Stampa estera. La Revue du Vin de France n.650, 2021: Rodano, Bordeaux e 50 annate di Les Amoureuses6 min read

Rodano al centro di questo numero, come annuncia anche il titolo principale di copertina, ma anche molto altro : l’incredibile rinascita dei vini dell’Île-de-France, Bordeaux inattesa, i rosé dell’estate  e Ardèche, con la chicca della verticale di 50 anni de Les Amoureuses di Groffier.

Partiamo dal Rodano. Olivier Poussier, responsabile della Guida verde della RVF per questa regione, presenta i territori e le denominazioni della sua parte nord sotto forma di lunga intervista. I syrah di Hermitage e Côte-Rotie, naturalmente,  sui quali Poussier  si sofferma a lungo. Côte Brune o Côte Blonde o  assemblage di entrambe? Eccellenti gli assemblages per la loro capacità di trasmettere l’immagine complessiva dell’appellation , ma le selezioni parcellari hanno sconvolto i codici.  Hermitage è la “più magica”di tutte le denominazioni di questa regione , per la sua capacità di tramutare la potenza in eleganza. Per Poussier i bianchi di Hermitage sono fra i pochi che possano mettersi a confronto con i bianchi della Borgogna. Preferisce la marsanne più che la roussanne, per la sua “signature” unica, i suoi “beaux amers”. La roussanne è l’uva a bacca bianca più importante a Châteauneuf-du-Pape ma a Saint-Joseph vi sono dei bianchi a pura roussanne sorprendenti. E naturalmente il viognier di Condrieu e della minuscola appellation “monopole” di Château Grillet. Poussier si sofferma sulle denominazioni ritenute minori, ma molto amate dagli appassionati, come Saint-Joseph, dove si producono dei veri e propri vin de soif, ma anche dei rossi di grande invecchiamento,  e Crozes Hermitage, senza dimenticare Cornas  e la meno conosciuta tra le denominazioni del Rodano settentrionale, Saint-Péray.

Il Rodano ritorna nel reportage di Pierre Casamayor per la serie “Vie de Château”, dedicato al Domaine Georges Vernay, nella Côte-Rotie, con annessa verticale di 14 millesimi della cuvée Maison Rouge (98/100 alla coppia magica  2009-2010, 97/100 a 2006,2011 e 2012). E non è finita, perché il  duello di “una denominazione, due stili” di Petronio mette a confronto due grandi Châteauneuf-du-Pape di Courthézon : quelli del Domaine de la Janasse e del Domaine de Courtedune: cinque millesimi tra 2010 e 2019.

Bordeaux. Il servizio sulla Bordeaux “inaspettata” è quello della prima degustazione orizzontale sistematica di questo numero, dedicata ai vini dell’AOP Bordeaux. Poco noti, venduti a prezzi dolcissimi, spesso piacevolissimi, “sur le fruit”, con una grande bevibilità. Tra i rossi selezionati dalla RVF sono molti ad aver raggiunto la soglia dei 90 punti, e in qualche caso, ad averla superata: è il caso dell’Essentiel 2018 dello Château Le Grand Verdus (91/100), lo Château Penin 2019 (stesso punteggio) e la cuvée Camille de Labrie 2019 dello Château Croix de Labrie (90.5).E’ un Malbec dolce e morbido (90.5) l’Ephémère 2018 di Château Grenet  2018 (diecimila bottiglie l’anno in vendita a 12 euro).

La maggior parte di essi sono  reperibili  presso gli Châteaux a meno di dieci euro (ad es. solo 7 il Petit Verdot 2018 dello Château des Léotins, 90/100 , e altrettanti il Recto 2019 di Château Franc-Baudron di Montagne, 91/100). Buone opportunità si ritrovano anche tra i bianchi, semplici e varietali, ma di buona freschezza e mineralità: 89/100 per lo Château Belle-Garde 2019, proposto a soli 5.75 euro. Gradevolissimi “vin de soif” i rosé e i clairet: 89/100  al Bordeaux clairet Classic 2020 dello Château Lauduc (6.50 euro) e altrettanti punti al rosé di Château Penin 2020 (7.50 euro).

Era stata ancora Bordeaux ad aprire il fascicolo  con l’inchiesta di Jérôme Baudouin, dedicata  a come Bordeaux ha affrontato il tunnel del covid, abbattutosi sulle primeurs dell’annata 2019 costrette al rinvio. Dopo le supertasse americane sulle esportazioni e la Brexit. Una tempesta perfetta, nella quale la parola d’ordine era “mantenere la campagna costi quel che costi”. Prezzi in ribasso e la risorsa estrema delle sessioni di degustazione via Zoom.

