Stampa estera a portata di clic: La Revue du Vin de France, n. 621/20185 min read

Sulla copertina del numero precedente c’era una bottiglia di Bourgogne, su questa c’è invece un grand cru di Saint-Emilion, lo Château La Gaffelière dell’annata 2017 (riuscita eccezionale per questo cru), ad annunciare la degustazione dei vini primeurs del millesimo. Di fatti il titolo grande anticipa “Il nostro palmarès dei Bordeaux 2017”. Poi : Cheverny e Cour Cheverny, i migliori Calvados, buoni vini a meno di 5 euro “en grand surface” (negli ipermercati), l’incredibile saga  del CRAV (il “Comité régional d’action viticole”) in Languedoc e la sua lotta contro la mondializzazione del vino.

Ancora: 59 cuvées di Vacqueyras di puro piacere, e , per finire, il Salon della RVF in programma a Parigi il 4 e 5 maggio. Naturalmente non mancano altri articoli non annunciati in copertina , e non resteranno delusi neppure i fan della Borgogna, che troveranno, proprio in apertura, un’intervista a tutto campo a Philippe Drouhin , membro del direttorio  della grande Maison di Beaune, e direttore finanziario e tecnico delle due proprietà della famiglia nell’Oregon, il testa a testa tra i Clos Saint-Jacques di Sylvie Esmonin e di  Armand Rousseau, per la serie “Una appellation due stili”, i consigli di Claire Gazeau-Montrasi  (Château des Rontets) per l’abbinamento di una vecchia annata della sua cuvée Les Birbettes (Pouilly-Fuissé).

Ma procediamo per gradi, partendo dagli articoli annunciati in copertina. Primeurs 2017 a Bordeaux: annata difficile, penalizzata dalle gelate, con diminuzioni importanti dei volumi e la rinuncia-choc, da parte di alcuni grand cru (penso a Climens, a Barsac , e Fieuzal, a Léognan) a produrre il loro grand vin. Il clima non è stata l’unica rivoluzione del bordolese nel 2017, perché mai come in quest’anno sono state effettuate transazioni così numerose nella proprietà dei grands crus di Saint-Émilion (la più clamorosa, quella di Troplong-Mondot, e la scomparsa di alcuni crus storici , ora inglobati in altre proprietà).

Ciò nonostante, non sono mancate le buone riuscite. Molto disomogeneo il Médoc. Qui è stata un’annata di profilo classico: i vini migliori hanno una bella acidità, livelli di alcol moderati, frutto croccante  e tannini molto  fini. Il gelo ha fatto  danni anche sulla Rive Droite, in particolare nelle zone più basse di Pomerol. Anche qui le riuscite non sono state omogenee, con alti e bassi.  Eccezionali invece, quantità a parte, i bianchi secchi di Pessac-Léognan. Molte difficoltà, infine, nel Sauternais, e principalmente a Barsac, dove l’arrivo tardivo della botrytis ha costretto i vignerons a moltiplicare i passaggi nella raccolta.

Rapido cenno ai top scores, sulla Rive Gauche: a Saint-Estèphe, Calon-Ségur (18-18.5/20); a Pauillac , Lafite-Rotschild e Pichon-Baron Longueville (18-19/20); a Saint-Julien,  Ducru-Beaucaillou e Léoville-Las Cases (18-18.5/20); a Margaux, Margaux (18.5-19) e subito dopo Palmer. A Pessac-Léognan , Haut-Brion su tutti, in bianco e in rosso (18-19/20), ma eccezionale anche il blanc di Smith-Haut-Lafitte. Sauternais: Coutet e Fargues (18.5-19/20) su tutti. Sulla Rive Droite:a Saint-Émilion, Ausone, La Gaffelière e Tertre-Roteboeuf (18-18.5/20); a Pomerol Lafleur (18.5-19.5/20).

