Stampa estrera a portata di clic. Wine Spectator: vol. 43, no.6-20184 min read

“Where to drink well”, annuncia la copertina di questo numero principalmente dedicato ai migliori ristoranti del vino in America e nel mondo. Ad accompagnarlo, la foto di Chantel Dartnall, chef del Restaurant Mosaic , 2018 Grand Award Winner di Wine Spectator, a Pretoria, in Sud Africa.

Gli altri titoli: vini di Washington, bianchi del Portogallo, i tesori di Michael Clarke.  Cominciamo dalla Wine List,  la consueta premiazione annuale dei ristoranti del vino, che occupa la parte centrale di questo fascicolo.

Dopo l’articolo  di introduzione di Gillian Sciaretta, seguono i ritratti di alcuni dei ristoranti  premiati: “Ai Fiori”, a Manhattan, “Barolo Grill” a Denver, “Le Coureur des Bois”,a Montréal, “Madera”, nel cuore della Silicon Valley, “Metropolitan Grill”, a Seattle,  naturalmente il “Restaurant Mosaic” di Pretoria, e il “Sistina”di New York. L’articolo di Julie Harans, dal titolo “Class of ‘81”, parla dei 13 ristoranti vincitori nell’anno in cui la rivista introdusse il suo Grand Award, il 1981.

Tra questi il famoso “Valentino” di Piero Selvaggio, che, dopo aver ricevuto il premio per 37 anni consecutivi, nel 2018 si è ritirato dalla  competizione. Nelle successive 90 pagine sono riportati i nomi e gli indirizzi dei ristoranti premiati, partendo naturalmente dagli Stati Uniti (in ordine alfabetico, dall’Alabama al Wyoming), che ne occupano quasi 70. Quelle che rimangono dovrebbero coprire il mondo intero: solo poche righe per stati come il Belgio , la Bulgaria o la Cambogia, un po’ di più per altre, come il Canada (circa tre pagine, con le maggiori concentrazioni nel British Columbia, nell’Ontario e nel Quebec).

Tre pagine toccano anche alla Cina, con Pechino, Shanghai, Hong Kong e Macao protagoniste, ma solo una alla Francia  e ancora meno di una paginetta all’Italia: il massimo riconoscimento va all’Antica Bottega del vino di Verona (15 anni di Grand Award), all’Enoteca Pinchiorri, a Firenze, al Poeta Contadino (Alberobello), amatissimo dagli americani, La Ciau del Tornavento di Treiso  e La Pergola  di Roma.

Solo due bicchieri , invece, per Cracco (Milano), il Cambio  (Torino) e un’altra quindicina di ristoranti. Non va meglio alla Spagna, con appena 7 indirizzi, di cui il solo Atrio di Caceres premiato con il Grand Award. Vediamo gli altri articoli. Il primo , intitolato “Il sole brilla su Washington”, di Tim Fish, parla dei vini dello stato più nord-occidentale degli Stati Uniti, nel quale la vendemmia 2016 (primavera tiepida ed estate moderata) resta sui (buoni) valori delle vendemmie precedenti, con l’eccezione di quelle del 2012 (la migliore) e del 2011 (la più modesta).

Al vertice delle preferenze di Fish, un Riesling nato da una joint-venture tra Château Sainte Michelle e Dr. Loosen. Poi sono i vini di Walla Walla a spiccare (7 vini tra i primi dieci), con punteggi tra i 94 e i 95/100. Nell’articolo successivo, l’ultimo prima della Buying Guide, Mitch Frank intervista Michael Clarke , CEO di Treasury Wines, con aziende in Australia (Penfolds, Wynns e altre), California (tra cui Beaulieu, Beringer e Stag’s Leap), e Nuova Zelanda (Matua, a Marlborough).

Ai bianchi del Portogallo  è dedicato un articolo breve di Gillian Sciaretta , “A Lighter Side of Portugal”, nel quale sono anche riportate le preferenze dell’autrice: sono i vini del Douro, terra di grandi rossi e dei vini fortificati , a prevalere, con ben 8 vini sui primi dieci; più giù Dão, Lisboa e Alentejo. Nella corposa Buying Guide di questo numero, questa volta “tacciono” i vini italiani: tra le categorie di maggior prestigio spiccano i Pinot Noir della Williamette Valley, tra quelle con miglior rapporto qualità/prezzo, tra vini spagnoli, portoghesi e neo-zelandesi, c’è un Vermentino sardo della Cantina di Santa Maria La Palma, dall’evocativo nome Aragosta.

Che altro c’è?  Dopo il consueto editoriale di Shanken e Matthews, ovviamente centrato sugli Awards assegnati ai ristoranti, il feed-back dei lettori, le rubriche di GrapeVine . “Copertina” per le devastanti grandinate di maggio 2018 a Bordeaux, poi gli eventi (l’annuale Magnum Party  californiano), poi le pagine del cioccolato, lo shopper, i commenti dei columnists : Marcus (i vini di California sopravvissuti alle fiamme), Kramer (ancora a proposito di prezzi). Infine, l’ultima pagina: il Perfect Match  del mese. Quale?  Tra costolette d’agnello e Barbaresco. Quale consiglia Wine Spectator? Il Gallina 2011 di Cantina del Pino. Oppure si può tentare il Barolo Cinquevigne 2013 di Damilano o il Langhe Nebbiolo Perbacco 2014 di Vietti

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Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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