per sugellare, brindando con un bicchierino di liquore a base di vino e ciliegia un accordo o un contratto tra le parti: “Ut rata fiat”, siano ratificati gli atti.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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