Sulle scale che portano al Castello di Taurasi trovo Beppe, un mio amico e coetaneo.
“Ciao Beppe, come va?”
“Ormai poco più di un tatuaggio” (con un rapido accenno alle parti basse).
La risposta mi convince che è meglio lasciar perdere, rischiamo di deprimerci.
Inizia così il mio giorno di degustazione all’Anteprima Taurasi 2004 che si è svolto nelle salette del maniero dove l’attenta regia di Paolo De Cristofaro e Raffaele Del Franco aveva predisposto con molta professionalità gli assaggi. Questi prevedevano anche campioni di Irpinia Campi Taurasini DOC, Irpinia Aglianico DOC e Campania Aglianico IGT della vendemmia 2006.
In precedenza mercoledì 28 novembre la commissione di esperti presieduta la Luigi Moio aveva attribuito all’annata Cinque stelle. Parametri usati: l’integrità dei vini, la riconoscibilità territoriale ed il loro potenziale evolutivo nel lungo periodo. All’annata 2004 è stato attribuito un carattere particolarmente austero ed un grande potenziale di invecchiamento. Per quanto mi riguarda, non avendo una memoria storica (ma neanche l’altra), sarei forse stato più cauto. Comunque va bene così, bisogna pur fidarsi!
Le degustazioni hanno comunque messo in evidenza , oltre a qualche ingenuità enologica, stili diversi pur all’interno di un quadro sensoriale abbastanza condiviso, anche se credo che quello dei profili organolettici legati a zone diverse, sia un problema da affrontare quanto prima, se si vuole fare veramente di questo vino un “grande vino”.
Nell’incontro-dibattito pomeridiano a cui hanno partecipato giornalisti, operatori e produttori, (prologo del più fisico confronto poi svoltisi nella mattina di domenica che ha visto trionfare la squadra di calcetto formata dagli agronomi) è stato più volte sottolineato come la qualità media si sia innalzata anche indipendentemente dall’annata, che però ha dato sicuramente un plus a differenza degli anni passati .
Ecco comunque i vini che mi hanno impressionato di più tra i Taurasi 2004.
Feudi di San Gregorio: piacevolmente fruttato con sensazioni di spezie e pepe ben in evidenza. Austero, ben equilibrato, con tannini ben vivi e buona lunghezza.
Radici di Mastroberardino: un classico. Complesso ed elegante. Nulla da aggiungere. Parla da se. Longevità assicurata.
Taurasi Pietracupa. Per essere uno che dice di essere un “bianchista” proprio non male.Un Taurasi di tradizione. La evidente vena acida e tannini ben lavorati prospettano un interessante invecchiamento.
Macchia dei Goti di Caggiano Un legno ancora in esubero con tutto quello ne consegue, troppo giovane per darne un giudizio. Sicuramente l’ulteriore affinamento in bottiglia ce lo consegnerà diverso e sempre all’altezza della sua fama.
Vigna Andrea di Colli di Lapio. Un naso complesso che lascia trasparire note di frutta e pepe nero con sottofondi balsamici. Un ingresso morbido ed un buon finale ne fanno un vino molto piacevole già adesso.
Complessivamente anche per quelli non citati il livello, aldilà delle dichiarazioni ufficiali, è stato molto buono. Quanto ai campioni di botte, presentati giustamente a parte, non me la sento dire alcunché.
Premettendo che la manifestazione è stata organizzata benissimo (e sfido a trovarne altre nel centro Sud che offrono altrettanta competenza ed assistenza logistica) una considerazione a latere di carattere generale però la farei. L’assegnazione del rating è un “giochetto” che sicuramente ha il suo ritorno mediatico ma che al mercato ed al grande pubblico italiano dice poco. Inoltre mi chiedo se Hugh Johnson abbia o no ragione quando scrive su Time Online che il concetto di annata sarebbe ormai obsoleto. Questo perchè con le tecniche agronomiche e di cantina attuali i produttori sarebbero così bravi nel camuffare le annate negative, per cui ogni annata è buona. Forse il ragionamento di Johnson calza più per le produzioni industriali che non per quelle piccole artigianali, forse per quelle nazioni in cui le regole sono molto blande o non ci sono. Certo però se avesse ragione addio anteprime e addio “circo barnum” della stampa specializzata e devo dire un po’ mi dispiacerebbe non fosse altro perchè non potrei sapere da Beppe se il “tatuaggio” perde anche di colore. Che ci volete fare, sono curioso.