Stampa Estera. Decanter, vol 48: Claret che passione!7 min read

Il titolo principale della copertina di questo numero è dedicato all’antico amore degli inglesi: il claret di Bordeaux.  Poi ci sono i personaggi vincitori dei premi annuali di Decanter, le star della Napa californiana, i Panel sugli Chardonnay della Margaret River australiana e del Barbaresco, i migliori Zweigelt austriaci  . Ma non finisce qui, perché il programma, già corposo di questo numero, si amplia ulteriormente con il supplemento annuale dedicato ai vini spagnoli.

Dopo le lettere dei lettori e le rubriche di “Uncorked”, con le notizie del mese, e i commenti dei columnist (Jefford sul gusto di legno), ecco i “value” claret, cioè i Bordeaux di qualità venduti al di sotto delle 20 sterline. Si tratta di vini tutti rientranti nella categoria  “highly recommended” (90-94/100) o almeno “recommended” (86-89), di diverse vendemmie (2015-2019, con qualche eccezione).  Le star della degustazione, descritta da Georgina Hindle, sono cinque vini: un Médoc cru bourgeois, un Haut-Médoc e tre Bordeaux rouge, di cui un “supérieur: il più “vecchio” è lo Château Ramafort, Médoc CB 2010, i più “giovani”, entrambi del 2018, la cuvée Origines , Bordeaux supérieur dello Château Grand Français e  l’Haut-Médoc di Jean Baptiste  Audy, tutti con 93/100.

Margaret River è la GI (Geographical Indication) più importante dell’Australia occidentale. Il focus principale di questo territorio è stato a lungo il Cabernet Sauvignon, mentre gli Chardonnay, più aperti e apprezzabili da giovani rispetto a quelli della Borgogna, hanno cominciato ad essere commercializzati solo alla fine degli anni ’70. La degustazione è stata effettuata su 61 vini di varie annate, soprattutto le ultime due (2020 e 2021). Cinque vini hanno ottenuto una valutazione di “outstanding” (95-97 punti) e 32 di “highly recommended”, sicché oltre la metà di essi (il 60%) ha raggiunto o superato la soglia critica dei 90/100. “Top wine” della degustazione è risultato il Golden Horseshoe Reserve 2021 di Brown Hill Estate, con 96/100. Solo un vino più vecchio, il La Fenêtre di Windows Estate del 2017, fa parte del gruppo di testa, a quota 95. Tutti gli altri provengono dalle ultime due annate.

La degustazione dei Barbaresco, commentata da Stephen Brook, esperto per il Piemonte di Decanter, ha riguardato 87 vini di tutti i territori della denominazione, anch’essi di varie annate, anche se principalmente del 2019, con qualcuno del 2018 e del 2017, e una bottiglia, la più vecchia, del 2006. La maggior parte dei vini assaggiati si colloca tra i 90-94/100 (44, pari alla metà) e quasi altrettanti nella fascia di valutazione inferiore (39 vini tra 86 e 89 punti). Solo due hanno invece ottenuto la valutazione di “outstanding”, entrambi dell’annata 2019, ed entrambi con 95/100: il Bernadot di Ceretto e il Pajoré di Piazzo Comm. Armando. L’annata 2019 è stata di gran lunga quella più apprezzata, dal momento che ben otto vini dei primi dieci e 27 dei 44 “higly recommended” provengono da essa. Il Barbaresco più vecchio della degustazione, un Basarin di Angelo Negro del 2006, ha ottenuto 92 punti.

Lo stesso Stephen Brook ha poi illustrato gli Zweigelt austriaci, la principale varietà a bacca rossa di quel territorio: l’Austria è un paese enologicamente a dominanza bianchista, ma vi è pur sempre una percentuale del 30%  di vigne per la produzione di  vini rossi (dallo zweigelt e dal blaűfrankish). Lo zweigelt è un vitigno che dà vini apprezzati per la loro immediatezza, ed è diffuso soprattutto nel Burgenland , nel Niederösterreich e nel territorio di Carnuntum. Quella presentata da Decanter non è una degustazione sistematica, bensì una selezione dei migliori a giudizio dell’esperto. Dei 18 vini, di cui è presentata una breve scheda, quello con la migliore valutazione è uno Zweigelt del Burgenland del 2017, il Ried Hallebuhl di Umathum, con 93/100. Gli altri vini della selezione sono per la metà (9) di questa regione, mentre gli altri provengono dal territorio di Carnuntum, molto vocato per questo tipo di vino (6) e da altri diversi.

