Stampa estera: la Revue du Vin de France n.657. Dal Beaujolais al Lambrusco.7 min read

Cambiare vita e diventare vignaiolo? E’ questo il titolo dell’inchiesta che domina in copertina. Gli fanno corona il salone di “Millésimes Bio” e la nouvelle vague dei vini naturali, faccia a faccia col Lambrusco, lieux-dits del Beaujolais, la négrette di Fronton e i premi ai personaggi dell’anno della RVF. Poi, naturalmente, ci sono molti altri temi.

Un rapido accenno ai riconoscimenti  assegnati dalla RVF. Quello di “personalità dell’anno” è stato assegnato nientemeno che al Presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, che, diversamente dai suoi precedessori, secondo la giuria, avrebbe finalmente mostrato di interessarsi al vino e alla sua filiera produttiva (ricordo che Sarkozy era astemio). Jean-Louis Chave (il “maestro” dell’Hermitage) si fregia del premio di vigneron  dell’anno, Leclerc-Bryant, nella Champagne, di quello di marca dell’anno, e il Domaine du Buchot , a Pouilly-Fumé, quello di scoperta dell’anno. Sono stati inoltre assegnati numerosi altri premi per varie categorie (cooperative, enoteche, accoglienza…) su cui non mi soffermo, limitandomi a citare il meritatissimo “coup de coeur” della giuria assegnato alla Libreria Athenaeum di Beaune.  

A seguire è la grande inchiesta sui neo-vignerons, annunciata in copertina. E’ possibile cambiar vita e fare il gran salto nella vigna?  L’inchiesta si articola in diversi punti di osservazione. Si comincia con l’ampia intervista che apre il fascicolo con Clémence e Xavier Weisskopf, coppia di giovani vignerons installatasi da una quindicina di anni nel terroir di Montlouis-sur-Loire, sugli inizi della loro avventura e le difficoltà che hanno dovuto superare.

All’interno del Dossier, Idelette Fritsch presenta nel primo articolo il suo  incontro con  con quelli che il salto l’ha già fatto. Non è un percorso facile e ogni anno le rinunce non mancano, ma il richiamo della terra non è mai stato tanto vivo, se un sempre maggior numero di persone, dalle provenienze più varie, si gettano nell’impresa.  La preparazione professionale è  naturalmente  determinante per avere successo, così  Fabien Humbert esamina, in un altro articolo, le diverse vie della formazione per prepararsi al nuovo insediamento.

Naturalmente bisogna scegliere con attenzione dove installarsi. Se in alcuni territori gli spazi sono pochi o pressoché inesistenti , come in Borgogna o nella Champagne, dove le proprietà agricole hanno raggiunto prezzi elevatissimi, o l’Alsazia, tra le regioni più chiuse a nuove installazioni, ve ne sono altre nelle quali l’impresa risulta assai più accessibile: tra queste, il Jura e la Savoia, ma anche il Sud-Ouest e la Corsica, la Loira, terra d’elezione dei nuovi vignerons, e perfino Bordeaux, dove, se si escludono i grands crus, le vigne sono ancora  accessibili. E’ il momento di passare all’azione, e Idelette Fritsch, Fabien Humbert e Julie Roux hanno delineato, nell’articolo successivo, un dettagliato decalogo di  comandamenti da rispettare per avere successo.

A chiudere l’inchiesta è  un ultimo articolo, firmato  da Julie Roux, sui nuovi modi di lavorare  diversamente nel mondo del vino vino, come  cantine urbane, micronegozi, cooperative. Non è però finita, perché, nella sezione finale della rivista comprendente le degustazioni,  la RVF presenta i migliori assaggi dei vini  prodotti dai neo-vignerons. Tra le realtà trainanti  spicca il terroir di Cahors, nel Sud-Ouest, dove sono due Domaines a presentare cuvée valutate 93/100, lo Château de Chambert (Cahors 2016) e Le Vent des Jours (Cahors Les Calades 2019). A far loro compagnia un sorprendente  Marcillac  (La Quille de Rouge 2020 del Domaine des Bossères). Sugli stessi livelli sono anche le migliori cantine della Valle della Loira, dove due Anjou, uno Chinon e un Vouvray raggiungono quota 92. Ma delle belle riuscite sono presenti in tutti i territori  nei quali sono nati i nuovi insediamenti: nel bordolese, ad esempio, sono numerose le cuvée di ottimo livello prodotte nei terroirs minori , le Côtes de Bourg in primis.