L’altra degustazione seriale di questo numero è dedicata al Vacqueyras , interessante vignoble del Rodano meridionale, rimasto a lungo nell’ombra del vicino Gigondas: molto vari, con rossi e bianchi potenti ma  talvolta più fini. Addossata ai rilievi delle Dentelles di Montmirail, Vacqueyras poggia su una vasta terrazza alluvionale  nota come Plateau des Garrigues, su cui dominano i galets roulés come a Châteauneuf-du-Pape.

Tra i rossi del 2015 spicca il Vacqueyras dello Château des Tours (17/20). Quanto ai bianchi (a essere degustata è stata l’annata 2016), su tutti la cuvée Melodine del Domaine Montvac e il blanc del Domaine Les Ondines (16/20). Dell’intervista a Philippe Drouhin si è detto: al centro, la vitivinicoltura biologica e la biodinamica. Poi è la volta dell’inchiesta, di carattere storico,  sulla  lotta protezionistica della CRAV (ne parla Jérôme Baudouin). Olivier Poels ha  assaggiato i vini degli ipermercati alla ricerca delle bottiglie più interessanti. Tra tante mediocrità (c’è anche un elenco dei bocciati), non manca qualche bella sorpresa, di vini semplici ma ben fatti e gradevoli: 3 euro e 29 per un Pinot blanc alsaziano di Alliance Alsace, ottimo per un aperitivo sul terrazzo. Per quel prezzo che cosa si vuole di più? Eccoci al “duello” tra i Clos-Saint-Jacques (Premier cru di Gevrey-Chambertin) nelle interpretazioni di Armand Rousseau, Domaine mitico di Gevrey, e di Sylvie Esmonin ,  vigneronne tra le più conosciute della Côte-d’Or. Il testa a testa tra i loro vini ripercorre sei annate , dal 1996 al 2013. Pierre Casamayor dedica un ampio  servizio alla “rinascita” di  Remelluri, icona  della Rioja Alavesa, eredità dei monaci di San Girolamo.  Tempranillo e Grenache  sono le varietà dominanti nelle  due cuvées degustate: la famosa Reserva (nove annate dal 1972 al 2012) e la Cuvée Granja (2014 e 2015).

Il terroir sotto esame di Sophie de Salettes  è quello di Cheverny e Cour Cheverny, sulla rive gauche della Loira, alle porte della Sologne. Qui, oltre alle varietà bianche  e rosse più conosciute della regione (Sauvignon blanc e gris ,  Chenin , Chardonnay , Pinot noir , Gamay, Cabernet franc e Cot) , ci sono interessanti  varietà autoctone, tra le quali spicca il romorantin dei bianchi di Cour Cheverny. Ancora, la gastronomia: il grand accord di Alan Geaam, chef che mescola cucina francese e libanese nel suo ristorante nel XVI arrondissement di Parigi, tra il Pot-au Feu e un Bordeaux rouge del Domaine des Cambes; gli abbinamenti migliori per le anguille secondo Olivier Poussier (Jerez Oloroso o Madeira Sercal Dry).

Il viaggio: Jean-Marc Grussaute parla del Jurançon , nel Béarn: come preparare il viaggio (in aereo fino a Pau o in TGV in poco più di quattro ore da Parigi), i vignerons più talentuosi, i ristoranti dove mangiar bene, gli alberghi, le cose da scoprire. Infine, naturalmente, l’editoriale di Saverot, in apertura (a proposito del  diploma universitario dedicato ai vini alsaziani lanciato da Jean-Michel Deiss), le notizie del mese (curiosa la novità della nuova bottiglia senza vetro  in fibre di lino), l’annuncio della nuova edizione del Salon della RVF al Palais Brongniart ,  la posta dei lettori, le rubriche (i coup de coeur dei redattori; i vini “da collezione”: + 190% in dieci anni per i vini della Borgogna).

Si finisce, come al solito, con la discussione su una bottiglia: questa volta Alexis Goujard e Pierre Vila Palja  “dibattono” su  un Côtes-du-Rhône 2015 della Maison Guigal. Meno di dieci euro, ma un vino che soddisfa tutte le aspettative di un vino di entrata di gamma della categoria.

 

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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