Più avanti Sophie de Salettes ha delineato il terroir di una (la più orientale) delle quattro denominazioni satellite di Saint-Emilion, Puisseguin-Saint-Emilion, col suo plateau calcareo: i suoli sono costituiti per un terzo da calcari ad asterie (quelli col maggior potenziale qualitativo), per un altro terzo da molasse tipiche del Fronsadais (interessanti, ma più variabili), infine i suoli argilloso- siliciosi delle molasses dell’Agenais, più tardivi. Situata più a nord di Saint-Émilion , Puisseguin è leggermente più tardiva: qui il merlot si trova a suo agio dappertutto, mentre il cabernet franc (sempre più valorizzato)  mostra i migliori risultati nelle zone a maturazione più precoce. Molti vini interessanti da assaggiare (a me piace molto il Vieilles Vignes di Clarisse).

Le altre degustazioni seriali di questo numero sono rispettivamente dedicate ai rosé e ai vini dell’ardechois , questi ultimi  in parte ricadenti  sotto l’AOC Cotes-du-Rhone e Cotes- du- Vivarés, in parte sotto la IGP Ardèche (6.800 ettari sugli 8.500 totali del territorio), e non mancano naturalmente  i Vins de France. Non potrò soffermarmi su di esse , per quanto (specie la seconda) non prive di interesse, perché mi concentrerò sulla eccezionale maxi-verticale dello Chambolle-Musigny  Les Amoureuses del Domaine Groffier.

Les  Amoureuses, è noto, è una sorta di super-Premier Cru di Chambolle-Musigny, ossia un climat di un livello di qualità e prestigio (e ovviamente di prezzo) simili a quelli del grand cru Musigny. Dell’estensione di soli 5.40 ettari, è situato nella parte sud del territorio di Chambolle, confinante con quello di Vougeot, dove si allunga, lambendolo, il Musigny: da qui, nella parte più alta de Les Amoureuses, è ben visibile lo Château del Clos de Vougeot, e, nei  giorni più limpidi, lo sguardo arriva fino al Monte Bianco.

La famiglia Groffier,  con sede sulla route des Grands Crus a Morey-Saint-Denis, 8 ettari di vigne  in gran maggioranza nel comune di Chambolle, e di pregiate parcelle a Bonnes-Mares e nel Clos-de-Bèze, a Gevrey-Chambertin, è quella che possiede la porzione maggiore de Les Amoureuses:  1.07 ettari, roba da 22-23 pièces borgognone nelle annate fortunate. Il giovane Nicolas Groffier é subentrato nella conduzione del Domaine al padre Serge (figlio del fondatore Robert), che aveva già affiancato negli anni precedenti. E’ lui che, avendo ancora la disponibilità di una grande quantità di millesimi dell’ultimo cinquantennio, ha organizzato una eccezionale verticale, nel corso della quale sono stati assaggiati vini di ben 33 annate, a partire dal 1976.

Quello di Groffier, insieme con quello del Domaine Jacques-Frédéric Mugnier, è forse il Les Amoureuses più raffinato ed elegante . A riferire della degustazione è Jean- Emmanuel Simond, che vi ha partecipato con altri quattro componenti del comitato di degustazione della RVF e il Direttore, Denis Saverot. Il report illustra gli assaggi dei 33 millesimi presi in esame (da notare che, dal 2014, il Domaine mette encomiabilmente in commercio solo la metà delle bottiglie prodotte nell’annata più recente, mantenendo in cantina l’altra metà da “liberare” solo più  avanti, per evitare che il vino venga bevuto troppo presto e per combattere la speculazione), raggruppati in tre sezioni: la prima comprende le annate “di Nicolas”, dal 2007 al 2019, la seconda quelle “del” padre Serge, dal 1984 al 2006, e la terza, infine, quelle del fondatore, Robert , dal 1976 al 1984.

Il punteggio più alto della degustazione, 99/100, è quello ottenuto dal vino del 2010:  di grande classicismo, è definito “intemporale, attraverserà tutti le età”. Ma altri due millesimi   hanno raggiunto quota 98/100 (2003-chi l’avrebbe detto?- e l’oggi introvabile 1980 di Robert Groffier), e  quattro  i 97 punti (2019,2013,2008,2001). Difficile trovarne, comunque, al di sotto dei 95/100. Aspetto interessante: a parte la 2010, nessun’altra delle bottiglie top proviene dalle annate considerate in principio eccezionali.

Chiudo con una citazione: la “bouteille mythique”  di questo numero è il Sassicaia 1974: descritto da Pierre Casamayor.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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