Stampa estera: En Magnum, n. 26: ubriachezza o alcolismo?6 min read

“Nuova formula”, si legge fra i titoli, ma il cambiamento più visibile è la scomparsa della magnum di rito di volta in volta scelta per l’immagine di copertina . Per il resto il formato è lo stesso, l’impaginazione pure e anche nell’assetto generale non si riscontrano cambiamenti epocali. Il titolo di maggior rilievo è per un tema generalmente tabù sulle riviste di vini: l’ivresse. Gli altri   titoli di copertina:  vini regalo, i migliori Champagnes di Bettane, più in piccolo vini d’Abruzzo e il ritorno al vertice di Beaune.

Qualche rapida nota sulla discussione concernente l’ubriachezza. No, non l’alcolismo, che è una malattia, precisa la rivista,  ma lo stato di ebbrezza, una alterazione temporanea dei sensi  che apre le porte della percezione.  Ad aprire il dibattito  è un’intervista al filosofo Raphael Enthoven:  se la moderazione è sempre il miglior modo di godere  dell’ebbrezza, occorre una pedagogia  dell’ebbrezza che ci premunisca  nei confronti del momento fatale  in cui l’alcol diventa il fine. Come spiega Michel  Bettane nel suo intervento “L’ascesi e l’emozione”, un vero degustatore non può però che detestare l’ebbrezza, perché ottunde le emozioni annegandole nell’eccesso. Laurence Zigliara  ripercorre la storia del saper bere, Gilles Durand-Daguin  esamina l’intreccio  tra alcol e storia. Nell’articolo seguente, Louis-Victor Charvet intervista Krystel Lepresle, direttrice delegata di “Vins et Societé”, organizzazione impegnata a combattere con intelligenza i misfatti dell’alcol.

Veniamo ora agli altri articoli. Il primo articolo di Bettane  riguarda i 21 Champagnes della sua vita: è sempre  stimolante leggere queste personali classifiche dei vini che hanno lasciato nella memoria le emozioni più grandi della sua lunga carriera di degustatore. Sono tutti grandi millesimati, ad eccezione  del Blanc de Noirs grand cru di Egly-Ouriet, il primo a lanciare un’appellation in pratica ancora inesistente-appunto quella di blanc de noirs- negli anni ’80,  e Le Grand Siècle Itération n. 17 di Laurent-Perrier, assemblage dei millesimi 1990, 1993 e 1995, oggi giunta alla iterazione n. 24. La  cuvée più antica fra quelle scelte da Bettane  è il mitico 1921 di Pol Roger, la più recente il Cramant 2014 De Caures à Mont-Aigu di Guiborat, che per l’autore basta a porlo al vertice dell’élite dei recoltants-manipulants.  

Il secondo è una verticale col botto: quella del Romanée-Saint Vivant del Domaine Leroy, che possiede circa la metà di questo eccezionale grand cru, acquistata nel 1988 dalla famiglia Noëllat . 1937-1972 sono i millesimi degustati della Maison Leroy, e 1992- 2019 quelli del Domaine omonimo: nove  coltivati e vinificati direttamente presso la proprietà e otto anteriori elaborati da uve acquistate  da M.me Leroy  o dal padre (i due millesimi più antichi della degustazione) per la Maison a partire dal 1955, per dimostrare l’unità e tipicità di tutto il climat. Che dire? Un solo vino, quello della fragile annata 1962 non ha raggiunto la soglia dei 95/100, fermandosi a quota 94, tutti gli altri la superano abbondantemente. 100/100 per l’eccezionale 1937, da ricordare per tutta la vita, per complessità e profondità aromatica, e 99 per  il vino del 1964, il vertice per Bettane per la perfezione del corpo, del bouquet e della texture. Restano “solo” a 98:  1959, 2005, 2008, 2010 e 2019. M.me Leroy, presente alla degustazione, all’età di 85 anni  segue e sovrintende ancora oggi ai lavori della vigna e alle vinificazioni, aiutata da una équipe devota guidata dall’esperto  Frédéric Romer, con oltre 20 vendemmie alle spalle.

