Stampa estera a portata di clic: Decanter n.6, Marzo 20184 min read

In copertina un  tagliere con salumi  e formaggio e tre bottiglie di rossi spagnoli annunciano un numero praticamente monografico dedicato ai vini di Spagna. Il titolo più grande é infatti dedicato ai Rioja maturi (rossi great value indietro fino al 1978). Poi gli altri, minori, annunciano: i vini quotidiani a partire da 8 pounds, i “giovani fucili”, ossia i 10 winemakers che spingono la Spagna verso l’alto, gli insights degli esperti nel Priorat, nella Rioja e nelle Ribera del Duero.

Infine, i titoli più piccolini, in fondo alla copertina, annunciano un viaggio a San Sebastian e alla ricerca del Vinho Verde e un altro un articolo sui bianchi galiziani e i vini di Txakoli.

Dopo la bella foto di vigna a due pagine che apre di solito  tutti i numeri di Decanter (questa volta é il vigneto di Urizar, sulle colline di Etxano, nei Paesi Baschi), e le consuete rubriche, il primo servizio  di questo numero di marzo é dedicato ai 30 migliori vini “per tutti i giorni” spagnoli. Ce ne sono  di tutte le regioni: dal Penedès alla Rias Baixas, da Bierzo  alla Catalonia, Castilla y León, Montsant, e così via. Il top dei top? Un Albariño della Rias Baixas del 2016 (93 punti), però da 19 sterline. Il più economico? Un Jérez Oloroso di Lustau (peraltro da 92 punti) a 6 sterline (la mezza bottiglia).  C’é però una Garnacha della Ribera del Queiles la cui bottiglia da 0.75  (90 punti) che costa meno di 8 sterline.

I 10 young guns dell’enologia spagnola vengono non soltanto dalle regioni più note internazionalmente come la Ribera del Duero (Almudena Alberca di Vina Mayor e Jorge Monzon e Isabel Rodero del Dominio de Aguila),  la Rioja  (Alejandro Lopez, Bodegas Bilbainas), o Jerez (Paola Medina, di Williams & Humbert), ma anche da altre regioni emergenti, come la Galizia  (Roberto Santana, Envinate) e Bierzo (Diego Magaña, Dominio de Anza) e persino dalle Canarie  (Borja Perez, Ignios Origines).

Di seguito, Andrew Jefford, noto columnist di Decanter (nella sua pagina personale parla dell’annata 2017, come una delle più disastrose dopo l’invasione della fillossera) presenta le ambizioni del Priorat, regione da viticultura estrema, con le sue montagne isolate e le estati torride. Al vertice, tra i vini assaggiati, il Clos Mogador 2015, con 97 punti e il Clos Erasmus 2015 del Clos Terrasses (96).

Tim Atkin parla dei suoi dieci produttori preferiti della Rioja  (Muga e López de Heredia prima di tutti, poi Sarah Evans parla del suo rapporto con la Ribera del Duero (tra i suoi preferiti la Gran Reserva 2004 di Arzuaga Navarro e La Viña de Amalio 2014 di Cilla de Silos, entrambi 93/100).

Paula Mac Lean spiega chi sono gli almacenistas, gli esperti dell’invecchiamento dei grandi vini di Jerez (per i più curiosi, é una parola di origine araba, da al-makzan, magazzino). Siamo intanto arrivati alla Buying Guide, la sezione finale della rivista che comprende le grandi degustazioni seriali. Questo mese i Panel tastings sono entrambi  dedicati a vini spagnoli: i Rioja invecchiati e i bianchi galiziani,  con un’appendice sui Txakoli, i caratteristici spritzy whites dei Paesi Baschi.  Tra i Rioja, molti vini (7) sono valutati come outstanding , ossia compresi tra i 95 e i 97 centesimi.

Al vertice la Gran Reserva 2005 di La Rioja Alta, con 96 punti. Ma subito dopo c’é il Glorioso Gran Reserva 1978 di Bodegas Palacio. Molto buona l’annata 2016 per i bianchi galiziani, meno omogenea l’annata 2015 per la minaccia di muffe, ciò che non impedisce al Ribeiro 2015 di Emilio Rojo di spuntare il punteggio più alto (97). Su livelli molto alti sono altri quattro vini outstanding (due 2016 e due dell’annata precedente). Per quanto riguarda gli itinerari di viaggio si resta nella Penisola iberica.

Uno di essi é a San Sebastian, nei Paesi Baschi, l’altro si spinge in Portogallo, alla ricerca del Vinho Verde. La Buying Guide é , come sempre, completata dagli assaggi di Spurrier (Fine Wine World) e dai weekday wines di Christelle Guibert (con un paio di rossi toscani, un Chianti classico di Monte Bernardi e un rosso bolgherese, quello de Le Macchiole). Poi, ovviamente, l’editoriale di Stimpfig, in apertura di rivista (su Miguel Torres e il suo impegno per l’ambiente), le notizie del mese, le lettere dei lettori, la pagine di Jane Anson (l’ambizione di Ningxia) e Hugh Johnson  (i cambiamenti di qualità e stile dei vini dopo gli anni ’60-’70),  che affiancano quella di Jefford, le Notes & Queries e il Market Watch.

Si chiude con la leggenda del vino: Turó d’en Mota Recaredo 1989 (Alt Penedès).

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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