L’annata 2019 della Napa Valley californiana è stata eccezionale, che ha dato vini di grande equilibrio, energia e tensione. Una fortunata combinazione di fattori meteo ha infatti consentito una vendemmia  effettuata senza intoppi  di uve di altissima qualità perfettamente mature, sulla scia della fenomenale annata 2018.Quattro stelle e mezza su cinque, dunque, per Decanter, e una lunga striscia di cuvée di altissimo livello, a cui Jonathan Cristaldi, che ha selezionato i 50 “top buys” attraverso tutte le sue numerose AVAs , ha attribuito punteggi ben superiori ai fatidici 90 punti. Ben 5 vini hanno ottenuto addirittura 100/100. Vale la pena di citarli: tre provengono dall’AVA di Oakville, rispettivamente  Lithology, Screaming Eagle e  Vine Hill Ranch, mentre  gli altri due  sono rispettivamente di AXR e Harlan. Altri 5 vini si sono fermati giusto a un punto di distanza (99/100): Bond, Château Montelena, Harbison, Schrader e Tor, e ben 9 hanno raggiunto i 98/100.  I prezzi? Non proprio accessibilissimi: ben oltre i 200 pounds con punte superiori ai 500.

Matt Walls, esperto della rivista per la regione Rodano, e autore di un bel libro sui suoi vini, presenta nel suo articolo la clairette, un’uva bianca diffusa nel Rodano meridionale e nelle altre regioni del Sud della Francia: preceduta dalla grenache blanche per quantità, é più spesso impiegata in assemblaggio con altre varietà, ma sempre più frequentemente vinificata in purezza. Perché? Non è una varietà aromatica, ma si distingue per la sua delicatezza floreale e un carattere profondamente provenzale e “mediterraneo”, una struttura dalla tessitura molto fine e ricca di dettagli, un’acidità gentile. E’ senza dubbio la star ascendente tra quelle a bacca bianca, e non solo in Francia. Walls ha selezionato le migliori clairette in purezza o gli assemblage in cui questa varietà sia presente almeno nell’80% del blend , da tutti i territori della Francia, e nel resto del mondo (Sud Africa, California): va da sé nei celebri Crémant de  Die, nei quali è assoluta protagonista, e  nel terroir dello Châteauneuf-du-Pape. Sono appunto tre vini di questa appellation ad aver ottenuto le valutazioni più elevate: 97/100 lo Châteauneuf-du-Pape blanc 2021 di Isabel Ferrando, 96 quello della stessa annata di Raymond Usseglio e 95 La Clairette de Gabrielle 2019 dello Château de Vaudieu.

“Spain Guide 2022” è un supplemento annuale di 90 pagine a colori interamente dedicato al vino spagnolo. Il fascicolo si apre con un invito alla scoperta di dieci varietà, bianche e rosse, poco note della Spagna (dalla Galizia all’Andalusia) da conoscere assolutamente. A quest’articolo seguono una guida ai bianchi alternativi della penisola e una selezione di “value-wine” da tutti i suoi territori. Tim Atkin delinea i ritratti delle “rising stars” della Rioja, mentre Pedro Ballesteros Torres presenta cinque annate della Ribera del Duero da godersi ora, partendo dalla 1986. I servizi restanti toccano temi come la Malvasia di Sitges, una varietà fino alla metà del secolo scorso impiegata solo nella produzione di vini da dessert e ora riscoperta per ottenere vini bianchi secchi dalla sferzante acidità, i vini della Jumilla e la riscoperta delle varietà tradizionali, i suoi produttori più interessanti e le cuvée da assaggiare, e infine la “rivoluzione” nello Jérez e i suoi vini non fortificati.Dopo non restano che i due begli itinerari a Cordoba  e nella Navarra.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


LEGGI ANCHE