Il terzo è un’altra verticale, questa volta dello Château Brane-Cantenac, second cru di Margaux:  2000-2020 del grand vin e 2010-2020 del vino cadetto, Baron de Brane. Diretto attualmente da Henri Lurton, che coordina una esperta équipe, della quale fanno parte Christophe Capdeville e Florent Cilléro, e si avvale della collaborazione del famoso enologo Eric Boissenot. Sulla base di una più approfondita conoscenza del parcellario della proprietà, Lurton ha suddiviso le vigne in tre diverse terrazze: la prima, più ricca di silicio, è dedicata alla produzione del Margaux generico, quella poggiante su graves fini mediamente profonde al secondo vino, e infine la terza su graves più profonde riservata al grand vin. Tra  i millesimi assaggiati del grand vin il miglior punteggio è stato quello delle annate  2008, 2010 e 2011, 98/100, mentre hanno ottenuto un punto in meno 2012,2015e 2020. Solo quattro  annate sono al di sotto dei 90 punti: 2006, 2007 e 2017 (89/100) e l’infelice 2013 (88/100). Per il secondo vino il miglior risultato sono stati i 92/100 dell’annata 2018.

In questo numero En Magnum rende omaggio a due straordinarie città del vino: Reims e Beaune. Il servizio di Pascale Cassagnes guida il lettore alla “ville qui pétille”, Reims, e alle sue attrazioni sacre e profane. I suggerimenti di Alice Tétienne, da due anni chef de cave della Maison Henriot completa l’itinerario con la sua guida personale. Di Beaune parla invece Laurent Gotti nel suo articolo “la rivincita dell’incompresa” che ripercorre i cambiamenti della capitale vinicola della Borgogna, soffermandosi poi sulle icone beaunoises delle grandi Maison.

Gli incontri e le interviste con i personaggi-chiave del mondo del vino  non mancano mai . Su questo numero, non potendo citarli tutti, mi limito a citare quelli con Olivier Decelle- vigne in quattro territori diversi della Francia, dalla Borgogna  al Roussillon (Mas Amiel), passando per Rodano (Domaine de Bosseyt) e Saint-Emilion (Chateau Jean Faure)-, Alice Paillard , figlia di Bruno e ora titolare della Direzione generale della Maison, Nathalie Doucet, altra donna dello Champagne, alla Maison Besserat de Bellefon, e Nicolas Thienpoint , Pavie-Macquin e Larcis-Ducasse a Saint-Émilion, Château Alcée e Château Puygueraud , nelle Côtes-de-Bordeaux.

Per la gastronomia Gilles Durand-Daguin parla della trasformazione della rue Victor Massé, un tempo tranquilla via del IX arrondissement, diventata negli ultimi anni una delle più cool di Parigi. Alla sua visita guidata ai suoi migliori locali, lo stesso autore  fa seguire  la segnalazione di  otto indirizzi  da non perdere a Parigi, Reims e altre città. In precedenza aveva  presentato la nuova Fondazione d’arte contemporanea creata alle Halles di Parigi da François Pinault, che ha affidato la parte dedicata alla ristorazione a Michel e Sébastien Bras.  Annesso all’articolo è  il suo test della cucina de “La Halle aux grains”  . Per l’”accord parfait” Jean Dusassoy parla  dell’incontro tra funghi e champagne, tema sul quale interviene anche  Antoine Pétrus . Che altro? Oltre alle consuete rubriche e alla 26° puntata di “Têtes de Cuvée”, galleria fotografica di personaggi celebri del mondo del vino, le sulfuree Bandes Déssinées di Régis Franc sul”popolo delle vigne”, i consigli dei vini per le feste, le magnum di “En Magnum” scelte da Nicolas de Rouyn. Si chiude con le riflessioni di Bettane in un articolo breve dal titolo significativo “Avancées, reculs”, nel quale lamenta la perdita del senso della sfumatura.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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