Teroldego e Marzemino, belle soddisfazioni3 min read

Quelli che seguono questo giornale sanno della mia personale passione per il Teroldego e il Marzemino. Oltre ad essere ottimi vini mi ricordano la gioventù, gli anni passati sulle montagne trentine, un periodo ormai passato ma bellissimo.

Questi due vini, che in certi periodi sono stati il mio vino quotidiano, da allora (si parla degli anni settanta-ottanta) hanno fatto molti passi avanti e purtroppo anche qualcuno indietro. Il Teroldego, dal colore spesso impenetrabile era diventato impenetrabile anche al palato, scimmiottando i monoliti che ad un certo punto andavano di moda. Pensate che c’era un periodo in cui addirittura veniva comprato del teroldego in cisterna per tagliare vini di zone a me molto vicine…

In maniera minore ma la stessa strada stava seguendo il Marzemino, nel periodo che quasi ci si vergognava se un vino aveva profumi importanti e unici senza poter ricorrere al legno, che doveva anche garantire una tenuta nel tempo di cui pochi sentivano il bisogno.
Ma le cose cambiano e finalmente oggi i due vini-vitigni sono ritornati a ricercare profumi ed equilibrio. La dimostrazione l’abbiamo avuta più in questa degustazione che in quelle degli scorsi anni, forse anche perché rispetto al recente passato abbiamo potuto degustare finalmente un numero rappresentativo di vini. Complessivamente ne abbiamo assaggiati quasi sessanta, con una preminenza numerica dei Teroldego sui Marzemino.

Vediamo come è andato partendo dal Marzemino.

Sia parlando dei giovanissimi 2012, che dei Superiori 2011 o addirittura di qualche ottimo esempio con 3-4 anni sulle spalle, non possiamo che stendere un tappeto rosso e partire con l’applauso. Una serie di vini dove praticamente sempre il varietale è stato rispettato ed esaltato, senza però perdere di vista l’equilibrio  e la presenza in bocca. Quasi tutti i vini infatti hanno mostrato una rotondità ed una freschezza  che ti invogliava più a bere che a degustare.

Alcuni vini, specie tra i Superiori d’Isera, ci hanno veramente emozionato. Ci sono cantine che da anni stanno puntando sul Marzemino ed oramai rappresentano una sicurezza qualitativa assoluta sempre, anno dopo anno. Non faccio nomi tanto li potrete vedere dai risultati degli assaggi ma ci sono cantine che dal marzemino più semplice a quello più importante non sbagliano un colpo e meriterebbero maggiore considerazione a livello italiano.

Dopo questa sviolinata assolutamente meritata non posso che dare un bel 9 alla degustazione dei Marzemino.

 

 

Adesso passiamo al Teroldego.

Se è facile dare un voto altissimo ad un vitigno un po’ “mascalzoncello”, un ragazzaccio che con il suo profumato sorriso riesce a sopperire ad alcune pecche, arrivati al Teroldego le cose cambiano. Anche se ci sono molti Teroldego che puntano sull’immediatezza, le grandi potenzialità del vitigno su misurano con parametri dove la profondità aromatica e gustativa, la pienezza e la dolcezza della componete tannica, la persistenza importante al palato hanno grande importanza.

Detto questo mi sento di affermare che una bella serie di Teroldego “importanti” hanno finalmente smesso le armature e vestito panni importanti ma da non rimanerci schiacciati sotto.

Fuor di metafora molti vini assaggiati riescono ad esprimere grande complessità (aromatica e gustativa) senza per questo essere appesantiti da dosi di legno, da estrazioni  e macerazioni esagerate.  La parola che più mi è venuta in mente  durante l’assaggio è fragranza, trovata anche in vini leggermente passiti.  Non per niente tra i migliori ci sono vini non certo di punta e questo dimostra come la saggia eleganza in cantina possa molto. Può anche creare grandi vini che costino molto poco e se questa vi sembra una cosa da niente…

Comunque arriviamo al voto, che si attesta su un 8 pieno, con la speranza futura di poter salire.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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