Stampa estera. La Revue du Vin de France, n.661: Bordeaux en Primeur 2021.5 min read

 La voce principale del menu di questo numero è quella delle primeurs di Bordeaux dell’annata 2021, ma sono in evidenza anche gli affascinanti “vins de voile”, dello Jura, ma anche di altre aree che hanno sviluppato questa particolare tradizione.

Lo si ammette apertamente: la 2021 non sarà tra le “vendemmie del secolo” (dalla 2000 in poi ne abbiamo avute parecchie, in questi ultimi anni). Troppe vicissitudini climatiche e troppi attacchi delle malattie delle uve (peronospora in primis) perché la si potesse passar liscia e avere una grande vendemmia. Quantità assai ridotte, ma qualità nel complesso buona: i vini non sono impressionanti per potenza, ma equilibrati, più leggeri in alcol (negli ultimi anni l’aumento delle gradazioni cominciava ad essere un problema in più), con una buona bevibilità, e soprattutto senza la temuta esaltazione degli aromi di pirazina causata dalla insufficiente maturazione dei cabernet .

Invece, nel Médoc, da St.Estèphe a Margaux , ci si può dire nel complesso soddisfatti, anche se  i risultati sono stati piuttosto eterogenei, e anche qualche cru di altissimo piano (come Lafite e Pichon Comtesse) è piuttosto gracile e dovrà sperare molto negli affinamenti. Un ’annata relativamente fresca, che ha dato vini più snelli ed eleganti, specie  nelle migliori riuscite. Molto meglio, invece, sono risultati i cabernet più meridionali di Pessac, nelle Graves, mentre brillano Saint-Émilion, con vini vibranti, di ottimo spessore, e Pomerol, in alcuni casi eccellenti. E’ stata infine un’altra annata assai difficile nel Sauternais, afflitto, oltre che dal minor interesse dei consumatori per i vini moelleux, da alcune vendemmie nelle quali la botrytis si è sviluppata in modo insoddisfacente. Sarebbe impossibile e  un po’ noioso riportare per esteso le valutazioni anche solo dei crus dei livelli più alti di classificazione.

Chateaua Margaux

Mi limiterò a segnalare i risultati migliori dei vini dell’élite e degli outsider. Partiamo dal Médoc: tra i premiers crus di Pauillac, 97-98/100 a Mouton-Rotschild, a Margaux stesso punteggio allo Ch.Margaux. A St.-Estèphe 96-97/100 per Cos d’Estournel; a St.-Julien 97-98/100 a Léoville-las-Cases. Nelle appellations minori e in quelle regionali, la miglior performance è stata  di Cantemerle, nell’Haut-Mèdoc (93-94/100). Nelle Graves, tra i rossi di Pessac i migliori risultati sono di Haut-Brion (95-97/100) e La Mission-Haut Brion (94-96/100), e sempre Haut-Brion  è al vertice anche dei bianchi (95-97/100). Nel Libournais, a St.-Émilion Cheval Blanc su tutti, con 97-98/100, mentre a Pomerol il miglior risultato è stato quello di Lafleur (95-95/100), con Pétrus fermato a 94-96. Nelle denominazioni satellite di St.Émilion e Pomerol, e nelle altre minori della regione: 92-94/100 a Canon-Pécresse, a Canon-Fronsac , 92-93/100 a Fontenil e Ch. de Carles a Fronsac, e stesso punteggio allo Ch. D’Aiguilhe nel Castillon- Côtes de Bordeaux. Infine, nel Sauternais, con 98/100 Doisy-Daëne guida il gruppo dei migliori moelleux, mentre prende piede la tendenza a produrre anche bianchi secchi : 92/100 per quello di Suduiraut, il Lions de Suduiraut , che ha comunque ottenuto un risultato brillante (97/100) anche con il suo Sauternes.

Eccoci ai Vins de voile: non solo Jura, con i suoi Vins Jaunes, e Andalusia, con i suoi Palo Cortado e Amontillado. Si producono vini di questa tipologia pure nel Sud della Francia, a Gaillac, e nel Roussillon, in altre regioni più a nord della Spagna, come Bierzo e  Rueda, nel Valais svizzero, e persino in Italia, in Sardegna e in Sicilia, nelle terre del Marsala. A parlarne è un primo articolo  di Cukierman, al quale segue , nella sezione finale delle degustazioni, il resoconto di una degustazione di vins de voile di tutto il mondo. Sono vini di gradazione alcolica importante, anche rafforzati (almeno 15°5), in quanto l’alcol, che rappresenta una barriera praticamente insormontabile alla maggior parte dei batteri, superata la fase fermentativa, tende a degradare, perché  i lieviti della voile hanno bisogno di nutrirsi metabolizzando o degradando gli acidi organici del vino, come il glicerolo, l’alcol e lo scarso zucchero residuo. I lunghi periodi di affinamento di questi vini provocano comunque, per effetto dell’evaporazione, una concentrazione del titolo alcolometrico che supera la stessa degradazione causata dai lieviti. Degradando l’alcol i lieviti della voile producono dei composti aromatici, in particolare degli acetaldeidi e derivati, che marcano aromaticamente il vino. I cosiddetti sotoloni sono responsabili degli  aromi speziati tipici, come quello  di curry e aumentano la salinità del vino, altri favoriscono  gli aromi caratteristici della mela  oppure di burro salato e di mandorla, oppure ancora le note di agrumi. Temperature più fresche e umidità sono fattori cruciali per l’affinamento di questi vini: in Andalusia, dove le cantine non sono generalmente interrate, è l’aria del “poniente” proveniente dall’oceano, fresca e umida, ad assicurare le condizioni ambientali necessarie. Lo Jura ha invece un clima naturalmente fresco e umido che costituisce un fattore ambientale favorevolissimo. Negli assaggi finali è l’Andalusia a fare da capofila, con uno spettacolare Jerez Amontillado di Bodegas Tradicion (98-99/100), seguito però a ruota dal classico Châtau Chalon 2009 del Domaine Macle (97-98/100) e dal Côtes du Jura Vin Jaune 2011 di Ganevat (96-97/100).

Infine, da segnalare, ancora un vino  italiano, un Barbaresco Sorì San Lorenzo di Gaja del 1996, per le 100 bottiglie mitiche, e un confronto a tre della controversa versione 2018 di Pontet-Canet con un Mouton-Rotschild e un Grand Puy-Lacoste della stessa annata nel dibattito tra Olivier Poels e Olivier Poussier.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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