Parliamo ora della grande degustazione dei migliori lieux-dits del Beaujolais:  quelli dei crus innanzitutto. Nella prima tornata era toccato a Moulin-à-vent e Fleurie (sul n. 655), questa volta Brouilly, la Côte de Brouilly, Regnié, Chénas, Chirouble e alcuni settori dei Beaujolais-Villages, in attesa di un prossimo articolo che concluda la disamina con Morgon, Juliénas e St. Amour.La novità di questa degustazione è il fatto che gli assaggi siano raggruppati in lieux-dits, sempre più frequentemente rivendicati in etichetta, alla moda borgognona. La RVF ha provato anche a testare la validità attuale della classificazione dei lieux-dits del Beaujolais fatta da Budker nel 1874, in parte confermandola, in parte modificandola. Tra le promozioni: La Chaize,  Reverdon , La Folie (addirittura assente nel classement di Budker e promosso in prima classe dalla RVF) ,  Combaty e Saburin , per limitarci a  Brouilly. Ma, oltre a qualche conferma (per es. La Pente, quarta classe,  Garanche e Pierreux seconda), c’è anche qualche declassamento  (Les Bussières da seconda a quarta).  La valutazione più alta della degustazione è stata raggiunta dallo Château Thivin,  col suo Côte de Brouilly Godefroy 2019, con 95/100, ma appena un punto sotto  sono il Brouilly La Folie 2018 di Laurent Martray e il Regnié Signa 2019 del Domaine de Thulon. Alcuni crus, come Brouilly , il più grande in superficie del Beaujolais, con sei comuni intorno al Mont Brouilly che concorrono all’AOC,  sono molto eterogenei (come anche la Côte de Brouilly), ed è possibile trovarvi dei gamay semplici e “friand”, ma anche delle vere e proprie grandi bottiglie. Se Regnié è forgiato dalla potenza del granito, da cui provengono alcune sue grandi espressioni, il più penalizzato sembra Chénas, il più piccolo dei crus del Beaujolais, che, con i suoi suoli ricchi di depositi alluvionali, appare il più deludente di quelli esaminati. Chiroubles, invece, con le sue “gores” (nome locale dei graniti) e la sua altitudine , occupa una posizione intermedia, con gamay più freschi e spesso di ottimo livello (ad es. il Domaine Passot Collonge nel lieu-dit Bel Air, seconda classe per Budker e per la RVF, ottiene 92/100 con il suo 2018, frutto maturo, pepe e bella sapidità).

Ora un rapido accenno al resto. E’ un omaggio al Lambrusco emiliano la puntata di questo mese di “Une appellation , deux styles” di Petronio, l’incontro-confronto tra Vincenzo Venturelli , della cantina che porta il suo nome, e Gianluca Bergianti di Terraviva, produttori di Lambrusco di Sorbara.  Quanto a “Vie de Château”, Casamayor presenta il Domaine Plaisance Penaveyre a Fronton e i suoi vini, con annessa una verticale della sua cuvée più importante a base di négrette, vitigno autoctono di quella regione, il Tot ço que cal: dal 2001 , che conteneva anche un 10% di syrah e cabernet sauvignon ,  al 2019 (négrette in purezza come tutte le altre annate ad esclusione di 2003, 2005 e appunto 2001). Il miglior punteggio  (95/100) è quello raggiunto da 2003 e 2010, mentre l’annata più recente, la 2019, si ferma a 94 punti. Si resta a sud anche per  il terroir sotto esame: si tratta infatti di Faugères, nella Languedoc (a parlarne è Sophie de Salettes): 1780 ettari per produrre in prevalenza vini rossi (79%) , e il resto rosé e una quantità minima di bianchi (4%). A dominare syrah (32%), grenache, con almeno il 5% dell’assemblage di mourvèdre. Oltre alle news e alle rubriche di sempre, resta solo la degustazione dei vini più interessanti del Salon Millésimes-Bio di Montpellier, con due vini a guidare il gruppo dei migliori  con una valutazione di 94/100: un alsaziano a base di pinot noir, pinot beurot e meunier di Marcel Deiss, la cuvée Le Jeu de Verts, e un Vacqueyras del Domaine Montirius, il Le Clos 2013. Infine la “bouteille mythique”, il Coteaux des Baux-en Provence 1982 del Domaine de Trévallon, e  il “débat” intorno a una bottiglia di un vecchio Saint-Croix-du Mont, dello Chateau Lousteau-Vieil 1962, tra Jean-Baptiste Thial de Bordenave e Olivier Poels

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


LEGGI ANCHE